Mi è capitato tra le mani un tomo di Simone de Beauvoir, la quale scriveva sulla condizione della donna negli anni ’40. “Il secondo sesso“, un testo intrigante in cui l’autrice, nota per aver esplorato nei suoi innumerevoli scritti ogni aspetto della femminilità, tocca molti punti caldi anche della sua epoca: sessuale, sociale, biologico, storico, sino al filosofico, legati al gentil sesso. Inoltre, con la pandemia di femminicidi che ci avvilisce oggi, mi ha incuriosito andare a scoprire se negli anni ’40 questa piaga sociale fosse un problema all’ordine del giorno.
Ai margini
La prima cosa che ho fatto è stata quella di leggere i titoli di tutti i capitoli: di femminicidio neanche l’ombra.
Indicativo di due probabili aspetti. Il primo, probabilmente non comparivano tra le notizie di cronaca perché, o questo tipo di faccende, non denunciate, rimanevano nascoste tra le quattro mura domestiche, o semplicemente non accadevano in mancanza di un vero attrito tra i ruoli che venivano assegnati ai due sessi. Il secondo, connesso ovviamente al primo, ci racconta di come allora la donna, più di oggi, occupasse un ruolo sociale molto meno assertivo.
La tesi centrale della Beauvoir è che, sin dai tempi in cui imperava una società spiccatamente patriarcale, la donna è stata costretta a questo ruolo ancillare non per ragioni di necessità dovute alle naturali caratteristiche femminili, ma piuttosto da forti condizionamenti ambientali di natura educativa e legati alla tradizione sociale, in cui il ruolo dell’uomo è stato sempre predominante.
Un po’ quello che succede generalmente con le minoranze razziali, con la differenza che le donne numericamente se la giocano più che alla pari con gli uomini.
Cos’è la donna?
La de Beauvoir incomincia col porsi la domanda: “Cos’e’ la donna?” Per l’uomo risulta naturale pensare che la donna pensi in un certo modo “in quanto donna” e non perché quello che pensa sia vero. Detta in altro modo, ancora oggi l’uomo pensa che ragionamenti e azioni del genere femminile siano fortemente condizionati da una sensibilità spiccata, da un certo tipo di frivolezza, da un’irresistibile voglia di stare ai fornelli e di acquistare cose inutili!
Ecco un elenco veloce degli stereotipi più comuni legati all’universo femminile, secondo la ricerca di yougov.com:
Le donne sono portate a prendersi cura degli altri, sono chiacchierone, sono naturalmente multitasking. Stereotipi di genere apparentemente supportati da una vasta letteratura scientifica – e ben radicati nell’immaginario collettivo – che sono estremamente duri a morire. Una tendenza cui la scienza ha recentemente dato un nome: neurosessismo. In altre parole, “la convinzione che le differenze intrinseche tra cervello maschile e femminile predispongano i sessi a comportamenti fissati, immutabili e stereotipati”, come racconta sulle pagine di Science la psicologa Cordelia Fine, dell’Università di Melbourne, Australia.
Secondo la scienza oggi, sostiene la Fine, “le differenze tra maschi e femmine variano a seconda del momento storico, della posizione geografica, del gruppo sociale di appartenenza”. Quindi nessun aspetto naturale, di “marchio” genetico.
Eppure, anche a livello lessicale permane una forte asimmetria fra l’uomo e la donna, in quanto l’uomo rappresenta sia il polo positivo che quello neutro, quando è designato a rappresentare gli esseri umani in generale. Il fatto che la donna abbia ovaie ed un utero la imprigiona dentro la propria soggettività, mentre l’uomo ignora di avere anche lui ghiandole come i testicoli che secernono ormoni e pensa, del tutto stranamente, di essere connesso al mondo in modo obiettivo. Aristotele affermava: “La donna è donna in virtù di una certa mancanza di qualità” e San Tommaso asserì con decisione come una donna non è che “un uomo imperfetto”, “un essere accidentale”. E nella Genesi, per i lettori che ne leggono le odierne traduzioni almeno, Eva sembra sia stata generata da un osso superfluo di Adamo.
Non stupisce, quindi, che l’uomo sia cresciuto immerso in una cultura omocentrica, portandolo a definire la donna non in quanto se stessa, ma come relativa a lui. Lei è incidentale, non essenziale, mentre lui è essenziale; lui è il soggetto, lei è oggetto.
La donna “altro”
Il recente ritiro dell’esercito USA dall’Afghanistan ha riportato a galla la tipica mentalità afgana che considera le donne esseri inferiori, le quali “devono solo fare figli e rimanere in casa e svolgere le mansioni da casalinga”. A pensarci bene non così lontano dal modo di pensare che c’era nel resto del mondo fino a qualche decade fa. E così, da quelle parti le donne non possono essere ministri, non possono praticare sport, possono frequentare l’università, ma solo in corsi separati.
“…le donne non possono essere ministri…”
Scorrendo sempre gli antichi, Michelet afferma che la donna non è autonoma, ma è relativa all’uomo; e Brenda scrive che l’uomo può pensare autonomamente, mentre la donna per pensare deve ricorrere all’uomo; sino a che all’uomo la donna appare essenzialmente come un oggetto sessuale. Come “altro”. La categoria “altro” è primordiale quanto la stessa coscienza; e la troviamo già nella mitologia, anche se in origine non era attaccata alla divisione tra i sessi. Urano-Zeus, Sole-Luna, Buono-Cattivo, Destra-Sinistra, Dio-Lucifero. Il sé concepisce il resto da lui come “altro”. Quindi gli ebrei sono diversi dagli anti semiti, gli afroamericani in America sono diversi dai suprematisti bianchi, i coloni sono “altro” dai nativi, i proletari sono “altro” dai privilegiati, e così via. Il mondo tende a dividersi sempre in due categorie, dove di solito quella che si sente la maggiore, definisce il resto come “diversa da sé”, quindi affetta da una minus incolmabile.
Levi-Strauss afferma che l’uomo passando dallo stato naturale a quello culturale, vede le relazioni biologiche marcate da contrasti; la realtà sociale da opposizione e simmetria. In Hegel troviamo che ogni coscienza è fondamentalmente ostile nei confronti di ogni altra coscienza. Ma con il contrasto tra gruppi, tribù, nazioni e quindi guerre e stragi, nasce anche la necessità di riconoscere una reciprocità nelle relazioni. E che il concetto “altro” non è assoluto, ma contingenziale rispetto a valutazioni di reciproca utilità sociale.
Il caso aperto
Ma com’è che per i sessi, uno è definito come essenziale mentre l’altro è puro altrismo? Com’è che la donna non disputa la sovranità dell’uomo? Nessun soggetto diventa volontariamente oggetto. E’ l'”uno” che si definisce come tale e l’”altro”, se non riesce a ritornare ad essere l”uno”, deve rimanere sommesso ed accettare un punto di vista estraneo a se’ stesso? La questione rimane aperta, ovvero quella della condizione di una donna girovaga che ancora oggi lotta per la conquista di una posizione, di una condizione, che dovrebbe esserle, invece, pacifica.
E’ vero, donna fa pensare a creatività, natalità, morbidezza, fragilità. Ed è forse questo suo status “naturale” che più di ogni altra cosa ne ha determinato nei secoli il destino. Oggi le cose sembrano voler cambiare. L’impulso verso una parità di genere è grande, ma mi chiedo se non sia strano questo combattere per un diritto che dovrebbe essere una norma acquisita.
“L’economia è dominata dagli uomini. Lo è sempre stata, e ancora oggi i dati mostrano un preoccupante rallentamento nella presenza di donne negli studi economici post-laurea e nell’accademia”
Lo scrive nel booklet 100 donne contro gli stereotipi per l’economia, Paola Profeta, professoressa associata di Economia Pubblica all’Università Bocconi e presidente del Comitato scientifico di #100 esperte Economia e Finanza. L’allarme di un cronico gap di genere nelle posizioni economiche e politiche arriva dall’ultimo report della AEA (American Economic Association) che inserisce tra l’altro l’Italia al 117esimo posto su 144 paesi analizzati. “Uno spreco di talenti”, aggiunge Paola Profeta, aggravato dal fatto che le poche, bravissime, economiste di successo sembrano invisibili. ”Bisogna sostenere le donne, perché sono ancora troppe quelle che si sentono respinte da ruoli di responsabilità. Molte si autoescludono perché interpretano in modo diverso l’esercizio del potere e invece il loro contributo è indispensabile”. Lo è oggi, lo è sempre stato.
Uno “strano caso” quello della donna. Un caso che rimane aperto.