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Israele, vaccini e ritorno alla normalità

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In Israele, con il 55% dei cittadini vaccinati, è tornato quasi tutto come prima e i casi sono in costante diminuzione.

Israele dà il buon esempio e ci mostra come potrebbe bastare il 55% di vaccinati per riaprire, ce lo spiega Il Corriere della Sera in un articolo di queste ultime ore.

Il ritorno alla normalità

Nell’articolo de Il Corriere si legge: “L’aiuto dei vaccini non è solo nelle corsie di ospedale (con la prevenzione di decessi e casi gravi), ma riguarda anche il diffondersi dell’infezione. È di lunedì la notizia che viene da uno studio dei Centri per la prevenzione e il controllo delle malattie Usa: il vaccino Pfizer (anche Moderna) usato in Israele riduce del 90 per cento la trasmissione del virus SARS-CoV-2. In pratica i vaccini mRNA azzerano la contagiosità del virus. Ecco perché anche «solo» il 55% di popolazione vaccinata permette di riaprire.”

Così, in Israele torna a essere “quasi tutto come prima e i casi sono in costante diminuzione. Se anche non è stata raggiunta l’immunità di gregge, si è arrivati a un’immunità «di massa» che permette il controllo della pandemia e il ritorno a una vita normale. Se anche negli altri Paesi fossero vaccinati tutti gli over 40, si arriverebbe a un’immunità di circa il 50 per cento (di più, ove la popolazione fosse più anziana). Sebbene sia ancora lontano dall’immunità di gregge (per cui serve circa il 70-80% della popolazione) questo numero è sufficiente per bloccare la trasmissione e difendere i soggetti a rischio con una «protezione indiretta», per cui le persone non vaccinate sarebbero difese perché vaccinazioni e restrizioni impediscono la diffusione del virus.”

In Israele circa metà della popolazione è già stata vaccinata. Riaprono bar, ristoranti, piscine, concerti, locali. Ma non è tutto come prima, ovviamente. Come succede in altre parti del pianeta, alcune attività non hanno retto l’impatto della pandemia e sono in bancarotta. Altra questione dolente: in Israele senza passaporto vaccinale si è tagliati fuori.

Dall’altra parte del mondo, negli USA, in alcuni Stati non vige più l’obbligo di indossare la mascherina. L’operosità legata alla campagna vaccinale anche da quelle parti sta riportando la situazione a una insperata normalità.

Texas to join 15 US states without statewide mask mandates | kare11.com

Si organizzano di nuovo fiere ed eventi a cui si può partecipare in massa. I famosi “assembramenti” non sembrano più preoccupare. La campagna di vaccinazione per alcune popolazioni sta vincendo sul virus. A mesi dal suo inizio, Israele come l’America, ma anche la Russia e l’Inghilterra, vedono un calo delle infezioni da Covid e del numero di casi gravi e riaprono al commercio. Anche gli spazi e le manifestazioni legate alla cultura tornano ad aprire, ma solo per le persone vaccinate. Permangono ancora alcune restrizioni sui voli in entrata e in uscita per ovvie cautele, ma quando anche gli altri paesi si porteranno avanti nelle loro campagne, e non sembra mancare molto (in Italia si parla di poche settimane) anche gli ultimi muri potrebbero cadere.

C’è da festeggiare?

I più scaramantici toccano ferro a sentir parlare di ritorno alla normalità. Ma certamente la sensazione è di sollievo di fronte alle notizie che si sommano sulla graduale rimozione delle restrizioni “Covid”. Tra queste, quelle che hanno pesato di più e da noi ancora rimangono, sono quelle legate all’apprendimento a distanza nelle scuole di tutti i livelli, il “regime domiciliare obbligatorio” per i gruppi vulnerabili della popolazione (gli anziani), nonché il divieto di strutture di ristorazione e di intrattenimento notturne.

E’ tutta una questione di numeri. Come spiega Il Corriere con “Rt a 0,6 l’epidemia si spegne. Il tasso di riproduzione (numero R), che indica il numero di persone che ogni paziente di coronavirus infetta in media senza alcun mezzo di protezione, quando scoppiò la pandemia e Israele non aveva restrizioni, variava tra 2 e 3. E quando la variante britannica è arrivata nel Paese prima di restrizioni e vaccini, oscillava tra 4 e 5. Attualmente, spiega sul quotidiano Haaretz Dvir Aran, il principale ricercatore di un laboratorio di scienza dei dati biomedici presso il Technionil, l’Rt è a 0,6 e quando scende sotto 1 significa un calo dei casi del 65% a settimana: l’epidemia si spegne. L’esperto dichiara: «Anche se le persone smettessero di indossare mascherine e tornassero agli stadi di calcio, con questo tasso di vaccinazione il numero R aumenterà solo fino allo 0,8 per cento al massimo”.

Questi sono i numeri di riferimento. Raggiunti i quali anche nel Bel Paese che si prepara per l’estate, con la speranza di una ripresa anche del turismo, si potrà cominciare a parlare di “normalità”.

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