È difficile immaginare qualcosa di più incongruo e affascinante di un teatro dell’opera nel cuore di Dubai. In una città dove i grattacieli crescono più in fretta dei bambini e i centri commerciali hanno piste da sci, l’idea di un’arena dedicata a Verdi e Puccini sembra quasi un esperimento architettonico di fantascienza. Eppure, eccola lì: la Dubai Opera, elegante come una nave pronta a salpare verso la bellezza.
In un contesto che pullula di innovazione, finanza e ingegneria visionaria, la Dubai Opera è una sorta di anomalia poetica. Non vende nulla, non produce petrolio, non genera dati. Eppure trasforma ogni nota in capitale umano, ogni archetipo lirico in patrimonio condiviso. Non sorprende quindi che a guidarla ci sia un italiano che conosce bene il valore simbolico – oltre che artistico – della cultura: Paolo Petrocelli.
Chi lo ha ascoltato dal vivo, sa che la sua voce possiede la calma di chi ha letto molto, viaggiato ancora di più e ascoltato tutto. Ma Paolo non si limita a dirigere un teatro: costruisce ponti. Tra culture, tra linguaggi, tra emisferi. La sua visione? Portare la grande tradizione musicale europea nel cuore del Golfo, ma farlo senza arroganza, con lo spirito aperto di chi sa che Mozart e Umm Kulthum possono parlare allo stesso pubblico, se presentati nel modo giusto.
Il recente incontro di Petrocelli con il Presidente Mattarella a Roma – nell’ambito di un evento che ha visto protagonisti i principali esponenti del mondo culturale italiano all’estero – ha confermato la portata del suo lavoro. Una figura ormai di riferimento per chiunque voglia capire come la diplomazia culturale possa diventare leva di trasformazione concreta. E proprio a questo è dedicata l’intervista esclusiva pubblicata su QuiDubai: un dialogo sul ruolo della Dubai Opera oggi, e su come l’arte possa essere infrastruttura invisibile, ma essenziale, nel grande disegno geopolitico degli Emirati.
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La cultura come motore strategico: Dubai Opera e il “modello Petrocelli”
Se è vero che ogni grande città si racconta anche attraverso i suoi teatri, allora la Dubai Opera è il palcoscenico ideale per comprendere l’ambizione culturale dell’Emirato. Costruita nel cuore del Downtown, con la Burj Khalifa a fargli da quinte e le fontane danzanti a scandirne l’intervallo, questa struttura da oltre duemila posti non è solo un luogo dove ascoltare musica. È un manifesto.
Sotto la guida di Paolo Petrocelli, la Dubai Opera si è evoluta da semplice contenitore di eventi a vero e proprio hub culturale internazionale. L’idea non è solo quella di ospitare le grandi compagnie di balletto o le orchestre sinfoniche, ma di stimolare la produzione locale, creare sinergie con artisti del mondo arabo e trasformare la cultura in soft power. In un paese dove l’economia della conoscenza è al centro dell’Agenda 2030, la cultura diventa strategia.
Dal 2021 a oggi, Petrocelli ha attivato una rete di collaborazioni che spaziano dalla Scala di Milano alla Korean National Opera, passando per istituzioni educative come NYU Abu Dhabi. Ha saputo dialogare con un pubblico eterogeneo, mescolando titoli classici e nuovi linguaggi, esperienze immersive e format educativi per i più giovani. Il suo approccio si muove tra l’alto profilo istituzionale e la capacità di “popolarizzare” la grande arte, rendendola accessibile senza snaturarla.
Secondo i dati forniti dall’Emirates Culture Authority, nel biennio 2022-2024 l’audience della Dubai Opera è cresciuta del 36%, con un aumento esponenziale delle presenze locali e under 35. Un risultato che parla chiaro: la cultura, quando è ben raccontata e ben curata, diventa magnetica.
Oggi, mentre Dubai punta a diventare uno dei principali centri globali per l’economia creativa, il ruolo della Dubai Opera appare sempre più cruciale. Non solo per la programmazione, ma per la narrazione che rappresenta: quella di una città capace di ascoltare, apprendere e raccontare storie universali in una lingua nuova, fatta di ponti, non di muri.
Come sempre, Petrocelli non urla, non forza, non ostenta. Lavora con la discrezione di chi sa che il cambiamento più duraturo è quello che si costruisce in silenzio, nota dopo nota.
Un italiano a Dubai, un incontro con Mattarella a Roma
Recentemente, Petrocelli è stato ricevuto al Quirinale dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, in occasione della Conferenza degli Ambasciatori e delle Ambasciatrici d’Italia nel mondo. L’incontro, svoltosi a Roma, ha sottolineato proprio il valore strategico della cultura come strumento di diplomazia internazionale, e ha messo in luce figure come Petrocelli, che operano con discrezione ma determinazione nei crocevia del mondo.
In quel contesto, la Dubai Opera è stata citata come esempio virtuoso di “soft power” culturale. Un luogo in cui non si esportano soltanto artisti, ma si importano valori: collaborazione, apertura, scambio.
E così, mentre la maggior parte dei visitatori a Dubai fotografa grattacieli e brunch di lusso, una nicchia crescente entra a teatro per ascoltare Puccini in un’acustica da far arrossire certi templi europei. Petrocelli ha avuto l’intelligenza di non snaturare l’identità della città, ma di arricchirla con elementi che sembravano, fino a pochi anni fa, incompatibili. E invece, la risposta del pubblico — emiratino, expat e turista — ha mostrato che un’offerta culturale di qualità può attecchire ovunque, se accompagnata dalla visione giusta.
L’arte ha bisogno di architetti, non solo in senso edilizio. Paolo Petrocelli si è rivelato uno di questi: non ha solo diretto un teatro, ha disegnato un’idea di Dubai che fa dialogare futuro e tradizione. Un luogo dove un tenore italiano può emozionare accanto a un’orchestra asiatica, sotto gli occhi di un pubblico globale.
E mentre fuori le torri brillano e le auto scorrono come in una coreografia luminosa, dentro, alla Dubai Opera, l’unico rumore è quello del silenzio che precede un’aria. Un silenzio che vale più di mille parole.
✍️ Per saperne di più sull’intervista esclusiva a Paolo Petrocelli: QuiDubai.com – La nostra intervista al direttore della Dubai Opera
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