Le nostre vite gestite dalle Big Tech? E’ la riflessione a cui chiama un articolo su agendadigitale.eu a firma di Mario Morcellini, Professore Ordinario in Sociologia dei Processi Culturali e Comunicativi, Direttore del CoRiS- Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale della Sapienza e Commissario AGCOM. “In un contesto in cui la comunicazione cessa di essere di massa e diventa struttura portante della nuova formazione sociale, la delega alle Big Tech della presa in carico di valori universali quali pluralismo e libertà di espressione ha implicazioni su più livelli. Ma istituzioni e governi faticano a comprenderle”. Inizia così la riflessione di Morcellini, che apre ad un’analisi sulla realtà delle Big Tech oggi.
Battaglia alle Big Tech
Nel primo trimestre di quest’anno le Big Tech hanno dimostrato di dominare i mercati: Google raddoppia gli utili, Apple vede salire i ricavi del 54%. Ma ora Biden e l’Europa vogliono alzare le tasse. Sono compagnie da miliardi di dollari, ma non si tratta solo di soldi. Il vero tesoro di queste compagnie sono gli utenti. Nel mondo, negli ultimi vent’anni, il numero degli utilizzatori di internet si è triplicato, soprattutto in Paesi come la Cina. Questa orda è stata l’autentico combustibile che ha mandato in orbita le compagnie cinesi che lavorano nel cloud. Nuovi monopoli sono in arrivo. Nuove dittature, questa volta digitali.
Il governo ungherese di Viktor Orban ha, proprio in queste settimane, messo in guardia l’opinione pubblica dalle mosse degli oligarchi della Big Tech: “Se non siamo in grado di controllare le attività dei giganti della tecnologia che stanno costruendo un sistema pseudo legale, governeranno la nostra vita e ci costringeranno a entrare in una bolla”, ha avvertito Judit Varga, il ministro della Giustizia nel governo nazionale-conservatore di Viktor Orban.
Anche dall’Europa comandano l’allarme mentre Margrethe Vestager, dal 2014 Commissario europeo per la concorrenza, dichiara: “I mercati digitali sono a rischio concentrazione” annunciando, minacciando, forse più a parole che con i fatti, un nuovo giro di vite per le Big tech. La concorrenza “tiene bassi i prezzi, aumenta la scelta, incoraggia l’innovazione e offre opportunità alle Pmi”, ha sottolineato la commissaria Ue, che ora vorrebbe inasprire il Digital Markets Act, documento che mira a stabilire nuove regole che facilitino la creazione di un ambiente competitivo nei mercati digitali, evitando la frammentazione legislativa del mercato interno da parte dei regolamenti che si stanno realizzando, per questo settore, a livello nazionale.
L’Oligopolio delle Big Tech
Google sa tutto di noi. Se facciamo una ricerca in rete Google sa che parola chiave abbiamo usato e se abbiamo cliccato o no sul banner pubblicitario di Adsense. Mentre navighiamo con il suo browser, Chrome, Google raccoglie le informazioni relative alla nostra permanenza su ciascun sito. Anche Zoom ci spia. La piattaforma per videoconferenze tanto in voga durante la quarantena passa(va) le nostre informazioni a Facebook. WhatsApp, invece, ci chiede di accettare la condivisione dei dati che generiamo usando l’app con la casa madre, Facebook, se vogliamo continuare a usare i suoi servizi. In questo modo le informazioni che ci riguardano vengono utilizzate per indirizzare verso di noi un nuovo flusso di informazioni pubblicitarie e notizie pertinenti. Il modo per decidere questa “pertinenza” rimane “oscuro” e porta qualche dubbio con sé. In quale modo, infatti, queste informazioni e azioni sono in grado di influenzarci?
Un’indagine sugli algoritmi usati da compagnie come Google, Facebook e Amazon è stata recentemente aperta in Inghilterra dove la Competition and Markets Authority (CMA) vuole vederci chiaro nella nebbia dei software utilizzati dai giganti della tecnologia che potrebbero corrompere le nostre vite limitando la scelta, aumentando i prezzi e influenzando il modo in cui si recepiscono le notizie d’attualità.
Ma è davvero così? Realmente gli algoritmi esercitano un così grande potere su miliardi di persone? In effetti ad oggi sembra esserci poca o nessuna assunzione di responsabilità da parte delle aziende tecnologiche sui risultati che producono o su come orientano i consumatori.
Imbattibili Big Tech
Morcellini scrive: “È molto recente, troppo recente, ad esempio, la presa d’atto che abbiamo di fronte una “società delle piattaforme” (Van Dijck et al. 2018), in cui pochi soggetti privati impattano direttamente sull’organizzazione della vita individuale e di quella pubblica, alterando o ridisegnando le prassi delle stesse istituzioni sociali.” Ad esempio “La vicenda del bando censorio di Twitter nei confronti di Trump, dopo i messaggi e le dichiarazioni che eccitavano gli animi degli assaltatori di Capitol Hill, contro la proclamazione di Biden, ha riacceso i riflettori sul tema della libertà di espressione nell’era degli ‘algoritmi di ultima generazione’ in versione social.”
Quindi il fatto, secondo Barbara Calderini, Senior Counsel in Business Unit Privacy, Maestro della Protezione Dati & Data Protection Designer: “Lo strapotere delle grandi piattaforme digitali, dai social network ai colossi tecnologici, cresce a ritmi esponenziali, condiziona gli equilibri della rete, aumenta la propria incidenza sulla fruibilità dei servizi essenziali e, capitalizzando l’attuale momento storico emergenziale riesce ad entrare in settori nuovi con poca resistenza come la pubblica istruzione, indirizza il dibattito politico e mediatico contemporaneo richiamando l’attenzione sulla necessità di un repentino cambio di marcia.”
E’ anche vero che Google, Facebook, Amazon, anche se potrebbero sembrare imbattibili, proprio come le grandi multinazionali del passato, hanno nella loro monoliticità il loro punto plausibilmente debole. La storia ci insegna infatti, già dal mito di Davide e Golia che vedeva la sfida tra l’uomo e il gigante, che le posizioni egemoniche sono poco durevoli in un sistema basato sul libero mercato.
Diversificazione del potere
Apertura, democratizzazione e potenziale di innovazione sono i grandi vantaggi dei mercati digitali, che moltiplicano le occasioni di scambio di informazioni, merci, idee. Ma l’importanza degli “effetti di rete” non deve far dimenticare che “i mercati digitali possono diventare piuttosto concentrati. Garantire che rimangano equi può essere difficile e richiede il pieno utilizzo dei nostri strumenti di applicazione normativa”. E’ ciò che ha affermato la Commissaria Ue alla Concorrenza, Margrethe Vestager, nel suo intervento alla Competition Summer School del College d’Europa di Bruges. Viene da pensare che questa vigilanza anti-monopolio può quindi essere garanzia per le stesse Big di sopravvivenza alla possibile implosione da un’eccessiva concentrazione del potere.
Anche negli Usa, oltre che nella Ue, iniziano a far “capolino” azioni di contrasto allo strapotere delle Big Tech. Queste però non stanno a guardare e sono già partite alla ricerca di nuove opportunità di investimento nei settori più colpiti dalla crisi., cosa che le porterebbe a diversificare, invadendo nuovi mercati, distribuendo il proprio peso pachidermico su diverse risorse. Può essere la loro valvola di sfogo, ma a questo punto si apre una gara contro il tempo tra chi limita e chi “sguiscia”.
Non a caso, a fine settembre del 2020 le Big Tech si erano presentate dinanzi al Congresso Americano per rispondere alle accuse di monopolio. Nelle ultime settimane la Commissione di Giustizia del Congresso Usa ha rilasciato il suo rapporto conclusivo frutto di 16 mesi di indagini dove si sottolinea come Amazon, Apple, Facebook, Google siano diventati, di fatto, dei monopolisti nei mercati di riferimento. Il documento invoca un aggiornamento delle regole antitrust e apre alla possibilità di una loro “frammentazione”.
Un mostro a due facce
Croce e delizia della modernità, le piattaforme digitali sono il mezzo di comunicazione attraverso il quale oggi scambiamo informazioni, rimaniamo in contatto, scopriamo, condividiamo, apprendiamo (si pensi alla DAD, la scuola in remoto che ha salvato i nostri studenti in periodi di lockdown). Da una parte sfruttiamo la tecnologia che ci offrono, dall’altra parte la temiamo.
Così quelle che oggi sono Big tech, sono passate in pochissimi anni da semisconosciute start-up per nerd a presunti dominatori dei mercati mondiali, temuti monopolisti, capaci di gestire le nostre vite. Anche i media tradizionali le gestivano in qualche modo, ma è l’interattività e la possibilità di entrare direttamente in contatto, che diventa oggi l’arma a doppio taglio. Così, gli stessi media tradizionali che prima ignoravano le nascenti aziende digitali, oggi, come la politica che vede minacciato il suo status di controllo, li teme e li denuncia come pericoli pubblici.
“Se a livello di movimento di opinione emerge con chiarezza una presa di coscienza del potere oligarchico e monopolistico delle big tech, istituzioni e governi hanno ancora molta strada da percorrere per opporre una voce decisa contro il loro strapotere“, scrive Mario Morcellini concludendo il suo articolo così: “Occorre allora avvicinarci con estrema attenzione all’interazione fra soggetti e comunicazione, scarsamente regolata da valori circostanti e dunque per molti versi disintermediata. La comunicazione cessa di essere bruscamente definita di massa e diventa personale e persino personal; dismette l’abito di sovrastruttura per conquistare quello di struttura portante della nuova formazione ‘sociale’“.
Così come il mondo apprese dalle parole di Ben Parker, zio del supereroe Spiderman, il quale ricordava in fin di vita al nipote come da un grande potere derivino grandi responsabilità, così il potere di fare da gatekeeper da parte delle Big Tech, non può non accompagnarsi a una responsabilizzazione, forse l’unico modo per le Big Tech di non cadere sotto il peso eccessivo del loro “peso” e di costruire, nel frattempo, un mondo realmente più liberamente connesso.