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Breve guida per diventare un negazionista

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Come si diventa negazionisti? Come si arriva a percepire quella serie di notizie che ci arrivano giornalmente, curve di contagi in aumento, numero di decessi, percentuali divulgate ovunque, tutti i giorni, tutto il giorno, alla stregua di una grassa, grossa fake news? Molto si riduce a un semplice concetto: sovraccarico cognitivo. L’information overload (termine coniato nel 1964, dal sociologo Bertram Gross) avviene quando “la ricchezza di informazioni genera una povertà d’attenzione” scriveva il premio Nobel Herbert Simon. 

Identikit del negazionista

Dunque, la negazione può derivare da un meccanismo di difesa che abbiamo imparato fin da piccoli per proteggerci da pensieri ed esperienze che ci apparivano troppo grandi da sostenere o gestire. Allo stesso modo, il sovraccarico di informazioni, tra loro spesso contrastanti, ci porta a fare una scelta che a ben guardare appare la più logica: in presenza di troppi input diversi, la cosa più facile è chiudere il rubinetto.  

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Sul tema esiste una grande quantità di ricerche che spiegano come i tempi moderni ci sottopongano a un continuo bombardamento sensoriale che non ha precedenti nella storia. Nel 2008 uno studio dell’università della California ha dimostrato come ogni individuo che vive in contesti cittadini moderni sia esposto a 34 gigabyte di contenuti ogni giorno. Ma non si pensi che questo tipo di sovraccarico sia solamente un fenomeno contemporaneo. Alcuni studiosi del tredicesimo secolo, ad esempio, hanno scritto a proposito degli ingredienti chiave della sensazione di sovraccarico: “la moltitudine di libri, la brevità del tempo e la scivolosità della memoria.”

Il sovraccarico del negazionista

Il sovraccarico cognitivo (e con questo anche quello sensoriale ed emotivo) è dunque un fenomeno che appartiene naturalmente all’uomo che, messo di fronte ad una maggior quantità di scelte, può entrare in una sorta di stallo. Consideriamo che, secondo quanto è stato recentemente calcolato, la mente umana può elaborare un massimo di 120 bit di informazione al secondo. Una capacità e una velocità assolutamente adeguate nella maggior parte delle circostanze, ad esempio per affrontare una normale conversazione, che richiede circa 40 bit. Ma se alla conversazione si aggiungesse un’altra persona, e poi un’altra, che volessero parlare allo stesso momento, non riusciremmo a comprendere nulla di quello che dice anche solo una di loro. L’effetto è un po’ quello di trovarsi accerchiati da un gruppo di bambini in festa: chi corre di qua, chi di là, ognuno che grida e schiamazza. Chi non avrebbe l’impulso di andarsi a chiudere dentro il primo sgabuzzino?

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Quando ciò avviene diventa pressante anche l’impulso, se non l’urgenza, di nascondersi, dunque, che equivale alla negazione: negare l’informazione, metterla in discussione, e cominciare a scegliere una versione alternativa.

Questo meccanismo ne rinforza anche un secondo: quello del “baratto delle conoscenze”. Abbiamo, infatti, una diretta conoscenza ed esperienza solo di una quantità molto limitata di informazioni. Se sopra un’etichetta leggiamo 100% cotone, dobbiamo di fatto fidarci che sia così. Come dobbiamo fidarci del portinaio che ci dice che non è arrivata posta per noi, del meccanico che ci dice che c’è da cambiare la cinghia di trasmissione. Per convivere in questo mondo, siamo costretti a fidarci costantemente degli altri. Ma non sempre siamo disposti a farlo. Ad esempio, quando l’altro non ricopre uno status adatto. Se a dirti che devi cambiare la cinghia di trasmissione è il portinaio, tenderai a fidarti di meno, e a non credergli. Così, tra due o più elementi che danno una spiegazione diversa di uno stesso effetto, tenderai a fidarti di quello che per te ricopre uno status maggiore. Ma questo non necessariamente corrisponde alla verità, ma esclusivamente alla tua predisposizione personale alla verità, la quale è sempre frutto di esperienze vissute e dell’interpretazione delle stesse. Se il meccanico, per intenderci, ti ha fregato l’ultima volta, facendoti pagare un conto salato per una riparazione fatta male, la volta successiva ti fiderai di meno, o cambierai meccanico probabilmente, andando da quello che ti ha consigliato il tuo amico. E se poi il nuovo meccanico si rivela anche peggiore del primo? Potrebbe allora trattarsi di un complotto!

Negazionismo o complottismo

Negazionismo e complottismo hanno le stesse radici nella propensione alla mancanza di fiducia. Mentre nel primo caso, per effetto del sovraccarico cognitivo, si tende a negare il fenomeno, nel secondo si dà più credito a versioni alternative provenienti da fonti, a nostro parere, più degne della nostra fiducia. Oggi, su quasi tutti gli eventi possediamo una gran mole di dati, tra ricerche, registrazioni, audio e video, testimonianze dirette e indirette… Informazioni in quantità che, se incrociate tra loro, possono prestare il fianco alle ricostruzioni più fantasiose.

Dunque, ricapitolando, una ricchezza di informazioni crea una povertà di attenzione e la necessità di allocare tale attenzione in modo efficiente tra la sovrabbondanza di fonti che potrebbero consumarla. A quel punto il nostro cervello ci guida, del tutto naturalmente, ad allocare attenzione, e dunque fiducia, sulla fonte di informazioni che richiede meno energia cognitiva, tradotto, che reputa più vantaggiosa. Una volta che la strada è presa, come succede spesso, tenderà a fare attenzione solamente alle informazioni che confermeranno la prima e più attendibile, negando le altre o, addirittura, considerandole la prova di un complotto. Il fenomeno è conosciuto col nome di attenzione selettiva.

Questo processo, per inciso, si incastra con un altro: se la capacità di prestare attenzione ha dei limiti, e se allo stesso tempo cresce la disponibilità di informazione, la competizione per catturare la scarsa attenzione delle persone si intensifica a dismisura. E’ la situazione che viviamo tutti noi al giorno d’oggi, il famoso “bombardamento” di informazioni, che si fanno sempre più veloci (si pensi che uno studio di Microsoft su dati statistici, conferma che l’attenzione media su un contenuto on-line è di circa 4 secondi, e non dura generalmente più di 8) e si fanno sempre più emotivamente impattanti. Se il gioco è catturare l’attenzione in 4 secondi, si gioca facendo leva su emozioni forti e primordiali come la paura e la rabbia. Ed ecco comparire i titoli urlati, notizie gonfiate, esasperate, che collimano con le fake news costruite per stupire.

Stimoli spazzatura

Questa quantità di stimoli-spazzatura è molto più efficace, e ha un impatto molto più potente, così che necessariamente dobbiamo metterne in silenzioso una buona parte. L’ulteriore conseguenza è che tra il marasma di input è molto facile che riesca a passare proprio quello più impattante emotivamente. Il nostro cervello, che è impostato per proteggerci, fa suoi gli stimoli più prepotenti (non quelli più importanti) perché si dice: nel dubbio, scelgo lo scenario peggiore per preparare le giuste difese e contromisure. In questo modo potremmo cominciare a vivere in una continua percezione distorta e ansiogena di quanto ci circonda.

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Attenzione, questo aspetto, se pur nato da un meccanismo di difesa, non è detto che ci porti nella direzione sbagliata. Spesso il dubbio è lecito. E’ proprio il dubbio e la messa in discussione dei dati acquisiti che ci permette di evolvere verso situazioni nuove e migliori. Per questo, un atteggiamento critico e valutativo tende a essere efficace, se protratto con una certa coerenza e misura. Insomma, tra miliardi di stimoli spazzatura, dobbiamo contare su un giusto atteggiamento critico.

Si tratta di far leva sui propri valori, sui principi fondamentali, e di metterli a confronto, con un certo piglio critico, con le informazioni in arrivo. Quando sei connesso coi tuoi valori, famiglia, amore, solidarietà, rispetto, amicizia, libertà, ecc. sei meno preda dei tentativi di sabotaggio esterni. Sono i tuoi valori la tua mappa interiore, capaci di farti scavalcare l’emozione del momento e farti comprendere se è qualcosa che qualcuno sta cercando di attivare artificialmente dall’esterno, o se è qualcosa che ti appartiene davvero e per la quale vale la pena fare qualcosa. Negare, denunciare il complotto o adeguarti agli altri.

Paul Fasciano, Direttore di InsideMagazine e del Gruppo Editoriale Inside, è un mental coach prestato al mondo della comunicazione digitale. Con un background accademico in sociologia e una formazione in PNL, mindfulness e neuroscienze, ha dedicato oltre tre decenni allo studio delle dinamiche sociali odierne. E' autore di varie pubblicazioni incentrate sulla crescita personale nel complesso contesto contemporaneo. La sua missione è fornire ai professionisti le informazioni più aggiornate e rilevanti, migliorando la loro comunicazione e potenziando il loro mindset con strategie efficaci e mirate.

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