Cercherò di districarmi nello sfogliare l’albero genealogico dei partiti americani. In origine vi erano i Whigs (letteralmente liberali). Più specificamente, Nazionalisti-Repubblicani. Erano favorevoli alla rivoluzione e quindi opposti al dominio inglese. Quelli favorevoli alla Corona britannica erano invece i Tories (letteralmente conservatori). Superato il periodo rivoluzionario, cominciarono le lotte intorno alla Costituzione Federale. In particolare una fazione spingeva per un governo federale debole, ed intorno a questa disputa alcuni Whigs divennero antifederalisti, mentre altri, con in testa Alexander Hamilton, divennero federalisti.
E qui ci fu un doppio salto carpiato: i Tories federalisti divennero Repubblicani (da ex fan della Corona). E per amore di semplicità, questi Tory-Federalist-Republicans cominciarono a chiamare se stessi Whigs, sebbene fossero stati anti-Whig; mentre gli anti-Federalist-Republicans divennero Democrat-Jacksonians (da Andrew Jackson, 7mo presidente degli Stati Uniti).
Se è difficile da capire, lo è molto di più da spiegare. Come si fa infatti a spiegare che nel 1860 il partito anti-schiavista era quello repubblicano di Lincoln, mentre gli stati secessionisti del sud erano legati al partito democratico? Mentre oggi è esattamente il contrario? Io non sono uno storico e mi limito a dire che la Repubblica Americana è ancora relativamente giovane e, si sa, i giovani sono ricettacolo di ogni tipo di contraddizioni.
Un accenno anche al Tammany che, nato a New York nel 1789, è stato la culla del partito democratico, giocando un ruolo predominante, e questa volta coerente, attraverso l’integrazione di enormi masse di migranti, specie irlandesi, nella crescita economica senza precedenti dello stato.
Da far riflettere quelli che dicono che i migranti sono solo un peso economico.
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