Intenso, coinvolgente, variegato come le tante anime che convivono all’interno della società attuale, è il volume “Diversa come te – Viaggio nella società multiculturale: uno sguardo libero sul mondo”, di Monica Buffagni, con la prefazione del prof. Mantegazza dell’Università di Milano, da poco uscito per Kanaga Edizioni. L’autrice, poetessa, scrittrice e saggista, affronta senza pre-giudizi e pre-concetti il tema dell’intercultura, in modo originale, da diversi punti di vista, da quello più strettamente sociale e culturale a quello letterario, poetico, linguistico, attraversando sfumature pedagogiche e dando voce a chi questa realtà la vive in prima persona. All’interno del libro, che si apre con un accurato report, dal sapore giornalistico, della situazione attuale e si chiude con un delicato racconto, si trovano interviste e contributi di noti poeti, scrittori, operatori culturali.
L’educatore è uno scienziato o un artista? Educare significa dare certezze o aprire dubbi? Servono i numeri o servono le intuizioni? Chi educa conta o racconta?
Chiunque svolge un ruolo educativo si è posto, o si è sentito porre, domande di questo tipo. Dietro questi falsi dilemmi c’è la bugia delle due culture: la finzione, cioè, che prevede che la cultura scientifica e la cultura umanistica siano nettamente divise, e di solito associa alla prima la rigidità delle cifre, alla seconda la fumosità delle riflessioni personali.
Questo libro ha il coraggio di non accettare questa falsa suddivisione: è un libro di cifre e intuizioni, è un libro di statistiche e di riflessioni. È un libro di emozioni, ma è anche un libro che ci mostra come le emozioni possano essere razionalizzate anche attraverso i numeri. Non esistono due culture, non esiste “la” cultura; forse esistono sette miliardi di culture, tante quanti sono gli atteggiamenti unici e irripetibili degli esseri umani di fronte alle grandi domande di senso della vita.
L’educazione interculturale non è una scelta; l’educazione o è interculturale o non è educazione. Educare significa mediare, far incontrare mondi, a volte apparentemente simili, a volte manifestamente diversi. “Ma io quest’anno non ho bambini stranieri in classe, posso non fare intercultura?”; me lo sono sentito chiedere e ho provato una grande tristezza soprattutto nei confronti di chi ha pensato e posto una domanda del genere. Ma troppo spesso l’intercultura è stata considerata come un affare di buon cuore, e la stessa educazione interculturale è stata derubricata a un atteggiamento, un moto dell’animo. É ovviamente nobile che chi si occupa di educazione senta un afflato verso la fratellanza, custodisca in sé il germe di un mondo migliore. Ma è altrettanto fondamentale che a queste speranze si diano gambe per camminare, che tutto questo mondo emotivo si trasformi in documentazione, in sperimenta-zione ripetibile.
Aprono il libro tabelle e cifre, che finalmente fanno il punto in modo chiaro e definito sulla situazione migratoria. É sconcertante il livello di ignoranza che nel nostro paese è constatabile a proposito di questo tema; c’è chi afferma che gli stranieri in Italia sono 10.000, chi dice che sono 10 milioni. E la cosa più grave è che entrambi questi soggetti si arrogano il diritto di parlare di migrazione e soprattutto di proporre soluzioni, quasi sempre violente. Chiude il libro un approccio narrativo: raccontare storie è da sempre il modo migliore per educare un bambino, per crescere un uomo e una donna. Nelle storie non c’è la morale, come un approccio banalizzante può pensare; nelle storie c’è la vita, ci sono le emozioni, ci sono le sensazioni e i sentimenti degli esseri umani. Raccontare non basta, ma proprio il fatto che le storie vengono alla fine di un percorso documentato le rende ancora più preziose. Ogni storia è contenuta dentro un mondo che è fatto di realtà misurabili, ma che non si riduce a esse. Ogni numero è contenuto dentro una storia, che lo rende fondamentale per capire il mondo e che dà corpo alle scelte che, a partire da questi dati, si possono iniziare a compiere.
Per il popolo ebraico non esiste regola che non sia dentro una storia, e non esiste storia che non proponga una regola. Halakah, prescrizione e Haggadah, narrazione, non sono separabili. In modo simile agisce questo prezioso libro; la speranza è che chi lo legge inizi a contare e raccontare, a fare la pace con il mondo dei numeri e a tornare ad ascoltare le storie. Perché uno è l’uomo, una è l’umanità, una è l’intercultura, proprio perché migliaia, milioni, miliardi sono le culture.