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La formazione in Italia: la ripresa lenta grazie all’e-learning in attesa dei fondi UE

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Com’è la situazione della formazione in Italia? Solo l’8,1% degli italiani over 25 segue corsi di formazione, scrive Upday. “I numeri si riferiscono a tutti gli italiani che hanno superato l’età degli studi e non hanno ancora raggiunto quella della pensione. Il nostro 8,1% deve essere confrontato con i dati dei Paesi del Nord e del Centro Europa. Come Svezia, Svizzera, Finlandia, Danimarca, e molti altri.”

Il Sole 24 Ore sottolinea: “Quasi 13milioni di italiani con un titolo equivalente alla terza media, uno su due dei 25-64enni «è potenzialmente bisognoso di riqualificazione». Urgente che l’Italia investa su competenze e formazione”.

Trasferirsi in Svezia

Per il formatore che cerca lavoro, per il lavoratore che vuole formarsi, l’Italia è uno dei Paesi peggiori in Europa, e nel mondo. L’ennesimo record negativo. Ed è un peccato, visto lo straordinario potenziale che rimene inespresso nel nostro Stivale. E mentre qui si rimane fermi al palo, altrove le cose vanno in modo differente.

“È in Svezia che è maggiore la percentuale di adulti impegnati in corsi di formazione di almeno 4 settimane l’anno, il 34,2%. Segue la Svizzera, con il 32%, e poi la Finlandia, con il 29%. La media Ue è, in realtà, del 10,8%, non lontana dal dato italiano. Il motivo è che ad abbassarla vi è l’8,2% tedesco, una percentuale particolarmente bassa per un Paese che di solito in questo tipo di classifiche è molto più in alto.” Truenumbers.it riporta i dati della ricerca Eurostat e Ocse, del 2019.

Attenendoci ai dati del 2019 fa strano che l’Italia sia appaiata in questo record negativo proprio alla Germania: “La Germania è superata anche dalla Francia, 19,5%, e dalla Spagna, 10,6%. Tra i motivi vi potrebbe essere il fatto che nel Paese più ricco d’Europa alla formazione sul campo sono dedicati molti programmi in età giovanile, dai 16 ai 24 anni”.

Oppure l’altro dato, meno ufficiale: in Germania come in Italia, non si “crede” alla formazione. Si crede di più al “fai da te”, alle ricette di famiglia e, con una certa prosopopea, si continua sulla propria strada senza stare troppo a sentire gli altri.

Continua Upday: “Questi dati naturalmente cambiano in base allo status lavorativo dei soggetti coinvolti. La brutta notizia è che nel nostro Paese a essere meno coinvolti nell’arricchimento delle proprie competenze sono alcuni di quelli che ne avrebbero più bisogno, ovvero i disoccupati. Solo il 5% di essi segue corsi di formazione. Basti pensare che in Svezia sono ben il 46% e in tutto il Nord Europa si supera il 20%. È ben evidente qui la differenza tra i luoghi dove le politiche attive per il lavoro sono più valide, o semplicemente esistono, e quelli in cui non vi si è mai investito molto.”

Online si fa prima

Potremmo pensare che le cose negli ultimi due anni non abbiano fatto che peggiorare, considerate le restrizioni dovute alla pandemia. Ma al contrario, i dati registrano un “Boom della formazione online per studenti e aziende. Durante il lockdown, imparare in remoto è diventato un obbligo. Ma la comodità di seguire un corso con un click ha spinto diversi utenti a continuare a utilizzare queste piattaforme, che hanno visto un boom di iscrizioni.

TGCom24 riporta: “La possibilità di studiare in remoto e i pregi e i limiti della didattica a distanza sono state oggetto di discussione per tutta la durata del lockdown. La digitalizzazione forzata ha costretto le scuole e le università ad adattarsi a un modello di formazione online al quale forse non erano pronte, ma ha anche mostrato le potenzialità di nuove modalità di apprendimento. Nel 2020 si è verificato un vero e proprio boom delle iscrizioni a corsi che non prevedono la presenza in aula e, secondo l’Economist, questo sarà il nuovo modello che da accessorio diventerà protagonista. Mai come in questi mesi infatti hanno avuto successo i Mooc (Massive online open courses): dal miglioramento personale alla gestione del tempo, dalla calligrafia al calcolo differenziale, in rete si trova un corso per tutto.”

“Il 62% degli italiani si dichiara favorevole a intraprendere un corso online, prima visto con più diffidenza. Nel nostro Paese, il boom si registra anche grazie alla formazione aziendale e ai convegni, altrimenti bloccati: nel solo mese di marzo si è registrato un incremento del 60% di corsi di formazione online e di congressi sul web (dati Intermeeting).”

TGCom24 riporta una lista delle piattaforme e-learning migliori sia in Italia, che in generale: “Le cinque migliori piattaforme internazionali per fare corsi online – Il mondo della formazione online è davvero vasto, per orientarsi tra le varie opzioni, un aggregatore efficace è Class Central, che consente di trovare un corso cercandolo su un gran numero di piattaforme. Ma quali sono le migliori?

Udemy è uno dei più vasti marketplace di corsi online al mondo. La gran parte è in inglese, ma non mancano quelli in spagnolo e in italiano. Gratuiti e a pagamento, sono realizzati da professionisti (alcuni quotati, altri meno conosciuti)… L’impressione che riceve l’utente è quella di trovarsi in un grande mercato: prodotti di tutti i livelli per tutte le tasche.

Diverso invece il caso di Coursera, che offre corsi online universitari erogati da atenei prestigiosi a livello mondiale. Fondata nel 2012 da due professori di Stanford che, secondo Class Central, nel 2018 avrebbero fatturato circa 140 milioni di dollari, è utilizzato da moltissime multinazionali. Tra le università presenti sulla piattaforma, Johns Hopkins, Illinois, Penn University, Columbia, Stanford, ma anche le italiane Sapienza Bocconi.”

EdX è il portale di livello universitario per eccellenza. Fondato da Mit e Harvard nel 2012, completamente nonprofit open source, offre corsi preparati da docenti dei migliori atenei USA e internazionali, tra cui Sorbona, Imperial College, Oxford.

Skillshare è un sito più agile, dalla user experience meno impegnativa rispetto a Coursera e EdEx. Molte lezioni durano al massimo 30 minuti, e tutte sono suddivise in brevi capitoli. Per frequentare si paga un abbonamento mensile di 7 dollari… Anche questa piattaforma vanta molte compagnie che usano la versione business per formare i propri dipendenti. Solitamente si tratta di società più giovani e dinamiche, come Vice, Virgin, Staples.

Anche Linkedin ha aperto una sezione dedicata alla formazione online per sfruttare la propria base di utenti. Linkedin learning ospita corsi più strutturati per aumentare le proprie competenze di taglio prevalentemente professionale.

Ed ecco: “Le cinque migliori piattaforme italiane – Con un po’ di ritardo, anche in Italia sono nate alcune piattaforme per la formazione online, alcune delle quali legate al mondo universitario.

Eduopen è un progetto finanziato dal MIUR che oggi conta ben 14 università italiane che intendono fornire una formazione aperta, collaborativa e gratuita a chiunque lo desideri.

Un’altra proposta interessante è Federica.eu, portale dell’Università Federico II di Napoli. Con una registrazione è possibile iscriversi, seguire le lezioni e prendere appunti direttamente sulla piattaforma, oltre ad avere a disposizione una bibliografia con i link alle migliori fonti.

TRIO è il sistema di web learning gratuito della Regione Toscana che mette a disposizione prodotti e servizi formativi su argomenti trasversali o specialistici.

L’Università di Bologna ha invece dato vita a BOOK (UniBO Open Knowledge). Il progetto valorizza metodi e tecnologie per l’innovazione didattica ed è volto a promuovere percorsi di digital learning pensati per colmare i gap di apprendimento degli studenti.

Infine, Life Learning si occupa della realizzazione di corsi online che uniscono la tecnologia ai programmi formativi dei migliori coach e centri di formazione italiani.”

Con l’avvento del lavoro a distanza, dello smart working e delle diverse riunioni online, anche il mondo della formazione sta vivendo una nuova era che sembra poter trascinare anche l’Italia più su nella classifica delle peggiori.

La formazione non è un optional

La parola d’ordine è restare competitivi sui mercati globali, per questo le aziende formano i loro dipendenti. Un aspetto sottovalutato, considerata la tendenza generale a pensare che, se le cose hanno funzionato bene fino ad ora, perché cambiare?

E’ una mentalità figlia di una cultura che della storia e della tradizione in effetti ha sempre fatto la sua forza. Ed è questo il nodo: è necessario dare equilibrio a questi due vettori. Da una parte la necessità di formarsi per fare meglio mettendosi al passo con i competitor internazionali, dall’altra non snaturare la propria identità, il proprio legame con il passato.

Altro aspetto focale per cui la formazione è di vitale importanza sta nell’attrarre talenti e professionalità. “Non sono pochi i governi che adottano politiche migratorie “strategiche”, mirate ad attirare e trattenere i profili più richiesti dal mondo del lavoro” scrive il Corriere della Sera. “La maggioranza dei migranti si sposta in maniera regolare, alla ricerca di migliori opportunità, e di solito sceglie di vivere in uno dei 37 Paesi dell’Ocse. Dall’ultimo studio pubblicato dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, nelle nazioni più sviluppate vivono circa 120 milioni di migranti economici. La maggioranza è originaria dell’Europa (41,5 milioni), seguita da Asia (31 milioni) e America Latina (30). Solo 12 milioni provengono da Stati africani.”

Ed è questo l’aspetto che deve far riflettere i CEO italiani: “Nel nostro Paese il mercato del lavoro resta bloccato: gli italiani con basse qualifiche faticano a trovare impiego, più degli immigrati con formazione simile che accettano retribuzioni inferiori. Per i qualificati, italiani o immigrati, le possibilità di inserimento sono comunque insufficienti. In sostanza le riforme strutturali mai fatte ci ancorano verso il basso, mentre i giovani migliori vanno via.”

La speranza è che si riesca a fare uno scatto di reni grazie ai fondi del Pnrr che, non a caso, dedica molto spazio alla formazione professionale a ogni livello, ma in particolare a quella che riguarda le competenze digitali, in cui abbiamo molto da recuperare.

Questi finanziamenti, infatti, rappresentano un’opportunità storica per fornire più formazione e di qualità migliore nel nostro Paese. Potremmo assistere a un vero salto quantico dell’intero sistema lavoro, in grado di dare accesso a nuove opportunità e ad un conseguente sviluppo di competenze per tutti, dai disoccupati, ai liberi professionisti, agli imprenditori, fino agli outsider di ogni latitudine.

Paul Fasciano, Direttore di InsideMagazine e del Gruppo Editoriale Inside, è un mental coach prestato al mondo della comunicazione digitale. Con un background accademico in sociologia e una formazione in PNL, mindfulness e neuroscienze, ha dedicato oltre tre decenni allo studio delle dinamiche sociali odierne. E' autore di varie pubblicazioni incentrate sulla crescita personale nel complesso contesto contemporaneo. La sua missione è fornire ai professionisti le informazioni più aggiornate e rilevanti, migliorando la loro comunicazione e potenziando il loro mindset con strategie efficaci e mirate.

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