di Checco Tornielli –
La notizia è stata definita “devastante” dal Segretario del Consiglio d’Europa Marija Pejcinovic Buric ed è arrivata come una bomba nel paese già provato dalla massiccia repressione seguita al tentativo di golpe del 2016 e rivolta principalmente contro la parte progressista del paese; tra le categorie più discriminate figurano i giornalisti, la classe insegnante e gli appartenenti all’etnia Curda.
La Turchia era stata il primo firmatario della convenzione che sancisce:
“l’uguaglianza tra uomo e donna definisce la violenza di genere come atto discriminatorio e una violazione dei diritti umani che comprende atti di violenza o minacce che provochino sofferenza fisica, sessuale, psicologica ed economica. Ed identifica la violenza domestica come qualunque pratica di violenza all’interno del nucleo familiare o tra coniugi e partner”
Il clamoroso “dietrofront” del governo turco è stato deliberato sabato scorso e giustificato ieri dall’Ufficio della presidenza di Erdogan che denuncia la Convenzione come tentativo di un gruppo di persone di “normalizzare” l’omosessualità, cosa incompatibile con i valori sociali e familiari della Turchia. L’atto internazionale era stato a più riprese sbandierato dal Presidente turco come prova tangibile della modernizzazione dello stato turco, accusato dall’Unione Europea e dagli Stati Uniti per le ripetute violazioni dei diritti umani.
Nelle principali città turche sono scoppiate le proteste nell’unica forma possibile stante la repressione sistematica operata dalla polizia: Le donne turche si affacciano dai balconi sbattendo pentole e stoviglie ad orari convenuti e diramati sui social, quasi sempre supportate dai familiari di genere maschile.
Esperti internazionali valutano l’uscita della Turchia dalla Convenzione come causa dell’avvicinamento del Governo alle posizioni dell’estrema destra turca guidata dai cosiddetti “Lupi Grigi“. Un atteggiamento politico motivato anche dalla profonda crisi della Lira turca in seguito all’ennesimo cambio imposto dal Presidente al vertice della Banca Centrale, colpevole di aver alzato i tassi d’interesse al 19%.
L’arroccarsi del Governo turco su posizioni oltranziste è visto dagli osservatori internazionali come il tentativo di arginare la repentina perdita di consensi degli ultimi mesi seguita alla stretta sulle libertà civili, alla ripresa massiccia del Virus e alla crescita del Partito filo Curdo, attestato ad oltre il 30%.
In Europa posizioni critiche verso la Convenzione erano state espresse in chiave “omofoba” dai governi ultraconservatori di Polonia ed Ungheria.
La Convenzione di Istambul è stata firmata da quasi 40 stati ma ratificata solo da 8, tra questi è anche l’Italia, e sono necessarie almeno 10 ratifiche da parte degli stati firmatari affinché sia convertita in Legge Internazionale. Negli articoli che regolano la Convenzione, assumono particolare importanza le norme che vietano le mutilazioni genitali femminili, la procedura d’Ufficio nei casi di mancata denuncia da parte delle donne minacciate e l’equiparazione del reato di genere a quello di matrice razzista.
Venerdì prossimo la seconda sessione del vertice tra il Consiglio d’Europa e il Governo turco, sul tavolo, in primo piano la questione dei diritti umani e della parità di genere nel paese confinante con l’Unione. Ieri il Premier Mario Draghi ha avuto un colloquio con il Presidente turco Erdogan. Draghi si è detto preoccupato per la situazione creatasi dopo l’abbandono inatteso della Convenzione sulla parità di genere e della quale la Turchia era stata promotrice e unico paese a maggioranza mussulmana a sottoscrivere.