Gabriele Cruciata approfondisce il dato in un suo pezzo su news.upday.com: “La Corte dei Conti dice che il fenomeno è aumentato del 41,8% in dieci anni. Secondo Confindustria ci costa 14 miliardi di euro all’anno. upday ha raccolto dati e storie di una delle emergenze più silenziose ma più pericolose per il futuro del nostro Paese.“
“L’analisi ha riguardato anche il tema della presenza di laureati sul suolo italiano – scrive Cruciata – nonché i rapporti instaurati dai laureati col mondo del lavoro, facendo emergere degli scenari a tratti impietosi.”
Da molti anni ormai l’Italia è costretta a fronteggiare il problema dei cosiddetti “cervelli in fuga”. Il fenomeno, conosciuto anche con l’espressione Inglese “human capital flight”, consiste nell’emigrazione all’estero di giovani laureati che possiedono delle specializzazioni professionali.
Le cause della “fuga”
“In Italia la quota dei giovani con almeno una laurea è in progressivo aumento da dieci anni, ma rimane comunque notevolmente inferiore rispetto alla media degli altri Paesi dell’area Ocse (37 Paesi membri, tra cui molti europei ma anche Stati Uniti, Canada, Turchia, Messico e Colombia). In particolare solo il 19% degli italiani di età compresa tra i 25 e i 64 anni è laureato, mentre la media Ocse è quasi il doppio: 37%.
Questa mancanza di laureati è riconducibile a due principali fattori. Anzitutto, in Italia il possesso della laurea non garantisce un sostanziale superamento delle difficoltà che i giovani incontrano nell’entrare nel mondo del lavoro. Inoltre i dati indicano che essere laureati non garantisce possibilità d’impiego significativamente maggiori rispetto a chi è solo diplomato, come invece accade in altri Paesi Ocse.”
I dati rivelano, infatti, che in Italia un laureato guadagna in media il 38% in più di un suo pari che non è andato oltre alle superiori. La media europea è il 55% in più.
“Tutto questo contribuisce a rendere il costo dell’università e dei mancati introiti durante gli anni di studio un investimento relativamente vano e crea dunque un incentivo a non iscriversi all’università o – per i laureati – un incentivo alla fuga verso l’estero, dove invece le opportunità salariali e d’impiego sono maggiori” commenta Cruciata.
Dunque, da una parte giovani disillusi di fronte a lunghi anni di studi non ripagati, dall’altra le grandi competenze di giovani laureati e formati ad altissimi livelli, che non trovano spazio in un sistema lavorativo fin troppo contratto. Un esempio è Enrico Natalizio che qui in Italia lottava con il precariato e ora, negli Emirati Arabi, è manager del centro di robotica del Technology Innovation Institute (leggi l’articolo nelle pagine di I’M).
I protagonisti della fuga di cervelli sono ragazzi con altissime competenze e specializzazioni, soprattutto in ambito tecnologico e di ricerca. La maggior parte di questi decidono di andare all’estero per fare esperienza o arricchire il proprio curriculum e in seguito il più delle volte non tornano in patria perché non gli riserva grandi prospettive.
Gli stipendi da noi sono generalmente più bassi. la disoccupazione è più alta, gli investimenti nella ricerca sono quasi inesistenti se comparati al resto d’Europa. Basti pensare che, secondo i dati Istat del 2017, l’Italia ha investito per la Ricerca e lo Sviluppo 23,8 miliardi di euro. Il 70% di questi sono dedicati alle zone del Centro-Nord. E anche nella spesa pubblica l’italia non se la cava bene. Per l’istruzione la spesa rispetto al PIL è stata il 3,8% nel 2017. Questo dato ci colloca negli ultimi posti nella classifica europea, seguiti solo da Bulgaria, Irlanda e Romania.
L’esempio di Emanuele Del Rosso
Nell’articolo a firma di Gabriele Cruciata si riporta l’esempio di Emanuele Del Rosso che ha spiegato come “in Europa la retribuzione è notevolmente maggiore, specie per i freelance, che arrivano a guadagnare anche 4 o 5 volte tanto rispetto ai colleghi italiani”. Del Rosso, trentino 34enne, risiede dal 2014 nei Paesi Bassi, dove è andato a studiare e lavorare dopo una laurea magistrale conseguita a Trento. Prima di emigrare in modo definitivo ha anche lavorato presso alcune testate locali, che lo pagavano però 5 euro lordi al pezzo e non gli garantivano alcuna possibilità di crescita professionale. Oggi Del Rosso vive ad Amsterdam, dove ha acquistato una casa e collabora come fumettista di satira politica con alcune delle principali testate europee. “Nonostante ci sia una grande tradizione della satira, in Italia il mio lavoro è spesso mortificato e retribuito poco o niente”. Tuttavia, spiega, “se in Italia le condizioni migliorassero io tornerei senza ombra di dubbio, dato che il Paese, le persone e la cultura mi mancano”.
Oppure l’esempio di Elena: “Dopo gli studi, in Italia Elena si sentiva persa e frustrata dalle difficoltà riscontrate nell’ingresso del mondo del lavoro e si è dunque trasferita nel Regno Unito. Dopo pochi anni passati a Londra, Elena è passata dall’essere una ragazza alla pari ad avere un lavoro fisso, ben retribuito, all’interno di una grande azienda del settore tech che le offre il 10% del tempo lavorativo in formazione oltre a un congedo sia di maternità che di paternità, ferie retribuite e assistenza psicologica all’interno della stessa azienda.”
Le esperienze di Emanuele ed Elena sono solo due esempi di giovani italiani che si sono trovati obbligati a scegliere tra il vivere vicino ai propri affetti e un mondo del lavoro più dinamico. Un terzo dei giovani italiani infatti è disoccupato (peggio di noi nell’area Ocse c’è solo la Spagna) – scrive Cruciata che chiosa – per lo Stato italiano i giovani sono investimenti a perdere perché, dopo aver studiato in Italia usufruendo di servizi pubblici (tra cui proprio l’istruzione) che poi non ripagano, emigrano e pagano le tasse altrove.
I costi della “fuga”
Nel 2019 Confindustria ha stimato un costo pari a 14 miliardi di euro ogni anno legato alla fuga di cervelli.
Ora, rifacciamoci a un breve calcolo di valori.it per capire come mai questi laureati in fuga costano così tanto allo Stato. La spesa pubblica annuale italiana destinata all’istruzione secondo l’OCSE è di circa 9.300 dollari per studente. 8,400 dollari per la scuola primaria, 8.900 per quella secondaria e 11.500 per quella universitaria. Ora, moltiplicate tutti questi dati per il numero di anni che uno studente dovrà trascorrere alle elementari, medie, superiori e università. Alla fine di questo calcolo, ogni studente laureato costa circa 153.000 euro.
Attenzione, perché la spesa non si ferma ai costi dell’istruzione e della formazione di ogni studente. Se consideriamo che ogni emigrato è un mancato contributo, la spesa si alza di molto.
Secondo le stime de Il Sole 24 Ore, la spesa di ogni cervello in fuga, sarebbe ancora maggiore, aggirandosi intorno ai 14 miliardi di euro l’anno.
Il libro
Enzo Riboni è l’autore del libro “Ciao Italia!”: 101 storie di cervelli in fuga” pubblicato da Mind Edizioni in cui l’autore descrive uno scenario inedito sullo stato dei cosiddetti “cervelli in fuga”
Le storie raccolte in questo libro – che vanta la prefazione di Paolo Iacci – raccontano i movimenti nel mondo di giovani che si sono sentiti limitati dal “local” e hanno scelto il “global” come teatro per i loro studi e per il loro lavoro. Storie di talenti quasi sempre laureati, spesso con master o dottorati nelle più prestigiose università del mondo, che sono andati all’estero per libera scelta, per curiosità intellettuale, spinti da un “nomadismo postmoderno”.
101 storie di emigranti del Terzo Millennio. Giovani digitali globalizzati alla ricerca di occasioni di lavoro nel Mondo, migliori di quanto l’Italia riesca a offrire. Ragazzi che hanno salutato casa propria non perché disperati dopo aver bussato a mille porte, ma per dare pieno sviluppo alla loro preparazione. Uno spaccato sulle tendenze e lo stato attuale dei cervelli in fuga e, per i giovani lettori e le loro famiglie, una preziosa fonte di ispirazione. Un libro che diventa anche una guida di fatto ai percorsi di studio e lavoro internazionali. Le storie raccolte in questo libro sono state pubblicate inizialmente sul Corriere della Sera e qui vengono riproposte in versione aggiornata a oggi. Ogni storia, infatti, fotografa due istanti temporali: “Ieri”, con la data della pubblicazione sul Corriere della Sera nella rubrica di Riboni “Giovani all’estero”, e “Oggi”, con gli aggiornamenti a fine 2019.
Immagine di copertina by Luis Molinero