“In un momento storico in cui abbiamo un milione di disoccupati in più rispetto al 2019, con le proiezioni per i prossimi due anni che vedono drammaticamente salire questi numeri fino a tre milioni di posti di lavoro in meno e un milione di partite iva che chiuderanno i battenti, pensare di introdurre un nuovo redditometro significa voler dare un colpo di grazia ai lavoratori autonomi che sono quelli che stanno pagando il prezzo più alto per gli effetti della crisi economica scaturita dalla pandemia”.
Così in una nota Eugenio Filograna, presidente del movimento Autonomi e Partite Iva, commenta la proposta in discussione in Parlamento relativa al nuovo redditometro.
Il redditometro
“Il redditometro parte da un pregiudizio culturale, burocratico e politico, di tutti i partiti e sindacati, anche datoriali, e di tutta la relativa classe dirigente, in base al quale la vera causa del mancato gettito tributario sia l’evasione fiscale e non una tassazione inadeguata accompagnata da una burocrazia persecutoria verso il cittadino ma soprattutto verso gli Autonomi e Partite iva”, spiega il presidente Filograna.
Per rilanciare l’economia, il movimento Autonomi e Partite Iva propone l’azzeramento della tassazione delle partite iva fino a 100 mila euro e l’introduzione di un’imposta pari al 2% onnicomprensiva per i reddito da 101 a 350 mila euro annui.
“In questo modo, con la riduzione dei costi malati della burocrazia italiana, si rilancerebbero i consumi e il Pil del Paese, contribuendo ad azzerare il lavoro nero e la disoccupazione”, osserva il presidente del movimento Autonomi e Partite Iva.
Per fare ciò “serve una riforma fiscale ma ancor prima una sanatoria equitativa, con la chiusura definitiva del contenzioso Stato cittadino. Il Governo vada in questa direzione e non avvii l’ennesima caccia alle streghe, con redditometri e calcoli presuntivi di reddito e patrimonio, pensando di recuperare denaro. Genererebbe solo malcontento, rabbia e scontri sociali”, conclude Filograna.
Redditometro al contrario
Viene da riflettere su un fatto: come mai non ci si adoperi allo stesso modo, con lo stesso entusiasmo e dedizione in alcune latitudini del Governo, per analizzare quella parte di cittadinanza che vive al di sotto delle sue possibilità e si faccia qualcosa proattivamente per aiutarla.
Sentiamo sempre le notizie andare in una unica direzione: alla ricerca del colpevole. Succede raramente che si senta qualche statista andare nella direzione della soluzione. I liberi professionisti, una buona o maggior parte, lotta nel quotidiano per reggere “la baracca”. La responsabilità sui dipendenti e collaboratori, la voglia di rilanciarsi, magari di assumere, e lo Stato dall’altra parte della barricata che potrebbe pensare ai modo migliori per affiancarli nell’arduo compito.
Il “redditometro al contrario” funzionerebbe così, allora: si andrebbe a fare un’analisi su quanto dichiarato, quanto speso nella propria attività, quanto dell’impegno profuso di dilegui in tasse e si valuti la differenza. Se il rimanente si dovesse rivelare troppo basso, si eliminerebbero le tasse in eccesso.