di Giacomo Torresi –
Come un fulmine a ciel sereno, come un lampo nella notte, la auto elettriche sono entrate di prepotenza nel settore automobilistico consumer nel giro di pochi mesi.
La motorizzazione elettrica all’improvviso è stata tirata fuori dal cassetto e messa sul mercato in condizioni di fornire il suo impareggiabile potenziale. C’è la sensazione che questa banale “scoperta” sia stata fatta con almeno qualche anno di ritardo e che, una volta partita, abbia avuto la potenza di travolgere lo scenario consolidato dei motori a combustione.
Si sono persi anni a disquisire se fosse meglio il motore diesel o il benzina. Forse sarebbe stato il caso di mettersi a lavorare con un po’ d’anticipo sul modo di immagazzinare una adeguata densità di energia elettrica e giungere alla conclusione che il propulsore termico avesse ormai fatto il suo tempo.
Di solito non è facile dare uno scossone allo status quo, troppi interessi in ballo, la voglia delle grandi case automobilistiche di proteggere il proprio orto. A scatenare il cambiamento due personaggi definiti dal mondo come “geni”.
Carlos Ghons, padre-padrone dell’alleanza Renault – Nissan, e Elon Musk, giovane sudafricano con il pallino per le invenzioni dissero al mondo, più o meno contemporaneamente, che “era scoccata l’ora dell’auto elettrica”.
Musk stava lavorando sulle californiane Tesla in fase di incubazione nel cuore della Silicon Valley. Ghosn tolse i veli dalla Nissan Leaf considerata la prima vettura elettrica moderna plasmata da un grande costruttore. Un gioiello che faceva intravedere cosa sarebbe accaduto, ma che aveva un’autonomia improponibile di poco più di 100 chilometri.
Cina e Germania diedero la spinta finale agli industriali, forti del sostegno degli ambientalisti, tanto da far esplodere definitivamente il progetto auto elettrica. Il Paese asiatico voleva la leadership industriale anche in questo settore e decise che era inutile perdere tempo per recuperare lo svantaggio sulle auto termiche ormai a fine corsa. La strategia prevedeva di buttarsi anima e corpo sulla nascente tecnologia delle celle delle batterie. I tedeschi invece, travolti dallo scandalo Volkswagen – diesel gate, decisero di diventare il testimonial della “svolta energetica”.
L’accelerazione impressa dai costruttori di veicoli si è scontrata subito con l’esigenza di avere una rete di ricarica adeguata. In alcuni paesi, fra i quali spicca l’Italia, il gap fra veicoli e infrastrutture è diventato enorme, creando più di qualche disagio. Non si può usare l’auto elettrica senza le colonnine, in particolare nell’era pionieristica durante la quale i kWh nel serbatoio sono pochi e il tempo ricarica esageratamente lungo.
Belle, silenziose, ecologiche, ma difficili da rifornire perché i punti di ricarica sono rarissimi. In alcuni paesi, più di altri, non si è capito che per aiutare la rapida diffusione delle vetture a zero emissioni non bastano gli incentivi all’acquisto, neanche se molto sostanziosi. A questo problema hanno posto rimedio i costruttori sviluppando nuove tecnologie che hanno già ridotto drasticamente i prezzi e implementato le prestazioni.
Congelati diesel e benzina, i grandi costruttori si sono buttati sull’elettrificazione indirizzando la parte più corposa dei loro investimenti. Gli ingegneri da una parte e gli strateghi del marketing dell’altra hanno iniziato a spingere nella stessa direzione, proponendo in breve tempo un listino sempre più ampio di auto a batterie.
La pendemia, il lockdown e la pesante situazione che sta accompagnano il mondo intero sono stati il catalizzatore, facendo realmente impennare le vendite delle vetture zero emission. La coscienza ecologica della popolazione ha fatto il resto.
In Italia nel 2019 le auto ricaricabili erano sotto l’1%, nei nove mesi del 2020 hanno più che triplicato i volumi raggiungendo il 3,1% che, a settembre, ha toccato il 4,4%. Nei primi 6 mesi dell’anno in Europa il mercato è crollato del 39%, con le auto a carburanti tradizionali in caduta libera a braccetto (benzina – 45%, gasolio – 46%). Crescono solo le motorizzazioni alternative, + 21%, di cui il 40% ricaricabili, il 52% ibride senza spina, solo l’8% a gas (Gpl e metano). Anche le vendite di queste ultime sono nel baratro con un – 41%; un mercato quasi tutto italiano visto che le immatricolazioni da noi sono state oltre 50 mila e nel secondo paese, la Germania, meno di 5 mila.
In netta controtendenza solo le elettrificate: plug-in + 114%, full elettriche + 35%, ibride non ricaricabili + 16%. A livello mondiale Tesla, che produce solo auto elettriche, è l’unica casa che quest’anno incrementerà le vendite (del 20% o 30%). È difficile da capire, ma ci sarà un motivo se l’azienda di Palo Alto è la società con la più alta capitalizzazione del pianeta. Ha superato anche Volkswagen e Toyota.
BMW, Hyundai-Kia, Jaguar-Land Rover e Volvo le altre case che ad oggi stanno svolgendo un lavoro enorme per ampliare la loro gamma di auto elettriche. Anche la “nostra” Fiat (FCA) 500, icona di stile nel mondo, è da poco diventata elettrica puntando molto sul marketing grazie a un testimonial di caratura mondiale quale Leonardo Di Caprio.
Honda si è addirittura ritirata dalla Formula 1 per concentrare tutte le risorse umane e tecnologiche sulla svolta energetica.
In tutto questo, le prestazioni? Elon Musk, nell’ultimo “battery day” di Tesla (22 settembre 2020) ha mostrato celle ancora più dense e potenti e ha svelato una speciale versione della Model S capace di fare da 0 a 100 km/h in 2 secondi (50% in meno di una eccellente due posti con motore a scoppio), di raggiungere una velocità di 320 km/h e una autonomia di più di 840 km.
La rivoluzione è iniziata!