Così l’Huffingtonpost: “Le professioni che i giovani faranno tra 10 anni ancora non esistono. Secondo il World Economic Forum, questo riguarderà il 65% di chi entra nel mondo del lavoro oggi.
I dati
Dai dati della ricerca del World Economic Forum, emerge che nei prossimi anni saranno richieste 133 milioni di figure professionali a livello globale, spinte dall’evoluzione del mondo del lavoro, accelerate dalla tecnologia, dal digitale e dell’automazione. La stima che Unioncamere ha previsto per l’Italia è di circa 2.5 milioni di lavoratori in più.”
Il mondo del lavoro
Secondo l’indice Meos di Manpower nel prossimo trimestre sarà più 7% il saldo tra entrate e uscite: è il ritmo più sostenuto degli ultimi 2 anni, trainato da commercio, logistica, It e costruzioni.
Così Il Sole 24 Ore: “Cloud Developer, Cloud Infrastructure Specialist, Data Engineer e Cybersecurity Specialist. Sono questi i profili di cui è alla ricerca Reti, la società dell’IT Consulting, quotata all’Aim e specializzata nei servizi di System Integration, B Corp e società benefit di Busto Arsizio che è alla ricerca di 70 persone da assumere, dopo averne già inserite 50 lo scorso anno. Bruno Paneghini, presidente e amministratore delegato, spiega che l’aspetto vincente della strategia della società «è il talento dei nostri professionisti, che noi chiamiamo NETworker, il motore delle soluzioni innovative che realizziamo per i nostri clienti. Per continuare ad alimentare il nostro ecosistema è fondamentale porre al centro le persone e investire sulla loro formazione».
Eppure, i giovani che si preparano al mondo del lavoro di domani, devono sviluppare competenze adeguate per questi mestieri del futuro. Qualcosa di difficile da immaginare, quindi anche difficile da preparare. Si parte certamente dalla formazione, in primis dallo studio delle materie scientifiche, per poi specializzarsi in qualche ramo del marketing digitale o tecnologico. E poi, si fa sempre più importante acquisire dimestichezza con le soft skills.
Secondo l’articolo dell’Huffingtonpost a firma di Jessica Abbuonandi: “Senza un’adeguata preparazione umana e personale, rischiamo di bloccare il processo innovativo o di non essere preparati ad affrontarlo.
Qualcosa in questo senso si sta già facendo: l’introduzione nelle scuole elementari di materie come la robotica è un grande passo in questa direzione. Secondo una ricerca del 2017 condotta dall’Università Federico II di Napoli, tramite un laboratorio che ha coinvolto bambini delle scuole elementari e prima media, la robotica ha stimolato non soltanto l’interesse degli studenti per lo STEM e codificazione, ma anche varie soft skills all’interno di un team di lavoro, come mediazione, negoziazione, individuazione dei problemi e loro risoluzione.”
Argomenti che abbiamo trattato negli articoli “Soft skills: l’arte di saper essere per saper fare” e “Il futuro del lavoro: cosa ne sarà dell’Italia che produce” e anche “LinkedIn report: i lavori in crescita nel prossimo futuro“. Argomento di punta dell’ultimo Job Reset Summit, indetto dal Wolrd Economic Forum è proprio intorno alle Soft Skills per il futuro del lavoro. Le premesse sono chiare: da qui a 5 anni, metà dell’intera forza lavoro dovrà mettere in conto un processo di adeguamento delle proprie skills per riuscire a tenere il passo e rimanere competitiva in un mercato che sta subendo una trasformazione senza precedenti, sotto la perenne spinta dell’automazione e a cui si è affiancata la crisi economica scatenata dalla pandemia.
Secondo il World Economic Forum, infatti, nel prossimo decennio più di un miliardo di posti di lavoro saranno trasformati dalla tecnologia. Per questo molte aziende stanno aprendo sempre più posizioni nell’ambito dell’economia dei dati e dell’intelligenza artificiale, oltre a quelle nel campo dell’ingegneria, del cloud computing e dello sviluppo dei prodotti. Tutti profili che, secondo il rapporto Jobs of Tomorrow del Forum, possono essere ricoperti anche da chi non ha una laurea.
Far seguire altri passi, sottolinea Jessica Abbuonandi: “all’università, per esempio, spesso l’educazione all’innovazione è parziale perché non c’è continuità tra la teoria e la pratica.
È proprio da un osservatorio privilegiato come WMP, che si occupa anche di mettere in contatto startupper con aziende e università, che vedo come troppo spesso manchi il gancio tra queste tre realtà, mondi che invece dovrebbero parlarsi soprattutto perché potrebbero sviluppare delle facoltà che non si possono studiare, ma possono essere insegnate grazie all’educazione all’innovazione.
Tra queste, ci sono appunto le soft skills, capacità che nel prossimo futuro saranno sempre più importanti, soprattutto per le nuove professioni.”
Le competenze soft imperative
Capacità di lavorare in team, rapidità di decisione e adattabilità al cambiamento sono le caratteristiche personali maggiormente richieste dalle aziende al momento dell’assunzione. Mario Alberto Catarozzo, formatore e business coach professionista (Myplace Communication) commenta: «Bisognerebbe iniziare a insegnarle dalla scuola materna». La conclusione è che diventerà cruciale nel prossimo futuro sviluppare nuove skills, in virtù della crescente necessità da parte dei lavoratori di interfacciarsi con sistemi tecnologici e piattaforme digitali. Le previsioni mostrano infatti come la quota di competenze di base destinata a cambiare sarà del 40%, tanto che, come anticipato, il 50% di tutti i lavoratori dovrà qualificarsi in almeno 10 soft skills fondamentali:
Eccole:
- 1. Pensiero Analitico e Innovazione
- 2. Apprendimento Attivo e Strategie di Apprendimento
- 3. Capacità di risolvere problemi complessi
- 4. Pensiero Critico e Capacità di Analisi
- 5. Creatività, Originalità e Spirito d’Iniziativa
- 6. Leadership e Influenza Sociale
- 7. Uso di Tecnologie, Monitoraggio e Controllo
- 8. Progettazione e Programmazione Tecnologica
- 9. Resilienza, Gestione dello Stress e Flessibilità
- 10. Ragionamento, Problem Solving e Ideazione
Secondo sesvil.it la via privilegiata per acquisire i nuovi modelli di lavoro è “attraverso l’apprendimento online, ormai divenuto primario a causa del distanziamento imposto dal COVID,. A un individuo potrebbero servire non più di due mesi per consolidare una delle top 10 skills nelle professioni emergenti in ambito sociale, di produzione di contenuti, vendita e marketing; dai due ai tre mesi potrebbero essere invece necessari per acquisire padronanza in sviluppo di prodotti, gestione dei dati e intelligenza artificiale; infine un programma di quattro mesi porterebbe a un ampliamento nel campo dell’ingegneria.
Per formare queste competenze è necessaria una formazione operante, con metodologie formative che privilegino la creatività e la sperimentazione, dove la Persona agisca da protagonista sviluppando un processo di apprendimento continuo. La nostra soluzione è nella filosofia di Sesvil University e si concretizza nei Laboratori di Alta Formazione per le Soft Skill.”
Tra tutte quelle da acquisire, sembra primeggiare una competenza: la propensione al cambiamento. Essere flessibili, pronti ad affrontare le piccole e grandi sfide che si presentano, significa saper scoprire nuove soluzioni, applicare il “pensiero laterale”, o pensare “out of the box”.
Pensare fuori dall’ordinario, avere delle idee per la risoluzione dei problemi che nessuno ha avuto prima, è probabilmente la chiave per i lavori sempre più fluidi e smart di domani. Senza dimenticare, nota la Abbuonandi, che “Il lavoro del futuro è fatto in team.”
Ho seguito startup con idee intelligenti e ho aiutato inventori brillanti a sviluppare progetti, ma nulla si sarebbe mosso se prima non avessi costruito una rete: WMP mette in relazione inventori, università e aziende e questa è la chiave dell’innovazione.
Un lavoro… di squadra
I lavori del futuro saranno svolti da più persone che, insieme, ognuno con le proprie capacità e con la propria formazione, uniranno le forze per innovare. Non possiamo non citare InsideFarm che è proprio uno dei primi modelli di collaborazione orizzontale nel mondo della web economy e della comunicazione digitale, di cui InsideMagazine è parte fondante (approfondisci*) e si rivolge proprio al futuro, cercando di apprendere da questo i modelli e le competenze che vuole insegnare. Nell’articolo “Imparare dal futuro” ne approfondiamo il concetto.
Zero pregiudizi, quindi – conclude l’Huffingtonpost – le relazioni dovranno essere guidate da un approccio inclusivo e non divisorio e solo in questo modo si potranno realmente inventare e costruire insieme competenze del futuro.
*puoi approfondire in questi due articoli: