Parliamo di Mario. Mario è un padre di famiglia e un impiegato. Come padre sa che tutti in casa contano su di lui, per questo si preoccupa (a volte si allarma) per come vanno le cose in ufficio: non sempre nel migliore dei modi. Passa molto tempo a parlarne coi colleghi e, se ti trovassi ad ascoltarli passando per caso al bar dove si stanno prendendo il caffè, ti sarebbe chiaro dai loro discorsi quanto tutti si stiano aspettando un intervento dall’alto. “Cosa fanno i manager? Cosa sta facendo il capo per risolvere i problemi che abbiamo?“
Chiedi a qualsiasi manager
Chiedi a qualsiasi manager qual è il motivo di maggior preoccupazione per lui nella sua azienda e ti risponderà: una “buona gestione”. Questo perché è stato più volte provato quanto una buona gestione aiuti a garantire una buona performance aziendale a lungo termine.
Dunque la soddisfazione di Mario e dei suoi colleghi e quella del manager si incontrano in un punto focale. La buona gestione. Senza di essa l’azienda fatica a produrre performance adeguate. Ora bisogna solamente chiarire un punto: cosa è mai questa buona gestione?
Ahimé, la gestione non è un concetto che può essere considerato isolatamente. L’azienda non opera nel vuoto. Ha concorrenti, ha pressioni interne e, soprattutto, è gestita da “persone” che possono anche commettere errori. Errori che si deve poter far fruttare trovando soluzioni migliori affinché non si ripetano, eliminando contemporaneamente l’intoppo che portavano in quella catena di montaggio che è l’azienda.
“Se proviamo a definire il motivo per cui un’azienda esiste, è perché c’è un cliente disposto a pagare per ciò che l’azienda vende”
Non importa quale azienda si metta al centro di questo discorso o chi la possiede, è importante quanto bene sia gestita. Un’azienda di qualsiasi dimensione è una macchina complessa anche se in sé risponde a un semplice principio basilare e universale: se proviamo a definire il motivo per cui un’azienda esiste, è perché c’è un cliente disposto a pagare per ciò che l’azienda vende.
L’azienda è disposta a coordinare i passaggi necessari per fornire qualcosa di cui il cliente ha bisogno?
Perfetto, perché il gioco è tutto qui: coordinare le varie fasi, scomporre in pezzi ogni elemento, le dinamiche, e oliarne i meccanismi. Questo significa arrivare anche nell’ufficio di Mario e chiedere direttamente a lui in quale modo Mario pensa che si possano risolvere le criticità che vive tutti i giorni. Indagando a ritroso si dovrebbe poter arrivare alla radice. Ad esempio la segretaria, Rita, che si dimentica di appuntare per Mario alcune informazioni essenziali, o Angelo, del call center che evita di fare le domande opportune per ottenere le risposte che servivano a Rita per metterla nelle condizioni di dare a Mario quelle famose informazioni. E chiedere anche a loro in quale modo è possibile risolvere quella criticità che li ha portati a mancare l’appuntamento con l’efficienza. Mettere insieme questi dati, riunire e comunicare a tutti i risultati e poi controllare il sistema, la fluidità degli ingranaggi. Provare l’effettività di funzionamento del sistema e… riavviare il processo.
Pianificare – Provare sul campo -Controllare (correggere) -Agire
Ispirati al Deming Circle, possiamo dire che su questo ciclo riproposto nel tempo si basa una “buona gestione”.
In poche parole, una buona gestione passa per il ricreare l’interesse alla cosa comune, che si traduce in cultura aziendale, e mantenere la rete di dipendenti in collegamento tra loro e con la dirigenza, in maniera che, lungi da essere individualità stagne, possano comunicare e lavorare in sinergia. Questo sistema ha un nome, si chiama: interdipendenza.
Forze esterne
Ok, non abbiamo nemmeno iniziato a parlare di forze esterne come la concorrenza, la progettazione dell’organizzazione, la politica aziendale, l’obsolescenza, la diversificazione, l’allocazione del capitale, l’impatto delle pandemie globali e molti altri fattori di stress rilevanti per la sopravvivenza a lungo termine di un’azienda. A guardar bene, però, uno dei ruoli importanti di una buona gestione è certamente ridurre l’incertezza nella conduzione dell’impresa. E quando si riduce l’incertezza, si aumenta l’efficienza, sia endogena che esogena. Si potrebbe obiettare che è impossibile eliminare l’incertezza, perché nessuno può prevedere il futuro, ma la sua riduzione è comunque possibile e passa anche per il mantenimento dei complessi collegamenti tra tutte le aree aziendali e il management.
Capacità di adattamento
Il punto è questo. Le organizzazioni sopravvivono adattandosi alle situazioni proprio come fa un organismo. Quindi un cambiamento nell’ambiente deve portare a una risposta adattiva intelligente e pronta che non può essere tale se non riguarda tutti, persino Mario e il suo gruppetto di colleghi. Adattarsi al mercato, alla crescita, all’impiego dei capitali, alla soddisfazione della domanda. Essere più adattabili ai cambiamenti improvvisi e a quelli previsti nel medio e lungo termine. Questa è un’abilità preziosa quando si tratta di smettere di sopravvivere e cominciare a proliferare. E si può fare solo se si fa insieme, come un organismo appunto. Ce lo vedete un millepiedi con le zampe che vanno ognuna per conto proprio?
Infine, come investitori, dobbiamo porci la domanda fondamentale: quanto dovremmo pagare per creare un’azienda che ha queste capacità? Se devo provare a indovinare, direi quanto si rende necessario per ridurre l’incertezza in relazione al portafoglio di investimenti. Una semplice equazione. Ma non banale.
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