Far fronte al calo del fatturato. Recuperare gli incassi persi nel periodo di lock-down. Per entrambe queste ragioni, sempre più ristoranti ricorrono al servizio a domicilio, spesso appoggiandosi alle società più gettonate come Deliveroo, Justeat, Uber eats.
Molti tra questi ristoranti si stanno creando letteralmente una seconda identità. Soprattutto in questo periodo, prossimo al maggior fresco autunnale, nonostante l’aumento degli spazi all’aperto, complice il Covid persistente, in cui molte persone svuotno le piazze e le vie cittadine degli aperitivi e delle cene fuori. L’alternativa, scegliere di ordinare da casa, diventa sempre più diffusa.
Reinventarsi, per molti hub della movida, significa pensare a nuovi modelli di food in delivery. L’aperitivo lo prepari a casa insieme al gruppo di amici invitato per l’occasione? E allora il locale modaiolo decide di preparare e spedire a domicilio le tartine, gli sfizi, i dolci a corredo! Se vuoi della pizza a taglio, nessun problema, come per bistecca e patatine o una carbonara fumante.
Basterà per far fronte al calo del fatturato? Non è dato saperlo. Mentre il numero noto e confortante, in persistente ascesa, è la percentuale in aumento di ordini ai vari delivery service: più 150% negli ultimi 12 mesi. A tre anni dal lancio, i “ristoranti virtuali” aumentano, insieme alle offerte su misura, e alla scelta tra etnici, panini, orientale, pizza, indiano, fusion, tex mex e chi più ne ha più ne metta.
Anche le città dove questo tipo di servizi è presente, aumenta: più del doppio rispetto al 2019. Ma molti tra cittadine e paesi, rimangono ancora fuori dal giro. Un orizzonte a cui guardare con interesse, quindi, per chi prepara pietanze, che è chiamato a inventare e a sperimentare, e per chi pensa di creare nuove startup di consegna, magari con brand e appeal più “made in Italy”.
Una crisi che può essere contenuta, nell’attesa di tornare a fare la fila per occupare i tavoli dei nostri ristoranti preferiti.
Foto di Norma Mortenson da Pexels