Il piano di una società statunitense per acquisire una partecipazione nella ben nota squadra di rugby All Blacks della Nuova Zelanda ha suscitato forti perplessità da parte dei giocatori di punta del team, il cui supporto è necessario affinché l’accordo vada avanti. L’investitore si chiama Silver Lake Partners con sede in California, che in parte possiede il City Football Group, proprietario del Manchester City, ed è conosciuto come uno dei principali investitori in tecnologia al mondo.
Recentemente i sindacati provinciali di rugby della Nuova Zelanda hanno votato all’unanimità a favore della proposta di vendere il 12,5% dei diritti commerciali del rugby nel paese. Prezzo valutato: circa 281 milioni di dollari. Gli addetti ai lavori hanno suggerito anche che la transazione, se confermata, potrebbe coinvolgere una quota del 15%, del valore totale del mercato, quantificabili in circa 2 miliardi di dollari
Più di una mezza dozzina dei migliori giocatori di rugby del paese, incluso il capitano degli All Blacks Sam Cane, hanno minacciato di bloccare l’accordo, preoccupati che potesse rovinare il rapporto della squadra con i fan. Il rugby in Nuova Zelanda si avvicina più a una religione che a uno sport nazionale e quando i media hanno trasmesso in diretta il voto, il clamore è stato tanto. Basti pensare che ogni neozelandese ha qualche parente, o antenato, nella sua famiglia che ha giocato a rugby.
“Riteniamo che ci sia il rischio che questo legame speciale e la natura di ciò che il rugby significa per i neozelandesi, i giocatori e gli spettatori, sia messo a rischio a causa della transazione proposta”, ha scritto la New Zealand Rugby Players Association in una lettera prima del voto.
La riflessione a margine
La riflessione è presto fatta e riguarda il declino dello sport così come lo conosciamo, e come lo conoscevano gli antichi, quando l’agonismo era una competizione con se stessi prima che con gli altri. Il valore espresso nello sport in termini di competizione leale, partecipazione, rispetto, amicizia e lealtà, che sono i valori olimpici, stanno lasciando il palcoscenico a nuovi valori, quelli espressi dal denaro.
La Superlega proposta dai big-club europei nelle scorse settimane, è proprio l’emblema di uno sport che cambia in base agli interessi che si sviluppano sulla passione dei tifosi.
E se questa passione, proprio a causa della perdita dei valori autentici e originali, venisse meno? Cascherebbe il castello di carte. Il dibattito sul futuro del rugby in Nuova Zelanda infatti, arriva poco dopo che i tifosi di calcio in Inghilterra hanno contribuito a silurare la proposta della Super League europea, che secondo i critici, era troppo commerciale e troppo “americana” nella sua prospettiva.
Proprio per questo i giocatori della Nuova Zelanda sono anche preoccupati che l’accordo possa allontanarsi dalla cultura Maori, porgendo il fianco allo sfruttamento straniero. Pagherebbe dazio anche la haka, la famosa danza cerimoniale che gli All Blacks eseguono prima di ogni partita? Persa la motivazione e la passione diventerebbe solamente una serie di mosse senza significato condiviso, un balletto sradicato dalla tradizione locale. Insomma, un bel dilemma.
“Nella settimana in cui abbiamo visto l’avidità tentare di impossessarsi del gioco nazionale tramite la Super League europea, i #nzrfu cercano di vendere un tesoro sportivo – quello della Nuova Zelanda – una follia assoluta
ha scritto su Twitter un appassionato di sport con sede in Inghilterra. L’anno scorso, l’amministratore delegato di NZ Rugby Mark Robinson ha affermato che la società “sta mantenendo aperte le sue opzioni” sul private equity mentre si sta entrando in un periodo di cambiamento. Più recentemente, a febbraio, è tornato sul concetto: “stiamo mantenendo tutte le opzioni aperte sulle opportunità future”.
Non sarà più lo sport come lo abbiamo conosciuto. Rimane solo da stabilire che tipo di sport sarà: più spettacolare forse, ma meno appassionante, probabilmente.