di Giuseppe Salvato –
A febbraio 2016 pubblicai sul mio blog personale un articolo intitolato Bravo, Grazie, Scusa. L’intento era quello di porre l’attenzione al valore delle relazioni e dei rapporti personali in un mondo complesso. Occupandomi di risorse umane e organizzazione nelle PMI, negli anni ho vissuto il tema per me e per le aziende seguite e qui, al momento della pubblicazione dell’omonimo libro (sottotitolo: Buone relazioni, l’investimento più redditizio per il cambiamento), voglio riprendere il discorso per sottolineare quanto importante esso sia soprattutto se coinvolti in processi di cambiamento, a volte per scelta e, sempre più spesso, per necessità.
Le relazioni in azienda
In effetti, ho voluto affrontare il delicato argomento delle relazioni interpersonali, con particolare attenzione ai rapporti umani nei luoghi di lavoro, in un momento storico caratterizzato da grandi cambiamenti che si manifestano unici sia per la loro pervasività che per la loro velocità di accadimento. E l’uomo, capace di adattarsi ed evolversi, non è stato mai prima d’ora esposto a fattori così epocali: mi riferisco all’accelerazione tecnologica, ai precari equilibri socio-politici mondiali, ai mutamenti climatici e all’inquinamento, ai cicli economici sempre più imprevedibili in un mondo globalizzato, alla necessità consapevole di una profonda ricerca di se stessi. E si potrebbe continuare.
Viviamo sempre di più nei luoghi di lavoro o per il lavoro (e lo smart working sperimentato in questo 2020 davvero particolare ci ha fatto apprezzare aspetti che avevamo dimenticato!), riducendo altre forme di relazioni sociali, via via sostituite dai rapporti virtuali attraverso i social network, e pertanto non deve sorprendere come dal lavoro l’essere umano si aspetti molto più che un reddito e una stabilità lavorativa: un buon clima interno tra i colleghi, la possibilità di essere riconosciuti e apprezzati, l’opportunità di evolversi professionalmente assurgono a bisogni assolutamente primari per la vita di ciascuno di noi.
Gruppo di lavoro
Quindi, nel momento in cui siamo introdotti in un gruppo occorre comprendere come amplificare il nostro potenziale: passiamo dall’essere all’esistere e, pertanto, ci incamminiamo in un percorso di sviluppo personale. Ma tale sviluppo è imprescindibile dal miglioramento delle relazioni che via via si instaurano e si consolidano tra colleghi. Tuttavia, qualsiasi organizzazione non può lasciare all’iniziativa individuale questo aspetto, perché tale miglioramento tornerà utile ogniqualvolta essa necessiterà di un cambiamento strategico, cosa che prima o poi tocca a tutti e a tutte le imprese.
Nelle relazioni interpersonali ci si può migliorare allenandosi, come andando in palestra: un piccolo impegno quotidiano partendo da due semplici domande: come ci si sente a stare con me? Le persone possono contare su di me? In realtà, qualsivoglia percorso di crescita personale incomincia dall’efficacia comunicativa, che origina dalla comunicazione con se stessi, dal dialogo interiore: tutte le nostre possibilità di sviluppo sono riposte innanzitutto nelle nostre capacità relazionali. Comunicare bene significa vivere una vita di emozioni positive; comunicare bene ci cambia la vita.
Allora, chiediamoci se sappiamo creare armonia attorno a noi: d’altronde, scegliere e cambiare sono attività strategiche; ed è più facile, se circondati dalle persone giuste.
Da dove incominciare?
Da dove incominciare? Osserviamo i bisogni umani. È naturale che le persone desiderino essere considerate; ci chiedono di prenderci cura di loro innanzitutto con le parole, con gli sguardi. Domandiamoci il perché. Chiediamo attenzione quando siamo in cerca di conferme, quando percepiamo il bisogno di accrescere o difendere la nostra autostima, quando avvertiamo un pericolo o ci sentiamo soli, quando siamo tristi, ma anche quando vogliamo gridare al mondo la nostra felicità… E questo mondo ci sta aiutando? Quale tipo di relazioni e quali modelli comportamentali sta privilegiando?
Bravo, Grazie, Scusa sono tre parole magiche e che offrono, senza ombra di dubbio, un segno tangibile di quanto abbiamo sincera intenzione di prenderci cura degli altri. Perché magiche?
È semplice, perché producono un effetto immediato e simultaneo a chi le pronuncia e a chi le riceve, migliorando la relazione, rendendo la comunicazione più efficace, risolvendo un problema. Così, d’incanto. Tanto magiche e pur tanto bistrattate: per cultura, per orgoglio, per disattenzione. Eppure, oggi abbiamo tutti i mezzi per apparire e per comunicare al mondo ciò che desideriamo che dimentichiamo spesso ciò che il mondo, a partire dalle persone a noi vicine, intende dirci.
Cultura, orgoglio e disattenzione
Scrissi nell’articolo citato: Cosa c’entra la cultura? Non c’entrano le buone maniere o il livello d’istruzione, bensì viene coinvolto il complesso dei valori che abbiamo consolidato nel nostro intimo; quei valori ci suggeriranno se tendenzialmente aprirci al prossimo oppure no. Si tratta di scelte individuali, per cui non ci deve sorprendere che ci siano persone che non accoglieranno con favore il nostro incoraggiamento, la nostra gratitudine, il nostro pentimento. La cultura è personale, ma anche della società e dell’ambiente a cui apparteniamo.
Cosa c’entra l’orgoglio? Siamo abituati, sin da piccoli, a mostrarci forti, convinti, perfetti e forgiamo un carattere autocentrato, poco incline a manifestare dubbi, emozioni e debolezze. L’orgoglio viene così covato e, seppur utile, in taluni casi sfocia nella rigidità; quest’ultima ci rassicura fin tanto che i nostri punti di vista restano saldi come tessere ben incastrate di un puzzle, ma si sfalda anche disastrosamente non appena la struttura cede su un lato. Un “bravo”, un “grazie” o un “scusa” possono rappresentare l’esteriorità di uno stato emotivo destabilizzante per chi è sin troppo orgoglioso, quindi da evitare o da utilizzare con massima parsimonia.
Cosa c’entra la disattenzione? Per molti di noi poche sono le motivazioni che ci spingono verso gli altri se non l’opportunismo e, pertanto, non siamo allenati all’empatia e al prenderci cura del prossimo. Tendiamo a essere sbrigativi e nella società contemporanea lo siamo diventati un po’ tutti di più. Fermarci ad annusare una rosa per strada è un gesto ormai raro e addirittura visto con sospetto da chi ci è vicino, se l’attenzione in quel momento è altrove. Ma è giusto? È proficuo? Così facendo estendiamo la nostra disattenzione dalle cose alle persone, con pericolosa facilità.
Gentilezza e gratitudine
Quindi, vorrei concludere con un’esortazione: sii gentile, sii grato, apprezza e perdona, sempre e comunque, anche quando il tuo interlocutore non contraccambia con altrettanto garbo o, peggio, scambia tali modi di fare per manifestazioni di debolezza, pronto a far valere la sua prepotenza. Sii gentile, sii grato, apprezza e perdona, per il sol fatto che il tuo modo d’essere prima che utile a cambiare gli altri ti mantiene sereno, sicuro delle tue forze, paziente e pur sempre determinato, ma senza scadere di tono emotivo. Sii gentile, sii grato, apprezza e perdona a prescindere: lavora per te! Lo devi fare perché ti conviene, e tu solo sai il perché (o lo devi scoprire). Se tu starai bene con te stesso farai stare bene le persone attorno a te; e ciò ti deve bastare, senza aspettarti da costoro alcunché. Ma sarà l’inizio della tua evoluzione.