Stai vendendo qualcosa ma non sai da dove cominciare? Cosa fare e come affrontare il processo di vendita? La cosa più importante in assoluto da fare è porre domande. Non stai lì per piazzare un prodotto, ti trovi davanti a una persona che ha un bisogno da soddisfare, e tu puoi farlo. Quindi, perché perdere tempo a vendere qualcosa se puoi guidare qualcuno verso la luce?
Segue dalla Parte Uno
Le categorie delle domande
Ecco una lista di altre categorie di domande, utili da conoscere per far venir fuori i bisogni custoditi dai tuoi clienti:
Domande riflesse: si basano normalmente sui contenuti delle risposte precedenti. Il loro potere sta nel fatto che “riflettono” qualcosa che l’interessato ha detto o ha provato e gli rivelano la nostra empatia e la nostra capacità di ascolto. Diamo importanza a lui e non a ciò che vogliamo ottenere. “hai quindi detto che…” “Intendi dire che…”
Domande multiple: più domande espresse con un unico interrogativo. ad esempio: “che cosa le piace del… la gente, il luogo, la luminosità degli ambienti, l’ingresso, forse il supermercato sotto casa?” Da usare per suscitare una momentanea riflessione sugli aspetti più interessanti della nostra offerta.
Domande retoriche: sono molto utili perché guidano l’interessato ad una risposta desiderata o attesa. “Non le sembra eccezionale la vista?” “Belle le maioliche, non crede?” Sono domande che ricordano quelle che ci facevano da bambini: “è buona la cioccolata?”, e il fatto che qualcuno volesse sapere la nostra opinione ci dava una bella sensazione. Attenzione, però, a non strafare o si rischia di essere avvertiti come invadenti.
Domande che contengono un assunto: sono quelle in cui l’interessato, per rispondere in modo negativo, deve necessariamente negare l’assunto. “quanto è importante la sua sicurezza e quella della sua famiglia?” “Moltissimo”. “Sono certo che concorderà con me sul fatto che prendersi cura anche di questo aspetto sia una questione primaria”…
Domande aggiunte: sono costituite da un’affermazione completata da una frase interrogativa alla fine. Sono simili a quelle che contengono un assunto, ma esercitano un potere più forte e sottile. Sono cotituite da un’affermazione forte e convincente, seguita da una domanda di conferma, ad esempio: “sono sicuro che avete colto l’importanza di avere un garage personale, è così?”. “La fiducia è un elemento importante in un rapporto di collaborazione, non crede?”
Domande alternative: vengono utilizzate con efficacia soprattutto dai venditori. “Costringono” l’interlocutore ad una scelta all’interno di un definitivo ventaglio di offerte. “preferisce la trapunta invernale o primaverile”. “Vuole la consegna a casa o in ufficio?”. Sono essenziali quando, nella fase finale della contrattazione, si vuole passare a chiudere facendo prendere una posizione al cliente in modo positivo; entrambe le opzioni, infatti sono valide e non prendono in considerazione un’alternativa diversa dal procedere e concludere.
Domande sulle conseguenze: servono a capire che cosa si verificherà per effetto della situazione o del problema attuale. Sono utili per creare un’urgenza data da una visione prevista, positiva o negativa: “ha riflettuto sul fatto che esistono alcune alternative altrettanto valide per quello che le serve?”.
Domande bisogno: utilissime in chiusura. Consentono all’interessato di stabilire le condizioni che da parte sua potrebbero aiutarlo ad accettare una determinata proposta. Ad esempio: “Cosa le piacerebbe trovare in…”. “Se avesse… quanto potrebbe esserle utile in futuro?”. “Se le dessi una soluzione potremmo continuare?”.
Domande allusorie: consentono di confermare una risposta grazie all’uso gentile di un’allusione: “Lei mi ha detto che… voleva forse dirmi…?”. “Ho l’impressione che… ho visto giusto?”.
Concluderò con le domande insidiose: mettono l’interessato in difficoltà perché insidiano il dubbio di essere smascherati e, per non esserlo, si è costretti a cadere “nel tranello”. “Che cosa pensa riguardo agli amministratori che…?”. “Ho sentito spesso la frase… A lei è mai capitato?”.
Domande Pull e domande Push
Per concludere il giro delle domande essenziali da conoscere per diventare abili venditori, voglio introdurti all’interno di queste due grandi aree: le domande PULL e le domande PUSH.
Usiamo le pull (tirare fuori) quando non otteniamo che risposte vaghe e imprecise. “potrebbe spiegarmelo in un altro modo?”. “Mi aiuterebbe a capire meglio?”. “Ha qualche soluzione in proposito?”. “Ha valutato cosa accadrà se…?”
Usiamo le Push (spingere) per arrivare a una conclusione e per convincere definitivamente qualcuno di qualcosa. “E’ l’unico motivo? E se risolviamo anche questo si sentirebbe pronto a fare un’offerta?”. “Posso darle un consiglio?”. “Le interessa sapere il mio pensiero?”. “Le sembra giusto/corretto/valido…?”.
Una buona alternanza di domande pull e push, poste con serenità ed assertività, quando serve, alla fine può far ottenere risultati strabilianti.
In generale le domande servono per portare alla luce un bisogno, le implicazioni di una data questione, portare ad una scelta eliminando qualsiasi altra obiezione. Grazie ad una serie successiva di domande, infatti, siamo in grado di dissipare i dubbi, restringere le alternative, spazzare il campo dalle scuse.
Focus sulle esigenze del tuo potenziale cliente
Quando il nostro interlocutore è vago, in dubbio ma anche in alcuni casi, quando sembra risoluto, spesso si muove per generalizzazioni e preconcetti. Domandare, lo abbiamo appena visto, è un ottimo modo per mettere alla luce ciò che sta rimanendo nascosto e che impedisce di proseguire la trattativa in modo costruttivo e aperto. Questo lato nascosto ha sempre a che fare con dei bisogni e con delle esigenze. Siamo esseri umani in fondo, e abbiamo necessità e costanti problemi da risolvere ed è questo il fattore cruciale di ogni vendita: individuare le esigenze ed evidenziare la soluzione che portiamo.
Hai mai pensato, ad esempio, al fatto che il tuo cliente potenziale ha a sua volta dei clienti? Focus sul cliente del cliente, dunque. Quando valuti le esigenze, la cosa più importante è sempre ciò di cui i clienti del tuo potenziale cliente hanno bisogno da questo per avere successo. Il tuo compito è aiutare il potenziale cliente a soddisfare tali esigenze.
Quindi, ecco cosa domandare e rispondere quando il tuo potenziale cliente stenta a portare a galla le sue reali necessità:
“non mi interessa” – “Immagino abbia fatto le sue valutazioni. Per curiosità, potrebbe dirmi cosa esattamente tra ciò che ha visto non l’ha convinta?”
“Ne parliamo più in là” – “Con piacere. Lei avrà senz’altro delle scadenze, quali sono?”
“Ci servirebbero informazioni più precise” – “Su cosa esattamente vorreste essere informati?”
“Ci deve essere per forza qualche fregatura” – “Che cosa ti induce a pensarlo?”
“Non saprei come fare” – “Possiamo valutare insieme, sono qui per questo. E se risolviamo questo punto, quale altra perplessità le impedirebbe di procedere?”
Un bel suggerimento da un saggio venditore
Quando frequentai un corso di comunicazione efficace, tra i corsisti c’era un venditore con una notevole esperienza. Aveva un’età avanzata e uno sguardo molto gentile, toni pacati ma anche una grande sicurezza di sé. Ho scoperto poi che era un personaggio molto in vista, un vero e proprio guru della vendita. Ho avuto occasione di passare del tempo con lui e, seduti insieme a pranzo un pomeriggio, mi ha dato alcuni suggerimenti.
Quello che mi è rimasto più impresso è stato: la vendita non è mai convincere qualcuno a comprare qualcosa. La vendita è un servizio. Spesso le persone sono bloccate, hanno insicurezze su se stesse e su chi hanno di fronte, soprattutto su chi hanno di fronte. E se questo prodotto non mi darà ciò che cerco? Si chiedono. E poi scopri che non sanno affatto ciò che cercano e quindi procedono nella vita come un uomo bendato chiuso in una stanza piena zeppa di cristalli. Alcuni di questi sono molto preziosi. Ecco, il nostro compito, come venditori, è evitare che l’uomo bendato scaraventi a terra l’ennesimo oggetto prezioso.
Una bella metafora, che mi colpì molto. L’aspetto del servizio, su cui ho avuto modo di riflettere molto, (diventando alla fine un business coach e fondando questo magazine, ndr) lo trovo centrale. Se siamo lì al servizio dell’altro, non possiamo essere cattivi venditori. Possiamo essere inesperti, ma questo si risolve col tempo, ma mai cattivi. Proprio il focus sul servizio ci rende dei venditore con la V maiuscola!
La metafora del vecchio e saggio venditore si accompagnò, poi, ad alcuni suggerimenti. Io ovviamente mi appuntai tutto per farne tesoro in questi anni. Ora li rivelo anche a te:
- essere gentili, sempre, ma essere decisi. Non lasciare spazio al dubbio che potremmo non essere convinti di una nostra affermazione.
- Anticipiamo i nostri punti deboli (bisogna essere abili a trovarne), parlandone prima e sdrammatizzandoli con una battuta. “Alcune cose molto tecniche e specifiche ancora non le so, ma prometto che studierò il caso. Sono sempre stato un secchione infaticabile”.
- Comunica emozioni… senza farti guidare dalle emozioni!
- Prima si vende se stessi e poi il prodotto.
- Per vendere, scopri prima le necessità, portale alla luce e poi soddisfa le esigenze
- Arriva al punto. Chi ti ascolta ti concede solo pochi secondi per farsi interessare.
- Quello che dico a me stesso, è molto più importante di ciò che dico agli altri.
Prima di un appuntamento conclusivo ripassa mentalmente e “impostati” fisicamente su:
- scopo: qualè il tuo “vero” obiettivo?
- pianificazione: come si svolgerà l’incontro: immaginalo e programmane i passi minuziosamente. Potrà non andare proprio come hai previsto, ma avere una guida aiuta a riportare la trattativa su binari che puoi facilmente gestire
- entusiasmo: è il modo più immediato di portare emozione in una vendita, ed è contagioso
- convinzione: se non sei convinto te… non puoi convincere nessuno
- sicurezza: si accompagna alla pianificazione. Guidi tu la trattativa
- tono di voce: esprime chi sei, la tua cura la tua convinzione
Gestione delle obiezioni.
Infine, parliamo delle temute obiezioni. Quando il nostro cliente ci dice che non è interessato per questo motivo o l’altro. Quando trova scuse di vario genere, tra le quali i soldi e il tempo sono tra quelle sold out. E mentre ricevi la tua bella obiezione, non preoccuparti affatto e recita il mantra:
L’obiezione è la condizione dalla quale dipende una conclusione
Che significa? Che l’obiezione non è (quasi) mai un rifiuto, ma una guida. In questo senso l’obiezione, che è un’opposizione verbale, può diventare un’opportunità centrale per guidare il nostro interlocutore a raggiungere il suo obiettivo. La puoi vedere come quel qualcosa che dice a se stesso per portare alla luce una sua specifica esigenza. E di solito, infatti, le persone hanno bisogno di più soldi e più tempo!
In generale, durante la fase di vendita, può essere efficace rispondere per prima cosa “è solo questo il problema? E se risolvo questo, posso pensare che non ci sono altri impedimenti a ordinare il prodotto?”. Questo servirà a entrambi per chiarire se ci siano o meno altre esigenze di cui prendersi cura. Dopodiché puoi passare, attraverso il sapiente uso delle domande, ad orientare il tuo cliente verso una soluzione facile e veloce del suo problema. Questo significherà a volte dover adattare il tuo servizio o prodotto ad una esigenza particolare, cucendo un abito su misura. Valuta bene se, come venditore, puoi permettertelo e se a tua volta ne riceverai un vantaggio (in termini economici, ma anche di stima e di fiducia da parte del tuo cliente).
Ultima cosa:
Quel saggio venditore conosciuto al corso mi salutò l’ultimo giorno, congedandosi con una frase che voglio riportarti qui. “Ricorda sempre che…
l’unico posto in cui “successo” viene prima di “sudore” è il dizionario“
Allenarsi, esercitarsi, ripetere mentalmente mettendo alla prova l’arte della propria comunicazione. E poi fare tanta esperienza, commettere tanti errori e ricavarne un insegnamento utile per fare scelte diverse. Ore e ore di dedizione, focus e rinunce torneranno in termini di esperienza e capacità. Questa è la via del venditore.