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“Siamo fatti della stessa sostanza di cui sono fatti i sogni”

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di Paul. K. Fasciano

“Siamo fatti della stessa sostanza di cui sono fatti i sogni”

(William Shakespeare, La Tempesta, Atto IV)

Molte persone pensano che sognare sia qualcosa di poca o nessuna utilità. Sogniamo quando andiamo a dormire e al nostro risveglio la cosa finisce là. Non è così.

Altre persone, molte meno, pensano che un sogno sia giusto una bella speranza, alla stregua di un “abracadabra” pronunciato da un bambino preso a imparare trucchetti magici per stupire amici e famigliari. Ma poi le cose serie sono altre e bisogna mettersi al lavoro.

Quando non si afferra la potenza dietro a un sogno, è difficile prendersi del tempo per farne di buoni, di utili e che valga la pena realizzare.

A proposito della parola abracadabra, in pochi sanno che la sua origine è molto antica. Con tutta probabilità proviene dall’aramaico “Avrah KaDabra” che significa: Io creerò come parlo. Questo ci insegna due cose. La prima: mai sottovalutare un bambino e i suoi sogni, perché potrebbe davvero farli avverare. La seconda: le cose che diciamo e ci diciamo sono la testimonianza di come creiamo la realtà intorno a noi. Il segreto, la magia e la potenza di un sogno si racchiudono qui, nella nostra capacità di essere creativi. Creare cose nuove, forme nuove, soluzioni nuove. Così come il falegname che deve creare una sedia, prima la immagina, ne comprende le parti e le loro funzioni e, solo poi, passa all’opera della sua costruzione.

Questo tipo di organizzazione concettuale legata all’atto è il punto di partenza per la creazione di informazioni, e ordinare le informazioni è la base della nostra intelligenza, di cui il linguaggio ne è rappresentazione sia personale (ci diciamo cose) che sociale (diciamo cose).

In un calendario in bella vista in ufficio oggi si leggono queste parole di Leonardo Sciascia. Sigmund Freud credeva che le parole fossero lo strumento fondante della consapevolezza umana e, in quanto tali, avessero un potere speciale. Come egli stesso affermò: “In principio parole e magia erano una sola cosa, e perfino oggi le parole conservano molto del loro potere magico.”

Abracadabra! (Io creo mentre parlo)

Il bello del nostro linguaggio è che è ricorsivo (significa che abbiamo la capacità di distribuire, accostare, separare, organizzare tra loro le parole a nostro piacimento, costruendo infinite combinazioni di significato) e generativo (attraverso l’informazione, creiamo e ricreiamo ciò che siamo, condividendo il senso di chi siamo).

Lo so, la cosa sembra strana, ma fai caso a questo: ogni secondo 5 milioni di cellule nel nostro corpo muoiono e vengono sostituite con altre che prendono il loro posto. Chi dice a quelle nuove la forma che devono assumere? La missione che devono assolvere?

Steve Grand, informatico britannico noto per aver programmato la vita artificiale di creature robotiche, scrive nel suo libro Creation: Life and how to make it: “pensa a un’esperienza della tua infanzia. Qualcosa che ricordi chiaramente, qualcosa che vedi, che senti, magari anche odori come se fossi tornato nel passato. Dopotutto a quel tempo esistevi veramente, no? Se no come faresti a ricordartene? Ma ecco la notizia incredibile: no, non c’eri! Non un solo atomo di quelli contenuti nel tuo corpo di oggi esisteva quando l’evento si verificò. la materia fluisce di luogo in luogo e si coagula momentaneamente per formare noi. Qualunque cosa siamo quindi, non siamo la materia di cui siamo fatti.” L’idea ci dovrebbe far rizzare i capelli in testa, suggerisce Grand.

Quando parliamo della potenza di un sogno, parliamo proprio della capacità di iniziare l’opera di materializzazione di un progetto, di una forma, di una sostanza. Qualcosa che non è solo pratica onirica senza una funzione specifica. Le ultime scoperte nel campo della neuroscienza suggeriscono che durante il sonno (e nei momenti di maggior distensione) i nostri neuroni vengono distribuiti in chunks, la nostra memoria quindi si fissa dandoci modo di imparare nuove cose e fare un riassunto di chi siamo. Le esperienze che viviamo, diventano nostre solamente grazie alla nostra capacità di sognarle! Non è straordinario? In questi momenti di sogno, cristallizziamo momentaneamente l’Io Sono conferendoci la capacità di ricrearci. Dunque, la questione si ribalta: il sogno diventa il protagonista dell’azione suggerendoci che, senza questa attività fondamentale, non potremmo crescere, evolvere e costruire alcunché.

In breve, ecco svelate le fasi per la materializzazione di un sogno, quelle che io chiamo le “3 i“:

Un sogno inizia nel momento di un’Intenzione. L’intenzione è una “tensione interna” che mette in vibrazione il Campo Potenziale e dà il via a un processo di materializzazione. Segue poi l’Intuizione (qualità di pensiero), ed ancora, la strutturazione del pensiero fluido nell’Informazione (azione di dare forma) che viene comunicata sia internamente (self-talk), che esternamente, dando vita in questo modo al “senso”.

Questo sincronismo tra pensiero libero e strutturazione del metodo è la chiave per trasformare i sogni in realtà. Quando parlo di dare forma alla nostra azione (informazione) intendo proprio un’attitudine ad un’organizzazione mentale e attuativa utile ad “andare oltre”.

La differenza tra un sogno e un obiettivo è una data.”

La citazione è di Walt Disney e racconta una grande verità. Puoi trasformare le tue idee in realtà, ma devi dare concretezza al lavoro. Allo stesso modo un aforisma di Duke Ellington recita “Un obiettivo è un sogno con un punto d’arrivo”. mentre la frase “Un obiettivo è un sogno con una scadenza” è stata scritta da Napoleon Hill.

Noti qualche somiglianza? Proprio così, la differenza tra un sogno e un obiettivo sta nella sua strutturazione.

Quindi sì, tutto o buona parte di ciò che ci riguarda parte da un sogno. Da un modello della realtà che prima ancora di essere vissuto, è immaginato. Saggezza lontana, questa. Ad esempio, per la cultura orientale c’è un forte legame tra il sogno e la quotidianità, le quali sono quindi due realtà che si influenzano a vicenda. Secondo la tradizione buddista tibetana, è possibile “unificare il sonno e la realtà”, ed è anzi importante sviluppare una maggior consapevolezza nello stato onirico al fine di raggiungere la consapevolezza assoluta.

Il desiderio è il primo fondamentale momento, quello in cui particelle e antiparticelle virtuali cominciano a vibrare in quello che io chiamo “Campo Potenziale“. A quel punto qualcosa si muove a livello mentale dell’intenzione. Poi succede che da questo livello ottieni nuove idee su te stesso e sul mondo. E da qui, costruisci e ordini informazioni destinate ad essere condivise. Imparare l’arte di sognare in grande, per realizzare grandi cose, questa sì che è una skill di quelle utili!

In conclusione, il sogno non è qualcosa di pratico, è un volo pindarico, e sta a te dargli ali più resistenti per andare lontano.

Walt Disney ha detto anche:

Se puoi sognarlo, puoi farlo. Ricorda sempre che questa intera avventura è partita dal sogno di un topolino.

Paul Fasciano, Direttore di InsideMagazine e del Gruppo Editoriale Inside, è un mental coach prestato al mondo della comunicazione digitale. Con un background accademico in sociologia e una formazione in PNL, mindfulness e neuroscienze, ha dedicato oltre tre decenni allo studio delle dinamiche sociali odierne. E' autore di varie pubblicazioni incentrate sulla crescita personale nel complesso contesto contemporaneo. La sua missione è fornire ai professionisti le informazioni più aggiornate e rilevanti, migliorando la loro comunicazione e potenziando il loro mindset con strategie efficaci e mirate.

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