di Redazione –
La resilienza non basta più. Se n’è parlato durante il webinar organizzato da RulingCompanies.
La pandemia da Covid-19 e le restrizioni che ne sono seguite da ormai un anno, per contenere la diffusione non solo nel nostro Paese ma in tutto il mondo, hanno di fatto sovvertito modelli comportamentali e abitudini, ai quali mai avremmo creduto di poter rinunciare, in maniera non solo radicale ma repentina, aprendo la strada a nuovi schemi in ambito lavorativo.
Perché antifragilità?
Se fin qui, abbiamo più volte familiarizzato con il termine resilienza – la capacità di resistere alle batoste senza destabilizzarsi”, la pandemia ha “superato” questo concetto con quello di antifragilità, che è qualcosa di più. Perché non è solo resistenza, ma anche capacità di imparare dalle avversità per tornare a essere più forti di prima.
A coniare per la prima volta il termine/concetto di antifragilità è stato l’economista e filosofo Nassim Taleb, cogliendo le caratteristiche di quelle realtà che “traggono vantaggio dagli scossoni, prosperano e crescono quando sono esposte alla volatilità, al caso, al disordine e ai fattori di stress, e amano l’avventura, il rischio e l’incertezza”. Se alcune cose sono fragili, e di fronte a un urto cedono, mentre altre sono solo robuste reggendo la scossa senza subire danni, altre sono anti-fragili se prosperano in un quadro contrastato e difficile.
Per capire meglio di cosa si tratta, ne abbiamo parlato insieme a Maurizio Asti, Human Resources Manager South East Europe, 3M Italia, Mario Perego, Direttore Risorse Umane, Heineken Italia; Emanuela Teatini, Direttore organizzazione e risorse umane di MM, Metropolitana Milanese e Giuseppe Vercelli, Psicologo e psicoterapeuta, docente di Psicologia dello Sport e della Prestazione Umana presso l’Università degli Studi di Torino responsabile dell’Area Psicologica di Juventus F.C. durante il webinar organizzato da RulingCompanies proprio sull’importante tema. Del resto, “Rafforzarsi nelle difficolta è uno dei segreti per progredire nella vita”, queste le parole Taleb.
Epidemia o epifania?
“Quello che è successo con il covid è stata l’epifania, mi verrebbe da dire, dell’anti-fragilità in senso assoluto , la manifestazione di come l’essere umano sia questo inserito in una organizzazione come al di fuori di questa abbia dovuto affrontare qualcosa di assolutamente nuovo, sconosciuto, fantascientifico per certi aspetti e abbia dovuto dar fondo a tutte le sue capacità”, sottolinea Maurizio Asti.
“Le aziende – dice – stanno subendo e vivendo in maniera proattiva. Il covid è manifestazione di come gli essere umani abbiano dovuto affrontare qualcosa di assolutamente nuovo dando fondo a tutte le proprie capacità. Come azienda, 3M lavora in smartworking da febbraio, dallo scorso anno le iniziative di comunicazione sono molto potenziate. Il Covid è stato senza dubbio una grande tragedia, ma la chiave è essere riusciti ad identificare un nuovo ambito per utilizzare il proprio cervello in modo diverso inizializzando l’immedesimazione nell’archetipo dell’eroe”.
“L’antifragilità – spiega poi Vercelli – è allenabile, a volte anche semplicemente recuperando quello che abbiamo fatto nel passato. Per andare nel dettaglio, il lavoro fatto in questi anni è stato anche nella validazione di un test che misurasse il livello di antifragilità, si chiama AFQ ed è importante perché quando si esplora un nuovo costrutto è importante capire quali sono i pilastri che lo compongono”.
I 4 pilastri dell’antifragilità
Il primo pilastro dell’antifragilità si chiama adattamento proattivo ossia la capacità di reagire subito quando mi trovo in un problema che non ho voluto.
Il secondo pilastro è l’evoluzione agonistica, quella condizione che tutti abbiamo vissuto per cui ci troviamo in una posizione di vantaggio ma dentro di noi c’è una spinta a fare qualcosa di più quindi ci mettiamo in condizione di cercare una sfida evolutiva anche se nell’accettazione con noi stessi di questa sfida il risultato non è scontato, c’è un certo livello di rischio.
Il terzo pilastro si chiama agilità emotiva, ha molto a che fare con l’intelligenza emotiva. Immaginate di stare vivendo qualcosa per voi importante, in quella situazione così importante il punto chiave è proprio questo: devo essere capace di entrare dentro all’esperienza, diremo in una posizione in e allo stesso tempo sapermi mettere in una posizione meta, cioè osservare tutto quanto dall’alto per poter analizzare e prendere decisioni e poi ritornare in associazione con quello che sto vivendo.
L’ultimo pilastro, la distruttività consapevole. Il distruttore consapevole è colui che sa eliminare i pregiudizi e a volte cambiare i valori quindi sa togliere e tagliare, sempre però al servizio dell’obiettivo da raggiungere. Spesso, per raggiungere l’obiettivo devo eliminare, chiaramente non a caso ma in modo consapevole e selezionato. Questi pilastri sono utili sia a livello individuale che organizzativo con sfumature diverse.
Il modello di leadership antifragile
A livello organizzativo mi piace ricordare che oggi sappiamo che abbiamo bisogno di un nuovo tipo di leadership, il leader anti-fragile, colui che utilizza questa competenza è un leader che sa prima di tutto creare un team anti-fragile, sa sviluppare questo stato mentale all’interno della sua azienda.
“Qualcuno ha detto che tutta la vita è un insieme continuo di problemi da risolvere e che i problemi per essere risolti vanno trasformati in opportunità” (Karl Popper, ndr), rileva Emanuela Teatini, Direttore organizzazione e risorse umane di MM, Metropolitana Milanese che racconta come l’azienda sia una realtà nata negli anni ’50 per gestire metropolitane e che nel tempo, grazie ad un costante livello di volontà sfidante, sia arrivata a gestire molto altro. “MM antifragile lo è diventata con un principio appunto di continua evoluzione”, spiega. “Il contesto è quello dell’avventuriero che sia in grado di condurre il cambiamento. I continui cambi di rotta e la presa in carico di nuovi servizi sono il filo conduttore dell’azienda. Ci scopriamo migliorati. MM non è stata sempre così. L’antifragilità va allenata, le sfide e il rischio ti mettono molto alla prova”.
Innovazione e rinascita
Parlando di innovazione e rinascita di attività aziendali, Mario Perego, Direttore Risorse Umane, Heineken Italia, ci parla della sua realtà aziendale: “Con il Covid non è stato certo facile, soprattutto a livello di distribuzione. Chiaramente i beni alimentari vanno molto bene, peccato che per chi fa birra il 50% del fatturato è Ho.Re.Ca, ovvero vendita in hotel, bar, ristoranti ecc. Per questo, c’è stata una certa tensione dal punto di vista dei risultati di business. Nella nostra azienda diciamo: bisogna bere e soffiare insieme. Bere e soffiare insieme è impossibile ma farne una e pensare all’altra si può. Questione di allenamento”.
“Abbiamo rinforzato questi concetti: prendi iniziativa, correggi la rotta quando serve. Il cambiamento non va gestito bisogna essere interattivi. C’è poi un altro aspetto cruciale: il valore delle persone è fondamentale. Safety first è fondamentale. Bisogna far leva su concetti strategici come “supporto e inclusione trasversale. L’empatia in circolo aumenta. Infine la tenuta culturale: non c’è miglior improvvisatore di chi è preparato quindi dobbiamo innestare capacità di adattamento nella cultura dell’organizzazione. Il lavoro nei nostri leader è quello di pensare per scenari multipli, perché la proiezione lineare non funziona.
Smettere di fare previsioni ma allenarsi all’imprevedibile per aumentare la consapevolezza per meglio declinare il concetto di antifragilità”.