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Riunioni magiche: inizia e finisci al top

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Le riunioni che si svolgono per impostazione predefinita, ad esempio quelle che hanno cadenza settimanale, quel giorno a quell’ora, o addirittura giornaliera, tutti i giorni la mattina alla 9, briefing di impostazione del lavoro del giorno, rischiano di stressare i partecipanti e di sprecare tempo prezioso. E si sa, sotto stress è possibile arrivare a decisioni sbrigative, frutto di una voglia di evadere legata al fight or flight, quel “combatti o fuggi” insito nel nostro istinto fin dalla notte dei tempi. Decisioni prese in questi contesti sono spesso decisioni sbagliate, e rischiano di logorare progetti come relazioni. Dati questi rischi, è sempre valida la proposta che le riunioni di successo siano progettate intenzionalmente. 

Per la serie “Ufficio Skills”, parliamo allora di riunioni e di come renderle davvero magiche.

Riunioni live o da remoto

La videoconference in Zoom sta diventando una parola d’ordine in ufficio, e con buone ragioni. Videoconferenze (su Zoom, Google Meets o varie altre piattaforme) con gruppi grandi e piccoli, per 10 ore al giorno, con poche pause intermedie: è estenuante. E poi c’è il video cocktail hour con amici o colleghi per concludere la giornata. Insomma, che siano in presenza o in remoto, le riunioni costituiscono sempre un certo fattore di stress che vale la pena limitare al massimo con alcune accortezze.

Prima di impostare una riunione, che sia in presenza o meno, considerare di rispondere a queste quattro domande può dare la giusta chiarezza:

1. Perché ci stiamo riunendo ? Progettare la struttura giusta dipende dallo scopo, che si tratti di un evento occasionale o di una riunione ricorrente. Pensiamo all’opportunità o al bisogno che ci ha portato a connettere questo particolare gruppo: potrebbe essere lo sviluppo di un piano, la risoluzione di un problema, la valutazione di un rischio, l’approfondimento delle relazioni o una combinazione di quanto sopra. Quindi chiediamoci, deve essere in tempo reale? Le chat asincrone tramite Slack, Microsoft Teams o altri strumenti possono consentire una raccolta più rilassata e ad hoc di idee o feedback, con il vantaggio di una documentazione automatica. Dopo aver chiarito lo scopo per se stessi, inseriamolo nell’invito all’incontro in modo che le persone siano più preparate a concentrarsi quando arrivano.

2. Chi deve essere qui? Come regola generale, invitiamo coloro che hanno qualcosa per contribuire allo scopo, quelli, cioè, che hanno un ruolo chiave nelle decisioni o saranno influenzati dal risultato. Come sottolineano Dick ed Emily Axelrod nel loro libro del 2014, Let’s Stop Meeting Like This: Tools to Save Time and Get More Done, il modo in cui le persone si impegnano dipende da quanto si sentono benvenute e a proprio agio. Ad esempio, la maggior parte delle persone ha bisogno di una sorta di “riscaldamento” per entrare nella giusta prospettiva, specialmente in un ambiente virtuale in cui può essere difficile sentirsi in contatto. Un buon modo è porre domande, raccontare una breve storia, far vedere delle foto simpatiche, un bel video, evocativo o motivante, insomma, coinvolgere emotivamente i partecipanti.

3. Quale conversazione deve avvenire? Il raggiungimento dello scopo della riunione richiederà uno sforzo da parte di tutti i partecipanti;  altrimenti non avresti bisogno di un incontro. Questo è il motivo per cui Richard Lent consiglia di descrivere il “lavoro” che il gruppo deve fare insieme per raggiungere l’obiettivo. Il Dr. Richard Lent ha trascorso gli ultimi 25 anni a identificare strutture per riunioni efficaci e istruire i leader nel loro utilizzo. Facilita riunioni in tutto il mondo in aziende, organizzazioni senza scopo di lucro e comunità di tutte le dimensioni.

L’esigenza è quella di conciliare diverse prospettive sulla propria strategia?  Considerare meglio un rischio che il team di gestione ha ignorato? Generare idee più creative per il lancio del nuovo prodotto? Immaginiamo la conversazione che migliorerà lo scopo della riunione, quindi progettiamo la riunione per consentire quella conversazione.

L’idea di base è che per supportare le persone e portare avanti gli obiettivi critici, i leader devono porsi quattro domande:

  • perché ci si incontra? 
  • Chi ha bisogno di essere presente? 
  • Quale conversazione deve avvenire? 
  • E come si possono creare le condizioni che consentiranno quella conversazione? 

Secondo l’esperienza comune, i leader sono spesso in grado di rispondere alle prime tre domande con un piccolo sforzo in più. Ma hanno difficoltà a impostare l’ultima. Ecco come…

4. Come possiamo creare le condizioni per quella conversazione? Ora arriva la parte divertente, in cui si può pensare al flusso effettivo della riunione. In generale, ci si vuole concentrare la maggior parte del tempo sulla conversazione che si è identificata al punto 3. Ma piuttosto che avere solo un ordine del giorno, consiglio di pensare agli incontri come a una “rete” di punti interconnessi: da qualsiasi parte la si prende, ci si può spostare sui nodi adiacenti. Creiamo allora la nostra rete la quale avrà un aspetto simile a una mappa mentale in cui ogni argomento è collegato ad altri secondo un principio di pertinenza.

La riunione perfetta

Seppur bravo e capace, un solo individuo ha capacità fisiche, analitiche, culturali ed esperienziali limitate. Un semplice principio di proporzionalità permette di affermare che aumentando il numero degli individui aumenta anche il volume complessivo delle capacità, abilità ed esperienze che possono essere rese disponibili e diventare utili per affrontare un
problema. La più semplice definizione di riunione, pertanto, è: “incontro tra più persone finalizzato ad un obiettivo”. Una riunione perfetta prende sempre in considerazione 5 punti essenziali.

I 5 punti della riunione perfetta:
1- dare alle persone la possibilità di pensare, pianificare e agire insieme.
2- è un modo efficiente per assicurare una comprensione comune da parte di tutti i partecipanti su argomenti specifici.
3- ha sempre degli obiettivi.
4- è un evento organizzato: anche se può capitare di dover improvvisare c’è di solito abbastanza tempo per un’adeguata preparazione.
5) è un’opportunità di interazione per costruire una rete, condividere valori, motivare all’azione

Il problema inizia prima che i partecipanti si presentino (o effettuino l’accesso). Molte persone arrivano alle riunioni impreparate su cosa succederà e come. Un buon organizzatore si prenderà cura di mandare una nota ai partecipanti almeno un giorno prima dell’ora x. Questa piccola accortezza aiuterà a costruire il grado di coinvolgimento emotivo, il quale faciliterà molto l’attenzione e la memorizzazione durante la riunione stessa. Affinché la nota sia motivante deve essere sviluppata in questo modo:

  • prima parte: un riassunto brevissimo di cosa è successo fin qui.
  • seconda parte: cosa ha funzionato (e cosa no)
  • terza parte: cosa siamo chiamati a fare adesso
  • quarta e ultima parte: ricordare data, ora e luogo della riunione

E’ con questo semplice ma fondamentale prologo che si imposta il primo passo nella direzione di quel senso di progresso verso un obiettivo utile. Stiamo coinvolgendo il nostro team a prendere parte al cambiamento. In questo modo evitiamo la sensazione di “subire la riunione”, e alimentiamo quella di esserne parte fondante.

Quindi, per prima cosa accogliamo le persone e poi aiutiamole a connettersi. I migliori incontri sono un’improvvisazione di gruppo, un’occasione di co-creazione. Gran parte della competenza e del talento necessari per fare il “lavoro” dell’incontro è già nelle teste dei partecipanti. Ma, proprio come gli improvvisatori sul palco, hanno bisogno di riscaldarsi per entrare nello spirito creativo. Le neuroscienze ci dicono che per fare questo e farlo bene, le persone devono sentirsi benvenute e connettersi tra loro. Sebbene i dettagli varieranno in base allo scopo dell’incontro e alla cultura dell’organizzazione, come regola generale, prima le persone parlano, più saranno coinvolte durante la riunione. Anche solo 30 secondi di intervento libero su un tema lanciato dal leader – prima di iniziare a condividere qualsiasi altra informazione o rendere pubblico l’ordine del giorno – possono cambiare l’intera dinamica di una riunione. Si potrebbe chiedere: “com’è andata questa settimana? Concediamoci 30 secondi a testa per dire la nostra, che ne dite?”, oppure, discutere intorno a una frase (slogan per la prossima pubblicità?), un soggetto, un oggetto: “Cosa vi piace della nuova tazza che regaleremo al summit?“. Insomma, l’idea è coinvolgere in modo divertito e divertente su qualcosa di comune. La chiave qui è mantenere un tono sufficientemente invitante da consentire alle persone di rispondere facilmente e abbastanza vago da lasciare libertà all’espressione di ciò che pensano e provano. Una buona strategia è porre domande aperte, per dare modo di argomentare. Qui una buona guida.

Ordine del giorno

Rotto il ghiaccio, vanno definiti l’argomento e il risultato che si vuole ottenere dalla riunione e i suoi eventuali termini: come si prenderà la parola, per quanto tempo, quanto durerà la riunione, quando si potranno porre domande e ricevere risposte. Insomma, regole comuni che, se non consuete, varrà la pena rendere note. Quindi, arriva il momento di fornire un ordine del giorno dettagliato. 

Numerosi modelli di ordini del giorno sono disponibili online. Questo ordine del giorno di riunione classico per Microsoft Word, ad esempio, è in grado di soddisfare molte esigenze delle piccole imprese. 

Ogni riunione è diversa. Delinearne le fasi particolari a partire da ogni problema in relazione all’obiettivo è in ogni caso una buona mossa per orientare i partecipanti. Definiamo allora ogni parte della riunione e dividiamola in sezioni a tempo.

Ecco un ordine del giorno di esempio per una riunione di un’ora: 

  • Introduzione dei partecipanti: 10 minuti 
  • Spiegazione dell’argomento: 10 minuti 
  • Brainstorming: 20 minuti 
  • Scelta della soluzione migliore: 10 minuti 
  • Documentazione della soluzione e assegnazione delle attività: 10 minuti

È compito del facilitatore dare enfasi allo scopo, attivando l’interesse dei partecipanti sulla sfida comune o su un compito più o meno a portata di mano. Un modo per farlo è dichiarare brevemente lo scopo della riunione nel contesto di un dilemma più ampio che richiede l’esperienza o la creatività del gruppo ora riunito. Ad esempio, un vicepresidente senior potrebbe spiegare al gruppo, rivolgendosi a loro in qualità di esperti, che esistono enormi opportunità se solo si riuscirà a raggiungere un determinato obiettivo, ma che sarà difficile, per una serie di motivi. Sfidato, il gruppo potrebbe essere subito incuriosito e motivato.

Dopo aver dichiarato lo scopo, dedichiamo allora alcuni minuti a discuterne, in modo che i partecipanti sviluppino una comprensione del motivo per cui sono stati chiamati in causa e di cosa si spera di ottenere. L’obiettivo qui è solo quello di suscitare l’interesse del gruppo e rimandare a una fase successiva l’immersione nella risoluzione dettagliata dei problemi.

Pausa caffé

Ad un certo punto della riunione, se possibile non oltre i 45 minuti, tempo dopo il quale l’attenzione cala vertiginosamente, è buona norma invitare i partecipanti a fare una pausa, magari per un veloce rinfresco. Oltre a dare modo di distrarsi portando il cervello nel prolifico stato di diffuse mode (modalità creativa in cui, non focalizzato, il cervello spazia e si ispira con libertà tra le soluzioni possibili), diventa un’ottima occasione per condividere idee che potranno tornare utili nella sessione successiva.

Proseguire il viaggio: brainstoriming

È ora il momento di impostare il lavoro che il gruppo deve fare durante la sessione di focus vera e propria. Dopo la pausa si abbia premura di lasciare qualche minuto per domande o dubbi e, quindi, per modificare l’ordine del giorno secondo necessità, per poi entrare nel vivo della riunione. Questa parte potrebbe prevedere la relazione di un invitato o del leader. Uno speech per definire una questione, fare il punto di una situazione, ecc. Più comunemente questa parte viene dedicata al brainstorming, termine inglese composto dai termini brain (cervello) e storming (tempesta), che significa letteralmente tempesta di cervelli. Il brainstorming è un tipo di intervista di gruppo, a basso grado di strutturazione, nella quale viene sfruttato il gioco creativo dell’associazione di idee: la finalità è fare emergere diverse possibili alternative, in vista della soluzione di un problema o di una scelta da compiere. Viene da sé che se la riunione è stata indetta con l’obiettivo di discutere intorno a un argomento, per trovare soluzioni, per partecipare e dare modo di dire la propria, questa parte diventerà il vero fulcro della riunione.

A proposito di brainstorming, a coniare il termine fu, alla fine degli anni ’30,  A. F. Osborne che, utilizzando la tecnica soprattutto in ambito pubblicitario, stabilì alcune linee guida per il corretto utilizzo di questa:

  • non porre alcuna critica alle idee altrui;
  • accettare serenamente tutti i capovolgimenti di idea;
  • dare inizialmente più importanza all’aspetto quantitativo delle informazioni piuttosto che alla qualità delle stesse, la quale verrà, invece, valutata in un secondo momento.

In questo processo il conduttore ricopre un ruolo chiave; egli infatti deve conoscere bene gli estremi e i limiti del problema da sottoporre, istruire i membri del gruppo e porsi con atteggiamento di attesa fiduciosa senza tentare di dirigere le idee del gruppo verso una una o l’altra direzione. 

A questo punto, ogni persona del gruppo deve essere stimolata a produrre quante più idee possibili. Ogni pensiero deve poter essere registrato e poi discusso all’interno del gruppo e solo in un secondo tempo verrà eseguita una cernita qualitativa delle idee. L’ordine degli interventi in questa fase non è ordinato o determinato a  priori. Al termine di questa fase che possiamo definire “divergente”, si passerà alla fase “convergente”, nella quale, passando in rassegna i pensieri registrati mantenendo solamente quelli che, a detta del gruppo, sono maggiormente adeguati ed efficaci per rispondere al problema. Si procede così, attraverso una selezione sempre maggiore delle idee, costruendone una lista.

Remote meeting

Piano d’azione e chiusura

Il piano d’azione prevede che la lista di idee, per ora scritta in modo disordinato, venga ordinata per priorità. Se un’idea è stata scelta deve essere ora evidente entro quando verrà adottata, come e da chi.

Il piano d’azione concordato deve, dunque, riportare:

  • chi
  • fa
  • che cosa
  • entro quando

Così si crea la lista di idee lungo una linea temporale. Qualcuno lo chiama cronoprogramma. Le opzioni e gli strumenti per metterla in pratica, chi se ne occuperà e come ne renderà conto agli altri. L’obiettivo dell’incontro è anche di fare in modo che tutti i partecipanti spingano in una unica direzione, cioè nella direzione condivisa.

Misura il raggiungimento dell’obiettivo

Gli ultimi minuti di un incontro sono cruciali per rendere redditizio il tempo trascorso insieme. Infatti, l’efficacia di una riunione si misura non solo dal lavoro svolto, ma anche alla velocità di attuazione delle decisioni presePascale Bélorgey, consulente Cegos Francia, illustra tre azioni da intraprendere per terminare efficacemente un meeting.

Se lo scopo dell’incontro è quello di realizzare un proposito, sarà necessario porsi due domande:

  • Cosa abbiamo stabilito e cosa rimane ancora da fare?
  • Queste azioni/prodotti sono utilizzabili così come sono?

Poiché misura i progressi compiuti durante la riunione, questa valutazione aiuta a focalizzare e a motivare il gruppo, soprattutto se il risultato alla fine porterà alla gratificazione di team. Ci si premuri, quindi, di far seguire alla redazione del piano d’azione, il proprio plauso al lavoro svolto.

Elencare le azioni da intraprendere dopo la riunione

Abbiamo scritto il piano d’azione, ottimo. Ora vale la pena leggerlo ad alta voce e chiedere un ultimo giro di commenti ai presenti. Elencare i prossimi passi, è molto utile perché in questa fase è possibile far emergere piccoli aspetti da finalizzare. E’ ora il momento di realizzare il verbale dell’incontro con i dettagli e le decisioni prese, le conclusioni e il piano di azione, quindi distribuirlo a tutti i partecipanti e alle altre persone che potrebbero essere interessate dalle decisioni e dalle conclusioni della riunione. Scrivere un verbale esteticamente attraente, è un ulteriore stimolo positivo per i partecipanti. In ogni caso, e in qualsiasi modo si vorrà scriverlo, il verbale deve essere distribuito entro 2 giorni dall’incontro, pena il far cadere il coinvolgimento e il ricordo degli eventi vissuti e discussi durante la riunione.

Fissa incontri per finalizzare il lavoro

È durante il meeting che sarà necessario programmare il successivo o i successivi appuntamenti. Se è necessario che l’intero team si incontri nuovamente, è possibile fissare subito la data.


Per eseguire queste tre azioni prima della fine della riunione, è consigliabile prevedere nell’agenda 10 minuti dedicati alla chiusura.

Come ultimo passaggio potrebbe essere utile chiudere la riunione con una modalità rituale. Ad esempio, riunirsi in cerchio come fanno i giocatori di basket prima di entrare in campo, e gridare insieme al “tre” il nome della squadra, può essere un buon modo per lasciare andare con una certa carica il nostro team. Ma anche modi più sobri possono fare al caso. Ad esempio una frase studiata per l’occasione che viene pronunciata alla fine di ogni riunione. In un’azienda immobiliare molto nota con cui ho collaborato, la routine era di aprire e chiudere le riunioni declamando un breve “mantra” creato appositamente dal team, in modo tale che potessero sentirlo loro. Il mantra era semplicemente costituito da tre frasi che ricordavano a tutti come la cultura personale potesse essere messa al servizio dell’azione comune.

Come visto, una riunione può servire per molti scopi: per studiare strategie, per creare coesione, per dare e ricevere chiarimenti, per negoziare, per generare idee. Ammettiamolo: le riunioni sono la chiave nel repertorio di ogni leader, proprio come l’analisi quantitativa o la capacità di assumere e mantenere i migliori talenti. Ogni fase del processo di riunione crea gli input e le condizioni per quelle che seguono, e ciascuna è fondamentale per raggiungere un obiettivo. Qualunque siano i propri punti di forza ora, questi suggerimenti possono aiutare ad aumentare le probabilità di successo. La squadra ti ringrazierà.


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Paul Fasciano, Direttore di InsideMagazine e del Gruppo Editoriale Inside, è un mental coach prestato al mondo della comunicazione digitale. Con un background accademico in sociologia e una formazione in PNL, mindfulness e neuroscienze, ha dedicato oltre tre decenni allo studio delle dinamiche sociali odierne. E' autore di varie pubblicazioni incentrate sulla crescita personale nel complesso contesto contemporaneo. La sua missione è fornire ai professionisti le informazioni più aggiornate e rilevanti, migliorando la loro comunicazione e potenziando il loro mindset con strategie efficaci e mirate.

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