“Essere donna è così affascinante. È un’avventura che richiede un tale coraggio, una sfida, che non finisce mai”. Oriana Fallaci
La Giornata Internazionale della Donna
Da tempo si parla della “donna”, del rispetto nei suoi confronti, di una figura così sottovalutata, ma indispensabile per progredire.
L’8 marzo è il giorno in cui è indispensabile sedersi attorno a un tavolo e riflettere su quanto accade oggi nel mondo femminile, ai progressi fatti, alle conquiste ottenute con fatica e a quelle per le quali si combatti tutt’oggi.
Questo 2021 ha portato con sé non solo dubbi e incertezze, ma ha fatto venire a galla fratture e strascichi da tempo sommersi e mai affrontati con la dovuta attenzione.
La campagna Generation Equalty, promossa dalla Nazioni Unite, è stato un modo per sottolineare ancora una volta la necessità di accendere i riflettori su una maggiore “partecipazione delle donne al processo decisionale in tutti gli ambiti della vita, pari retribuzione, pari condivisione delle cure non retribuite e del lavoro domestico, la fine di tutte le forma di violenza contro donne e ragazze, servizi sanitari che corrispondano ai loro bisogni.”
Ed è impensabile che in un mondo altamente tecnologico e all’avanguardia la parità di genere sia un traguardo così difficile da tagliare. Il raggiungimento di tale traguardo è uno dei 17 obiettivi previsti nel 2030 Agenda for Sustainable Development delle Nazioni Unite, affinché lo sviluppo sostenibile in ambito economico, sociale e ambientale possa giungere a un vero equilibrio.
Uno sguardo al passato
Sebbene l’ufficializzazione arrivi solo nel 1977, la Festa della Donna ha radici ben più profonde.
Già alla fine dell’Ottocento, in Italia, tra le masse femminili iniziò a farsi strada una nuova idea, una nuova mentalità rivolta all’emancipazione. Una spinta venuta dalle donne della classa operaia e dal ceto medio inferiore che fino a quel momento erano impegnate nelle fabbriche, nelle scuole, nelle pubbliche amministrazioni.
La costituzione delle correnti femministe fece emergere la necessità di trovare una soluzione alla “questione femminile”, che ben presto si unì alla risoluzione della “questione sociale”: analfabetismo, disoccupazione, diritti civili ed economici vennero trattati con estrema attenzione.
Le prime avvisaglie sorsero negli anni Venti, con l’avvento del Fascismo.
Se da una parte l’ideologia mussoliniana prevedeva l’esclusione delle donne come forza lavoro (sia per limitarne l’indipendenza sia per continuare a garantire gli impieghi agli uomini), dall’altra lo scoppio della guerra mondiale obbligò il regime a impiegare le donne nei posti lasciati vacanti da padri, mariti, fratelli, figli.
Una situazione che modificò il modo di pensare e reagire del mondo femminile: avere un salario significava non solo partecipare alle spese domestiche, bensì rappresentò una valvola di sfogo da una condizione divenuta troppo soffocante da sopportare.
Uno sguardo al presente
Lo sviluppo economico del nostro Paese è costituito da una fitta trama imprenditoriale i cui servizi fungono da supporto ad amministrazioni pubbliche e famiglie.
In questo contesto, il motore rosa svolge un ruolo di primaria importanza.
Come evidenziato nel Rapporto Imprenditoria Femminile, redatto da Unioncamere, il 3° trimestre 2020 rivela una presenza di imprese femminile del 22% sul totale.
Secondo i dati raccolti, si tratta perlopiù di micro imprese, con forte presenza nel Mezzogiorno, più giovani e operanti nei settori wellness, sanità e assistenza sociale, manifattura moda, istruzione e turismo, cultura, agricoltura.
Non solo. Il women empowerment, sebbene in percentuale minore, si è fatto spazio tra le compagini a prevalenza maschile, quali scienza, tecnologia, informatica, servizi finanziari e assicurativi.
La corsa delle imprese femminili, e la conseguente diminuzione del gender gap, ha subito una battuta d’arresto: a fine 2020, si è registrato un calo un calo dello 0,29%, pari a quasi 4mila attività in meno rispetto al 2019.
Quali sono le motivazioni che spingono le donne a fare impresa?
La maggior parte delle imprese italiane è a conduzione familiare. È chiaro come la tradizione, il know-how, la storia del territorio, siano fondamentali per garantire la continuità del sistema. Si tratta di preservare una cultura che via via si sta perdendo.
In questo senso, il subentro delle donne all’interno delle aziende familiari è una delle motivazioni più diffuse (31%). Al tempo stesso, si viene a creare un generational gap: le nuove generazioni, aiutate da una digitalizzazione massiccia preferiscano buttarsi nel mercato, seguendo le proprie aspirazioni.
Subentra la voglia di innovare, di creare qualcosa di nuovo, di valorizzare le proprie competenze, di realizzarsi professionalmente, abbandonando anche posizioni a causa della poca considerazione all’interno dell’ambiente lavorativo.
La rinascita del Made in Italy, rappresenta oggi un punto focale e necessario. Sotto questo punto di vita, creare impresa vuol dire analizzare la concorrenza, selezionare una nicchia di riferimento e collocarsi sul mercato.
Tante sono le realtà femminili che decidono di investire sul green e sulla responsabilità d’impresa. Avere un approccio sostenibile implica il coinvolgimento della collettività, sensibilizzare il pubblico tramite l’utilizzo di prodotti locali, biologici, ecosostenibili e materie prima di qualità.
La presenza femminile in tutti i settori è di fondamentale importanza. Le donne sono il carburante affinché il motore dell’economia possa riprendere a funzionare. E per farlo è necessario agevolare l’accesso al credito, snellire la burocrazia e ridurre la pressione fiscale.
Al contrario di quello che sostiene il noto detto, perseverare non è diabolico: è umano. Diabolico è rinunciare a impegnarsi, rimanere immobili, mettersi ad aspettare che la motivazione arrivi dall’esterno, non sfruttare a fondo tutte le risorse di cui gli esseri umani sono dotati. Se impegno e motivazione mettono in grado di raggiungere risultati straordinari, diabolico è sprecare questa opportunità.
Pietro Trabucchi, psicologo
Le donne possiedono una forza inesauribile, quella volontà di andare avanti nonostante le difficoltà, il desiderio di contribuire alla costruzione del capitale umano, di far fronte a determinate situazioni, di collaborare e creare network.