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Stefano Sarra, quando il teatro incontra l’intelligenza artificiale

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Nel panorama teatrale contemporaneo, il legame tra intelligenza artificiale e arte scenica sta diventando un tema sempre più centrale. Se da un lato l’IA è già utilizzata in ambito creativo, dall’altro ci si interroga su quanto possa realmente sostituire l’intuito, l’emotività e l’imprevedibilità umana, caratteristiche fondamentali del teatro. Uno spettacolo che esplora in maniera originale questa tematica è “EVA”, diretto da Stefano Sarra e ispirato al film Ex Machina.

L’adattamento teatrale di EVA: una nuova interpretazione

Ex Machina, scritto e diretto da Alex Garland, esce nelle sale cinematografiche nel 2015. Il film è un thriller fantascientifico dove il confine tra umano e macchina si sfuma, portando a un gioco di manipolazioni e a un finale inquietante. 

“L’idea alla base del film mi affascinò subito – racconta Stefano Sarra, parlando del riadattamento della pellicola per il teatro – e trovo che il tema sia ancora molto attuale, anzi forse ancora più attuale oggi rispetto a dieci anni fa. Adattare una sceneggiatura cinematografica per il teatro impone necessariamente dei cambiamenti. Una modifica importante riguarda la figura dell’esaminatore, che rende l’evoluzione del rapporto tra macchina ed essere umano ancora più sorprendente e meno scontata. Anche gli attori (Sofia Magrini, Edoardo Ciufoletti, Gioia Montanari, Angelica Mazza con l’aiuto regia di Moira Battistelli) hanno dato un contributo determinante, creando personaggi diversi rispetto al film, secondo me più efficaci.”

Nel corso della rappresentazione, le due protagoniste, Eva e Laura, intraprendono percorsi opposti, ponendo al pubblico un interrogativo fondamentale: può l’intelligenza artificiale davvero convivere con l’essere umano? “Eva narra la nascita di una nuova specie – spiega il regista – Da un lato c’è l’uomo, con la sua forza e le sue fragilità, dall’altro una coscienza nuova, che non solo vuole esistere, ma anche sopravvivere.”

A rendere ancora più intensa la narrazione è l’ambientazione claustrofobica dello spettacolo. Il laboratorio di Roy diventa un microcosmo chiuso, una gabbia in cui si sviluppano tensioni ed equilibri precari. “La storia si svolge interamente all’interno della casa-laboratorio di Roy, creando un senso di isolamento che amplifica il conflitto. Ma il vero cuore della tensione è il lavoro degli attori”, sottolinea Sarra.

Il pensiero del regista sull’Intelligenza Artificiale ed il teatro

Il rapporto tra intelligenza artificiale ed emozioni umane è il cuore pulsante della narrazione. Il personaggio di Roy, creatore della macchina, afferma nella piecè: “La creazione di una IA consapevole non la vedo come una decisione, quanto come un’evoluzione inevitabile”. Una  riflessione ha spinto il regista a interrogarsi su un futuro in cui l’IA possa sviluppare una vera coscienza emotiva. “Credo che la creazione di una IA consapevole, quindi con un vissuto, una memoria, un pensiero e anche una fragilità propria, sia più che una creazione, la nascita di una nuova specie, un ibrido. Siamo ancora molto lontani da questa realtà, e comunque temo che se avverrà non sarò ancora in vita per vederla.”

Una questione altrettanto affascinante è la possibilità che le innovazioni nate  dall’intelligenza artificiale possano un giorno calcare il palcoscenico e suscitare nel pubblico le stesse emozioni di un attore umano. Sarra, tuttavia, su questo aspetto avanza un certo scetticismo. “L’arte è la forma più estrema dell’essere umano rispetto alla macchina. Ci sono attrici e attori capaci di emozionarsi in scena e di piangere, anche quando non è scritto o richiesto dal copione. Come potrebbe un’IA raggiungere queste reazioni spontanee e autentiche? Anche se ci riuscisse, il pubblico percepirebbe comunque la differenza, poiché sarebbe solo la simulazione di un sentimento umano.”

Lo spettacolo non si limita a un semplice ammonimento sui rischi della tecnologia, ma ne esplora anche le possibilità. “Le IA sono una creazione dell’uomo e, in quanto tali, rappresentano uno specchio implacabile della nostra natura, capace di cose meravigliose, ma anche di atrocità.”

Guardando al futuro, il regista immagina un teatro in cui l’IA potrebbe avere un ruolo crescente, sebbene ancora limitato. “Pur non essendone certo un esperto, devo confessare di aver un po’ imparato a farne uso, e le IA sono un ottimo strumento per ottimizzare i tempi di lavoro anche per il teatro. Per ora le vedo solo come assistenti in grado di stimolare la fantasia umana. Tuttavia, non mi stupirei se, in un futuro prossimo, diventassero parte attiva della narrazione. E se da un lato questa prospettiva mi affascina, dall’altro mi inquieta, poiché credo che l’arte sia l’espressione più estrema che distingue l’essere umano dalla macchina.”

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