Parlare di smart leadership è impegnativo. Impone uno sforzo definitorio non banale. Che cosa significa? E’ una caratteristica stabile della leadership (l’essere smart), c’è sempre stata solo che non la chiamavamo così? O piuttosto è l’espressione di un fabbisogno emergente che chiede più intelligenza, per leggere in profondità (intus legere) il contesto attuale volatile, incerto, complesso e ambiguo?
Soprattutto, chi sono gli Smart Leaders? Partiamo da questo post di Marco Carlomagno,:
“In Italia si discute ancora se avere più o meno #smartworking, ma il problema è avere più #smartleader“.
Così Marco Carlomagno, segretario generale di FLP – Federazione Lavoratori Pubblici e Funzioni Pubbliche, a #Nobìlita, il festival della cultura del lavoro che si è tenuto oggi a Imola per il secondo anno. “Il vero problema dell’Italia sono i manager incapaci – ha detto #Carlomagno durante il suo intervento nel terzo panel di questo #nobilitafestival intitolato “#Elogio#dell‘#incompetenza“. – L’incapacità di comprendere la necessità di superare paradigmi obsoleti è comune purtroppo a troppi ‘manager’ del pubblico e del privato”.
Il riferimento è in particolare alla questione dello #smart#working, dopo che il ministro Brunetta ha ripristinato l’obbligo per i lavoratori del settore pubblico di rientrare al lavoro in presenza, ma anche alle scelte in materia di lavoro agile di alcune aziende del settore privato.
“Stiamo vivendo una pandemia globale, migliaia di posti di lavoro verranno spazzati via, – ha continuato il segretario generale #Flp – interi settori sono in crisi e qual è la ricetta magica di alcuni sagaci manager italiani? Far tornare i dipendenti in ufficio per controllarli, perché molti manager italiani non sanno gestire le risorse. È in atto una rivoluzione digitale e molti non se ne rendono conto. Abbiamo bisogno di manager visionari, abbiamo bisogno di meno controlli e più gestione. Il problema non è avere più o meno smartworking ma di sicuro avere più smartleader”.
Smart Leaders
Se partiamo dal presupposto che il cambiamento che stiamo vivendo deve essere prima culturale, poi strategico e infine operativo, allora dobbiamo fare in modo che cambi in maniera sostanziale il modo di pensare del vertice dell’organizzazione e dei suoi manager.
Per le organizzazioni improntate sulla cultura del controllo, questo periodo rappresenta un problema di difficile soluzione. Le persone non possono più essere osservate, controllate a vista, richiamate ogni qualvolta si distraggono o sono di fronte alla macchinetta del caffè (in realtà, parte del lavoro anche quello).
Che accorgimenti sono richiesti ai leader per essere efficaci anche a distanza? Siamo sicuri che tecnologie collaborative, connessioni veloci e abilità di utilizzo siano sufficienti a far funzionare le cose? Forse l’era del “controllo” è finita, assieme a quella dello stile di leadership basata sul bastone e la carota? Non proprio, a quanto pare. Ma se l’Italia delle aziende vuole fare un passo decisivo verso il futuro, è il caso che cominci a formare nuovi leader smart. Magari fornirgli l’utile libro di John Withmore “Coaching” per portarli a comprendere un nuovo stile di leadership davvero funzionale ai tempi che corrono, e correranno sempre di più.