Marco Carlomagno, Segretario generale FLP – Federazione Lavoratori Pubblici e Funzioni Pubbliche, scrive in un suo post: “𝗦𝗺𝗮𝗿𝘁 𝘄𝗼𝗿𝗸𝗶𝗻𝗴, 𝗯𝗼𝗼𝗺 𝗱𝗶 𝗼𝗳𝗳𝗲𝗿𝘁𝗮 (𝗲 𝗿𝗶𝗰𝗲𝗿𝗰𝗮) 𝗱𝗶 𝗹𝗮𝘃𝗼𝗿𝗼 𝗮𝗴𝗶𝗹𝗲: 𝗰𝗼𝘀𝗶̀ 𝗴𝗹𝗶 𝗮𝗻𝗻𝘂𝗻𝗰𝗶 𝗰𝗲𝗿𝘁𝗶𝗳𝗶𝗰𝗮𝗻𝗼 𝘂𝗻 𝘁𝗿𝗲𝗻𝗱 𝗱𝗲𝘀𝘁𝗶𝗻𝗮𝘁𝗼 𝗮 𝗱𝘂𝗿𝗮𝗿𝗲. 𝙎𝙪𝙡 𝙥𝙤𝙧𝙩𝙖𝙡𝙚 𝙄𝙣𝙙𝙚𝙚𝙙 𝙨𝙞 𝙚̀ 𝙧𝙚𝙜𝙞𝙨𝙩𝙧𝙖𝙩𝙤 𝙪𝙣 +296% 𝙙𝙞 𝙖𝙣𝙣𝙪𝙣𝙘𝙞 𝙙𝙞 𝙧𝙪𝙤𝙡𝙞 𝙘𝙝𝙚 𝙨𝙞 𝙥𝙤𝙨𝙨𝙤𝙣𝙤 𝙨𝙫𝙤𝙡𝙜𝙚𝙧𝙚 𝙞𝙣 𝙧𝙚𝙢𝙤𝙩𝙤. 𝘼𝙣𝙘𝙤𝙧𝙖 𝙥𝙞𝙪̀ 𝙛𝙤𝙧𝙩𝙚 𝙡’𝙞𝙣𝙩𝙚𝙧𝙚𝙨𝙨𝙚 𝙙𝙖 𝙥𝙖𝙧𝙩𝙚 𝙙𝙚𝙞 𝙥𝙧𝙤𝙛𝙚𝙨𝙨𝙞𝙤𝙣𝙞𝙨𝙩𝙞 +347%
Smart working era
Lo smart working è entrato nelle abitudini di organizzazione del lavoro forzatamente con la pandemia e ci resterà anche una volta recuperata – si spera quanto prima – la normalità. Ne sono convinti gli osservatori e lo certifica la crescita di accordi in tal senso nelle principali aziende del Paese, per quanto molti si debbano ancora attrezzare per passare dalla modalità emergenziale alla nuova novità.
Intanto, il panorama dell’offerta di lavoro si sta adeguando a questo nuovo trend. Tanto che sugli annunci di lavoro si registra un vero e proprio boom per la modalità smart. Per l’Italia, Milano guida la classifica con una quota del 10,4%, non distante Roma con 9,8%; più contenuto invece il resto dell’Italia con il 5,5%”, spiegano da Indeed.”
In un recente articolo de La Repubblica si legge: “Certamente su questa dinamica hanno avuto il loro peso alcune considerazioni che esulano dalla stretta modalità di lavoro. Come il fatto che il reclutamento di personale si è ragionevolmente concentrato, in questi mesi, nelle tipologie di profili (tech, Ict, finanza e marketing) che hanno nelle loro corde lo smart working più di quanto non accada nei settori (si pensi alla ristorazione o alla ricettività) che per definizione hanno sofferto una crisi d’affari e occupazionale a causa dell’emergenza sanitaria.
Dall’analisi del trend la quota di offerta di lavoro agile continua a crescere anche dopo la rimozione delle restrizioni al movimento, indicando che si tratta di un germoglio resistente e che dovrebbe dunque continuare a dare i suoi frutti anche in uno scenario normale.”
Solamente un anno fa
Un anno fa nessuno aveva idea di cosa si sarebbe abbattuto sulla nostra quotidianità e sulla nostra produttività. O meglio, sul nostro modo di essere produttivi. L’avvento della pandemia e delle restrizioni conseguenti, hanno profondamente cambiato il modo di interfacciarsi con le mansioni di ogni giorno. Abbiamo imparato a lavorare da casa, in smart working. Qualcosa da cui non torneremo mai più indietro.
L’approccio “da remoto” oramai fa parte della nostra quotidianità, talmente tanto che è vissuto nello stesso tessuto sociale. Mentre prima una videochiamata, ad esempio, era un tabù scomodo, che ci costringeva a rivelare qualcosa della nostra intima privacy, oggi è una consuetudine che ci ha aperto al mondo…
…assieme alle biblioteche delle nostre case, un vero must immancabile nei collegamenti da remoto, soprattutto quelli legati, appunto, allo smart working.
Punto-informatico.it restituisce dei dati interessanti, notificando un “+49% nei volumi di vendita relativi a prodotti per la creazione di spazi “working friendly”. Più nello specifico, mouse e tastiere hanno chiuso il 2020 con un +176%, scrivanie e mobili porta PC con un +85%, docking station per laptop a +59%, toner, cartucce e carta con il +51,5%, stampanti e plotter a +32,8% e monitor a +31,8%.
Di particolare interesse inoltre la statistica riguardante le fasce d’età di chi ha effettuato gli acquisti: 172.618 prodotti tra i 45 e i 64 anni, 121.115 prodotti tra i 25 e i 44 anni.
Secondo l’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano, durante il lockdown della scorsa primavera lo smart working ha interessato 6,58 milioni di cosiddetti “lavoratori agili”, circa un terzo dei dipendenti in tutta Italia. Il valore è più che decuplicato rispetto ai 570.000 censiti nel 2019.”
Boom di offerte smart su Indeed
Intanto su Indeed è boom di offerte di lavoro da remoto: +296% in un anno. I dati sugli annunci di lavoro di Indeed offrono una visione senza precedenti su come la pandemia abbia rimodellato il mercato del lavoro in Italia all’inizio del 2021, tendenze che suggeriscono cambiamenti più profondi e destinati a durare. In Italia, 1 datore di lavoro su 2 ha dichiarato di aver introdotto la possibilità di lavorare da casa, irrinunciabile ormai per le persone.
Dario D’Odorico, responsabile per il mercato Italia di Indeed.com, afferma: “Le evidenze indicano che il lavoro a distanza sta diventando una modalità sempre più radicata, anche se è in città che si vede una maggiore offerta, per via della tipologia di lavori tipicamente ospitati nelle aree urbane. Quello che è certo è che i numeri di chi cerca lavoro da remoto non sembrano diminuire, il che significa che il lavoro a distanza rimarrà una tendenza ampiamente diffusa e molte aziende dovranno adottare un approccio flessibile per competere anche in fase di recruiting. Un’apertura che riguarda non solo possibilità di svolgere le proprie mansioni da remoto, ma anche tutto il processo di selezione”.
Bye bye uffici
Quindi tanti cari saluti alle vecchie modalità, come anche alla ormai vecchia e consunta concezione degli uffici di fantozziana memoria, almeno così sembra suggerire il trend. Si aprono nuovi scenari, come quelli del ritorno al territorio alla riscoperta delle periferie verdi, dei paesi arroccati, e dei casali in campagna dove si può lavorare benissimo, grazie alle nuove tecnologie di connessione più veloci (5G e co.) e startup come Borgo Office o Everywhere Tew che propongono soluzioni per lavorare in contesti smart lontani dalla città.
Dopo le esperienze di lavoro a distanza che ci stanno toccando durante l’emergenza sanitaria la realtà è che l’ufficio non sparirà, semmai non sarà più quello di prima. Si tratta di capire come verranno strutturati e progettati quelli del futuro e come verrà strutturato il tempo lavorativo. Abbiamo ad esempio già parlato in QUESTO nostro articolo di come in Spagna si stia sperimentando la settimana lavorativa più corta della storia. “Il governo spagnolo del primo ministro socialista Pedro Sánchez e della ministra del Lavoro Yolanda Díaz ha annunciato che prenderà in considerazione l’idea di ridurre la settimana lavorativa a 4 giorni (e 32 ore), a parità di salario”, scrivevamo pochi giorni fa. In ogni caso, smart working e telelavoro consentiranno, a chi svolge compiti da scrivania, di andare in sede per due o tre giornate su 5 a settimana, grazie alle linee Adsl sempre più veloci o ai sistemi Voip.
Roberto Nicosia, CEO di Colliers International Italia, esperto del settore, ha detto a Forbes che la riorganizzazione delle modalità e degli spazi di lavoro dovrà essere studiata su misura in base alle esigenze specifiche di ogni azienda. Molto probabilmente, i dipendenti svolgeranno da casa le attività che prevedono un lavoro mirato e andranno in ufficio soltanto per il lavoro collaborativo.
Versus l’ipotesi di una working from home economy e le sue controindicazioni, cresce l’idea delle community business grazie alle quali aumenta il senso di appartenenza e identificazione, incrementa il valore prodotto dal singolo professionista e potenzia la capacità innovativa aziendale. Il business community model punta a curare non solo l’aspetto economico, ma anche le implicazioni sociali e culturali; e ciò vuol dire rivedere e riconsiderare tutte le procedure di lavoro.
Ad esempio “Freeda, solida startup in ambito media dedicata alla donne millennial, – si legge su theofficesociety – è nata con un approccio community-based valorizzando i contenuti delle utenti. Nel mondo del design, l’esperienza di condivisione degli strumenti che avviene nei FabLab e l’approccio open source dei maker sta costruendo nuovo valore grazie all’attivazione di communities e alla conseguente rapida circolazione del know-how.
La possibilità di assumere differenti ruoli all’interno di una community cambia i processi produttivi, i loro esiti e le logiche del mercato. La principale novità è la riduzione della barriera di accesso ai nuovi mercati.
La storia di Airbnb è nota a tutti. Costruendo una community di possessori di alloggi ha ampliato questo mercato, offrendo un beneficio tangibile a tutti coloro che ne fanno parte, turisti inclusi. Brian Chesky, CEO di Airbnb, ha spiegato che la trasformazione in public company e la quotazione in Borsa sono la naturale evoluzione di un orientamento costante alla community. Per non rimanere fuori dai giochi è necessario progettare adeguatamente la propria strategia di community.”
Il lavoro in stile pandemico
Mentre la pandemia inizia ad attenuarsi, quindi, molte aziende stanno pianificando una nuova combinazione di lavoro remoto e in loco, con nuovi approcci community based e modelli ibridi in cui i dipendenti in sede si alternano con quelli che lavorano da casa.
I vantaggi. Il nuovo modello promette un maggiore accesso al talento, una maggiore produttività per singoli e piccoli team, costi inferiori, maggiore flessibilità individuale e migliori esperienze dei dipendenti. In questa nuova visione sono fondamentali standard di comportamento e interazione condivisi, perché aiutano a creare una cultura comune, generare coesione sociale e costruire fiducia. Coesione e cultura condivisa che spesso aiuta il lavoro a distanza e la collaborazione virtuale ad essere efficaci nel breve termine. Perderli di vista durante un passaggio significativo alle modalità di lavoro virtuale significa rischiare un’erosione a lungo termine della stessa fiducia.
Oggi allora si parla di “destination office”, di ufficio come “destinazione” che significa che non avremo più l’obbligo di recarci sul luogo di lavoro ma una voglia determinata dalla consapevolezza che in quel momento di aggregazione è possibile dare spazio a nuove idee e possibilità alternative. “Se l’ufficio è la meta, deve però valere la pena di intraprendere il viaggio” conclude Office Society, poiché la pandemia ha dimostrato la capacità di essere produttivi anche da remoto e quindi occorre dare nuove finalità al workspace che, da nucleo del processo creativo, diventa un hub culturale d’impresa.