Nell’immaginario collettivo internet è concepito come un’entità esterna, distante, lontana dalla realtà delle cose. In realtà è semplicemente lo specchio del mondo, è la sua proiezione digitale. Così come il mondo, anche internet è un luogo complesso e lo è soprattutto per i più giovani che, avendo una personalità meno consolidata, sono un pochino più suscettibili ad alcune dinamiche del web. Pensiamo al cyberbullismo, cioè al bullismo in rete.
Bullismo e Cyberbullismo rimangono una delle minacce più temute tra gli adolescenti, dopo droghe e violenza sessuale. Ragazzi e ragazze non si sentono al sicuro sul web e dopo il cyberbullismo, è il Revenge porn a fare più paura, soprattutto tra le ragazze.
Cyberbullismo: cos’è
Definito in Italia dalla Legge 29 maggio 2017, n. 71 in materia di “Disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione ed il contrasto del fenomeno del cyberbullismo” (GU Serie Generale n.127 del 03-06-2017), il termine è stato usato per la prima volta dal docente canadese Bill Belsey per identificare e definire quello che viene definito anche bullismo virtuale. Si tratta di azioni violente ed intimidatorie realizzate da un soggetto o un gruppo, mediante l’utilizzo di strumenti elettronici (sms, mms, foto, video, e-mail, siti web, social, ecc.). Il Ministero dell’Istruzione ci ha fornito una definizione altrettanto calzante: il cyber bullismo è letteralmente l’insieme di azioni aggressive realizzate mediante strumenti elettronici che hanno un unico obiettivo che è quello di provocare un danno a un coetaneo incapace di difendersi.
I dati: l’osservatorio (In)difesa, realizzato nel corso del 2020, riporta una fotografia della realtà raccontata direttamente dai ragazzi, attraverso le risposte di 6.000 adolescenti, dai 13 ai 23 anni, provenienti da tutta Italia. Il 68% di loro dichiara di aver assistito ad episodi di bullismo, o cyberbullismo, mentre ne è vittima il 61%.
E’ una definizione da sposare per due motivi: perché c’è una componente di attacco, di aggressione nei confronti delle persone, e secondo perché punta anche il dito contro l’incapacità di difendersi di molti ragazzi. Il paradosso è che ad oggi il modo in cui stiamo concependo di risolvere questo problema è illudendoci che un giorno in qualche modo il web diventi un posto magico e incantato, un universo perfetto in cui cose come il cyberbullismo scompariranno da sole. Il che è un paradosso perché il web non è che lo specchio di chi siamo e se non siamo riusciti a estirpare il bullismo nel mondo offline, come è possibile fare diversamente sul web?
Federico Sbandi racconta il cyberbullismo
Federico Sbandi, CEO di Digital Combat Academy è un vero esperto di tutto ciò che gravita intorno al web e in un suo recente intervento al TEDx organizzato a Rieti ha raccontato il fenomeno e la sua storia personale sottolineando come: “la missione è provare a rendere il web un posto più sicuro. Per farlo dovremo soprattutto provare a rendere i ragazzi un pochino più forti perché è molto più facile lavorare sul carattere della singola persona che non provare a cambiare il mondo.” Federico, 31 anni, lavora da otto nel digitale come consulente per le aziende e da quattro gestisce una scuola di marketing digitale che è rivolta ai più giovani. Vive quindi internet come uno strumento di lavoro in cui le aziende fanno delle cose per comunicare a vendere e i ragazzi provano magari a costruirci una carriera. “Ebbene – continua Federico – è impressionante scoprire quanto anche dei professionisti del digitale non conoscano la differenza tra il cyberbullismo e semplicemente una discussione critica in rete.”
Non comprendere qual è il confine tra l’attacco, l’insulto, l’aggressione e una discussione, seppur accesa, rischia di far più danni che benefici. Un istituto americano nel 2020 ha fatto un’indagine sul rapporto tra genitori e digitale e quello che è venuto fuori è che il 43 per cento dei genitori i cui figli hanno subito in qualche modo un atto di cyberbullismo hanno reagito prendendo il cellulare dei figli, entrando nei loro canali social e bloccando tutti quelli che in qualche modo erano risultati una fonte negativa di interazione.
Le caratteristiche del Cyberbullismo
Il cyberbullismo condivide con il bullismo tradizionale le caratteristiche intrinseche al fenomeno, ascrivibili alla persistenza con la quale si verificano le azioni vessatorie, l’asimmetria di potere tra vittima e aggressore e l’intenzionalità di lesione da parte del bullo. Peculiarità del cyberbullismo sono:
- Accessibilità, pervasività ed anonimato: il cyberbullo può raggiungere la sua vittima in qualsiasi momento e in qualsiasi luogo grazie a computer e ai cellulari. Questi ultimi, soprattutto, sempre accesi e connessi a Internet, sono un facile canale di ingresso per il bullo.
- Mancanza di feedback emotivo: non vedendo le reazioni della sua vittima il cyberbullo tende a minimizzare le conseguenze delle sue azioni, non trovando riscontro sul danno recato non ne è mai totalmente consapevole.
- Attivazione di meccanismi di disempegno morale: azioni lesive sono spesso viste come un gioco a cui corrisponde una scarsa assunzione di responsabilità personale e di gruppo.
- Persistenza del fenomeno ed ampiezza di portata: il materiale diffamatorio può rimanere rintracciabile su Internet per molto tempo e disponibile per un potenziale molto alto di persone. Si pensi, a questo proposito, che in un rapporto di We Are Social è stato stimato che in Italia l’uso di internet dal 2018 al 2019 è aumentato del 27%.
Tipi di cyberbullismo sono:
- flaming: invio di messaggi violenti, aggressivi, offensivi o volgari in gruppi social, via e-mail o tramite qualsiasi altro mezzo di comunicazione informatica;
- assillo: invio di messaggi offensivi in maniera reiterata nel tempo;
- denigrazione: diffusione di pettegolezzi, calunnie e maldicenze online tese a diffamare o ledere la reputazione di qualcuno;
- mascherata: furto di identità o appropriazione indebita delle credenziali di accesso di un account e diffusione di materiale pregiudizievole o di insulti e maldicenze al fine di incolpare il soggetto di aver offeso o leso un’altra persona;
- outing o inganno: pubblicazione di materiale intimo e confidenziale o diffusione di un segreto senza il consenso dell’interessato. Nella sua forma più subdola, il sexting, consiste nella diffusione di fotografie o video a carattere sessuale contro la volontà del soggetto;
- esclusione: esclusione volontaria di un soggetto da un gruppo online;
- cyberstalking: persecuzione della vittima tramite messaggi denigratori o offensivi, oppure attraverso la diffusione di materiale diffamante. Le molestie online includono minacce fisiche o intimidazioni.
Chi deve fare, cosa?
Allora, si chiede ancora Federico Sbandi, di un fenomeno così vasto e alla portata praticamente di tutti “chi se ne deve occupare? Chi in qualche modo deve educare questi giovani? Potremmo pensare alla scuola perché è il luogo che per antonomasia si occupa dell’educazione, eppure sin dalle elementari, le medie, a volte anche al liceo, il digitale è completamente assente dai programmi formativi. Diamo per scontato che tanto non riguarda l’istruzione dei ragazzi. Poi però la prima cosa che gli mettiamo in mano è un cellulare e mi risulta che, così come per prendere la patente e per guidare una macchina insegniamo alle persone come si guida, quali sono le regole e il codice della strada, allo stesso modo ci sarebbe bisogno di qualcuno che idealmente ci insegnasse come si naviga nel web.
Anche l’istruzione superiore o la famiglia sembrano non in grado di assolvere a questa funzione. Pensiamo al fatto che ancora oggi molti genitori, anziché impegnarsi a costruire l’autostima e i valori di un ragazzo, cose che rappresentano la sua corazza nel mondo, tendono invece a proteggere in vari modi, creando bolle di vetro”.
Nel libro “Genitori in 4 mosse” della d.ssa Giovanna Kiferle, questo tipo di caregiver (familiare che occupa un ruolo di cura, supporto e vicinanza) viene definito – secondo la teoria di Eric Berne della personalità – dallo Sato dell’Io Genitore positivo-negativo il quale tende ad essere “evitante”. Si comporta, cioè, in modo da salvare il figlio evitando che faccia esperienze potenzialmente pericolose, come può essere per un bambino piccolo il salire su una sedia. Così lo prende in braccio e ce lo mette lui! Altri genitori, cosiddetti lassiez faire, lasciano che il bambino faccia le sue esperienze in solitudine, mettendolo davvero di fronte a un rischio. E quindi? La soluzione della d.ssa Kiferle è quella delle 4 Mosse che consistono nel dare Orientamento, Guida, Sostegno e Contenimento secondo sequenze precise, così da formare in loro una personalità forte e sana, ed evitare di crescere piccoli bulli, cyberbulli o le loro vittime.
Servono quindi linee guida e “un’educazione a educare” che garantiscano al minore, ma anche agli adulti, un uso più consapevole della rete. Oggi solo nel 55% delle famiglie vengono date limitazioni sull’uso della rete o regole di comportamento, che riguardano pressoché limiti di durata e, come abbiamo visto, la soluzione non risiede tanto nei limiti o nell’evitare il web, ma di saperlo gestire, come nel sapere gestire azioni dannose.
Sul punto, giova rammentare come gli studi abbiano evidenziato che la percezione della dannosità del cyberbullismo nel minore, aumenti con la consapevolezza di siffatta pericolosità da parte degli adulti.
“E’ molto complesso per le persone vedere esattamente quello che succede a un ragazzo vittima di bullismo online. E’ qualcosa di invisibile dal di fuori, ma sta deteriorando quel ragazzo tutti i giorni. Quello che si può fare è chiedere aiuto, perché è importante sapere che ci sono degli enti e delle associazioni in Italia e nel mondo che si occupano esattamente di questo”, dice Sbandi, che conclude: “se sei vittima di bullismo o cyberbullismo, ricorda che ci sono infinite ragioni per continuare a combattere. L’importante è ricordarsi che la vita è bella è che tutto quello che ti può succedere in un certo momento, la pressione, la solitudine, il senso di impotenza, è tutto temporaneo. Devi solo fermarti un attimo e ricordati che ci sono infinite ragioni per continuare a vivere. Lo so perché ci sono passato anche io”.
Fonte: speech: Come Combattere il Cyberbullismo – Federico Sbandi – TEDxRieti
Libro “Genitori in 4 mosse” – Giovanna Kiferle