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Un questionario online per fare il punto su cultura e lavoro dopo un anno di Covid19

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di Ileana Barone –

In questi mesi qui su InsideMagazine abbiamo parlato spesso di come il settore dello spettacolo e della cultura stia vivendo la crisi dovuta alla pandemia, di come tutto il settore sia stato messo in ginocchio dalla chiusura di musei, teatri, cinema e sale.

Ad oggi con l’Italia divisa ancora tra zone arancioni e rosse fino a maggio, restano ancora chiusi i luoghi culturali che per sopravvivere hanno traslato i loro progetti, le mostre ma anche corsi e didattica sul web.

Non sappiamo quando la situazione tornerà normale ma per capire come sta proseguendo l’associazione “Mi Riconosci? Sono un professionista dei beni culturaliha indetto un questionario online “Cultura, lavoro e COVID: un anno dopo”.

Il questionario

Al questionario hanno risposto ben 1.798 lavoratrici e lavoratori dello spettacolo e il quadro che ne è risultato è un quadro nitido e drammatico”: c’è infatti una gran percentuale di operatori del settore che non sta ricevendo sussidi (nonostante a maggio il ministro della cultura Dario Franceschini avesse promesso che nessuno sarebbe rimasto indietro), altri a cui arrivano spesso sostegni insufficienti, per non parlare delle molte realtà che temono di dover chiudere.

Inoltre sia la formazione sia la ricerca di lavoro sono state bloccate dalla gestione pandemica.

“Di fronte a questi dati, sconvolgenti non nel merito ma nelle proporzioni di frustrazione e disperazione che emergono”, affermano i rappresentanti dell’associazione “la retorica dei sussidi e degli aiuti non basta, e non solo perché da un anno questi non sono arrivati a migliaia di persone, ma perché il settore ha bisogno di una prospettiva seria”

Durante la conferenza stampa di presentazione dei dati, tenutasi martedì 6 aprile, gli attivisti hanno dichiarato che faranno in modo di far entrare nel dibattito pubblico i dati, perché:

l’idea è quella di dare a questi numeri la più ampia risonanza possibile, per raccontare le storie quotidiane delle lavoratrici e dei lavoratori del settore che per troppi anni sono state messe a tacere. Proveremo inoltre a interloquire con i parlamentari e più in generale a far entrare i dati nel dibattito politico: organizzeremo poi tanti altri momenti, vedremo di elaborare un dossier più dettagliato, e speriamo di poter tornare, più avanti, a fare conferenze stampa e momenti di discussione in presenza.

I dati

Come abbiamo detto prima le risposte alle domande sono state 1.798.

La composizione del campione è così divisa:

  • il 9,3% degli intervistati ha tra i 19 e i 24 anni,
  • il 30,6% tra i 25 e i 30,
  • il 21,7% dai 31 ai 35,
  • il 13% dai 36 ai 40,
  • l’8,9% dai 41 ai 45,
  • il 5,5% dai 46 ai 50,
  • il 5,2% dai 51 ai 55,
  • il 3,7% dai 56 ai 60,
  • il 2,1% dai 61 ai 65 anni.
questionario fasce età
Le fasce di età dei partecipanti

Delle persone intervistate oltre il 70% aveva già un lavoro prima della pandemia mentre il restante 30% è composto da chi sta cercando un lavoro o da chi studia. Di questi ultimi però solo il 30,7% ha mantenuto il lavoro che aveva prima della pandemia, il restante invece lo ha mantenuto in parte il 19,8%, lo ha mantenuto in maniera intermittente il 23,1% mentre lo ha perso il 26,5%.

Il 32,5% di chi ha lavorato, lo ha fatto in parte in presenza, in parte con sussidi; il 30,2% in parte in presenza, in parte in smartworking; il 17,2% in presenza; l’8,7% non ha svolto attività lavorative e ha percepito sussidi, il 6,6% ha lavorato solo in smartworking, il 4,7% in parte in smartworking e in parte con sussidi.

Più della metà di chi ha lavorato in smartworking ha lavorato più del dovuto: il 56,2% infatti dice che considera il compenso non corrispondente alle ore di lavoro svolte (il 23,7% ha lavorato in smartworking per il compenso percepito, e c’è anche un 20,1% che ammette di aver lavorato di meno).

Questionario lavoro
Modalità lavorative

Il 42,3% degli ascoltati è comunque fiducioso e ritiene che dopo il Covid ci sarà un ritorno alle proprie attività lavorative a pieno regime.

Si registrano anche un 29,7% che ritiene di tornare alle attività precedenti, ma con una riduzione del monte ore, un 11,4% che prevede un termine del proprio impiego, e un 16,6% che teme di perdere l’impiego quando ci sarà lo sblocco dei licenziamenti.

La situazione poco rosea si evince anche dal fatto che, per il 35,7% degli intervistati, il proprio lavoro nei beni culturali non è sufficiente per vivere, mentre per il 31,1% è appena sufficiente.

I sussidi

Per quanto riguarda i sussidi ricevuti da chi ha mantenuto il lavoro, il 4,1% si ritiene soddisfatto a livello 10 in una scala che va da 0 a 10. La stragrande maggioranza (il 67,2%) ritiene che i sussidi siano stati insufficienti con il 20,2% che ha votato zero e il 13,9% che ha votato 5. Chi ha perso il lavoro nel 47,2% dei casi non ha ricevuto sussidi, sostegni invece per il 24,5% di chi si è ritrovato disoccupato.

Il 17,7% ha trovato lavoro in un altro settore, mentre il 4,6% ha trovato lavoro nello stesso settore ma a condizioni peggiori ma un 6% invece lo ha trovato lavoro nel settore culturale a condizioni migliori.

L’insoddisfazione nei confronti dei sussidi cresce tra quanti hanno perso il lavoro: il 79,5% li ritiene infatti insufficienti e il 38,7% vota zero in una scala di soddisfazione sempre figurata da 0 a 10.

Il questionario comprendeva anche le persone in cerca di lavoro con il 79,4% che ha almeno un titolo di studio universitario: di questi, il 40,4% ha cercato lavoro ma non lo ha trovato, il 33,6% non lo ha neppure cercato, il 12,2% lo ha trovato in un altro settore e solo il 13,8% ha trovato lavoro nel settore culturale. Per quanto riguarda chi ha trovato lavoro, nel 69,5% dei casi si tratta di un impiego insufficiente per vivere, è sufficiente solo nel 7,4% dei casi.

Il futuro

Il futuro è ancora incerto, infatti solo il 37% vede possibilità di un futuro per i beni culturali ma solo con una riforma strutturale del settore, mentre per il 41,9% c’è un futuro in chiaroscuro. Per arrivare allo 0,9% di persone che ritengono che siamo sulla strada giusta, mentre il 20,3% non vede prospettive. In attesa di sapere quando e se riapriranno i luoghi della cultura i volontari dell’associazione sperano che il dibattito pubblico e politico possano aprire gli occhi per una riforma di un settore che la crisi ha amplificato.

questionario futuro
Il futuro del settore

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