I creatori di “Zero”, incluso il co-sceneggiatore Antonio Dikele Distefano, sperano che la loro serie piaccia talmente tanto agli spettatori da rendere l’identità razziale dei personaggi irrilevante.
L’articolo del New York Times firmato da Elisabetta Povoledo, da cui questo testo è tratto, è dedicato a una nuova serie prodotta da Netflix. Ormai il futuro delle produzioni cinematografiche e televisive ha marchi precisi, che passano dal colosso dell’home entertainment e dal cugino di casa Amazon. Una produzione, questa, che trova le sue radici proprio nella nuova casa romana di Netflix. Cominciamo a vederne delle belle.
Elisabetta Povoledo esordisce a chiare lettere tratteggiando la figura di uno sceneggiatore di nuova scuola: “Mentre gran parte del mondo ha trascorso il 2020 oppresso dalle molte restrizioni causate dalla pandemia da covid-19, l’autore italiano di 28 anni Antonio Dikele Distefano ha avuto l’anno più impegnativo della sua vita.
Oltre a lavorare al suo sesto romanzo e intervistare italiani di diversa estrazione etnico-culturale per un programma televisivo, ha trascorso mesi interi sul set di “Zero”, uno spettacolo ispirato a uno dei suoi romanzi e che sarà presentato in anteprima su Netflix il 21 aprile.
Questa è la prima volta che Dikele Distefano scrive per uno show televisivo. Fino ad ora è stato principalmente conosciuto per i suoi libri, romanzi crudi di formazione caratterizzati da struggenti tematiche classiche, amicizia e incertezza sul futuro, che sono diventati un boom editoriale in Italia. Ma il lavoro di Dikele Distefano, i cui genitori sono emigrati dall’Angola, integra anche quelle che possono essere le esperienze di un uomo nero italiano.
“Zero”, che si riferisce al soprannome del protagonista, è la prima serie televisiva italiana a presentare un cast prevalentemente nero.
Dikele Distefano spera che questo fatto sarà per poco tempo ancora un argomento di discussione. Non è la cosa su cui concentrarsi quando si guarda questa serie, rappresentando semmai solo un punto di partenza per leggere la storia e lasciarsi catturare dalle emozioni che, secondo le promesse iniziali, saranno molte. A Dikele piace citare Coming to America (Il principe cerca moglie, per noi che mastichiamo titoli italiani), la commedia di Eddie Murphy del 1988, che ha incassato più di 288 milioni di dollari al botteghino in tutto il mondo, come fonte di ispirazione. “Il film è così divertente che non ci pensi nemmeno al fatto che il cast sia tutto nero”, ha detto di quel film in un’intervista a Zoom questa settimana. “Per me, questa è una vittoria.”
Romanzi e serie tv
“Nei suoi romanzi Dikele Distefano prende una strada simile, mettendo in luce la vita dei giovani, i figli degli immigrati, che non sono considerati cittadini anche quando nascono in Italia – fa notare Elisabetta Povoledo – parlano la lingua e condividono gli stessi riferimenti culturali. Possono richiedere la cittadinanza italiana solo al compimento dei 18 anni.”
Il desiderio che motiva il cambiamento della società è sempre presente nel suo lavoro, per il quale l’idea di un Paese “in cui i miei nipoti potranno dire, sono italiano” è una scommessa che cerca di vincere tutti i giorni. Con l’esempio, con il lavoro, con l’impegno. Finora, la legge che concede la cittadinanza a chi è nato in Italia non è andata lontana in Parlamento. Cosa si aspetti è un mistero, considerato che siamo un Paese a natalità zero che può solo aspirare a un futuro economico oscuro se non fa leva sul sostegno di “nuovi” cittadini, giovani e lavoratori, che pagheranno le tasse; le quali, speriamo, diventino in futuro più eque. Ma torniamo al nostro.
Dikele Distefano e Netflix
L’approccio crudo ed emotivamente aperto di Dikele Distefano alla scrittura ha colpito i lettori dei suoi romanzi. Sebbene i suoi libri siano plasmati dal suo background, si concentrano su verità emotive universali.
È stata la “voce autentica” e il “linguaggio chiaro” di Dikele Distefano ad attirare l’attenzione di Netflix, ha affermato Ilaria Castiglioni, responsabile del servizio di streaming per le serie originali italiane. Ha detto che è stato il primo a portare su Netflix Italia le esperienze degli immigrati di seconda generazione in Italia.
“Siamo stati attratti da come ha raccontato la sua esperienza in modo così naturale”.
Zero è la sesta serie made in Italy per Netflix, dopo il crime drama Suburra: Blood on Rome, giunto alla sua terza stagione; il film drammatico per adolescenti Baby, anche lui alla sua terza stagione; il fantasy storico Luna Nera; il dramma soprannaturale Curon e Summertime, la cui protagonista è una donna di origine italiana e nigeriana.
Ilaria Castiglioni ha detto che Netflix ha colto la necessità di rappresentare meglio la società italiana che cambia. “Un tema molto importante per noi è la rappresentazione, un tema capace di creare empatia, in modo che quante più persone possibile possano trovarsi riflesse in ciò che vedono sullo schermo”, ha detto.
Ma Zero non parla apertamente delle lotte e delle discriminazioni affrontate dai neri italiani, ha aggiunto.
“Abbiamo cercato di raccontare una storia che fosse universale”, pur riconoscendo le maggiori difficoltà che i neri italiani devono affrontare. Il nostro obiettivo è creare intrattenimento, e se quell’intrattenimento crea un dibattito è un vantaggio, ma lasciamo questo aspetto al nostro pubblico”.
Zero esplora l’invisibilità metaforica avvertita da molti giovani che affrontano un futuro incerto. Emblema ne è la figura del personaggio principale, Omar (Giuseppe Dave Seke), un ragazzo che consegna la pizza, spesso ignorato, che diventa il portavoce di un’invisibilità paradossale: ci sei, offri servizi importanti, ma non superi la soglia del “buonasera, ecco la sua ordinazione”. Eppure, tentando di salvare il suo quartiere da avidi investitori immobiliari, il mite Omar diventa un supereroe della comunità, unendosi a un gruppo di altri giovani che hanno le sue stesse aspirazioni.
Angelica Pesarini, una professoressa alla NYU di Firenze che si concentra su questioni di razza, genere, identità e cittadinanza in Italia, ha detto: “il personaggio principale è un uomo dalla pelle scura, e già penso che sarà una figura rivoluzionaria nel panorama italiano.”
“Sebbene il razzismo sia diffuso nel nostro paese, gli italiani sono restii ad ammetterlo a se stessi”, ha detto Pesarini. Un tempo non era così. Un tempo ormai a stento percepibile, gli italiani erano il popolo dell’accoglienza nel Mediterraneo. Negli ultimi anni, causa una propaganda cinica e fin troppo politicizzata, lo straniero viene percepito da molti italiani come un nemico di cui avere paura.
E allora ben vengano produzioni che strizzano l’occhio a temi sociali così importanti. Inclusione, sostenibilità, valori, sono urgenze che i nostri programmi tv, i nostri media più istituzionali non possono ignorare. Il fatto che se ne facciano portavoce è un attestato di stima, almeno da queste parti, su queste pagine. Non dimentichiamoci che I’M è il modo di abbreviare InsideMagazine. Io Sono. E oggi come oggi ogni essere umano deve portare con sé valori fondanti che gli permettano, non solo di essere di per sé, ma di essere insieme. Parlando di futuro su queste pagine, ce ne rendiamo sempre più conto.
Produzione in tempi di Covid
Il coronavirus ha fatto tornare indietro di un anno intero la produzione di Zero. Quando l’Italia è entrata in lockdown nazionale nel marzo 2020, il cast e Dikele Distefano hanno deciso di rimanere sistemati in un hotel a Roma, dandosi l’opportunità inaspettata di costruire un legame, una chimica che si manifesta nelle interazioni tra gli attori.
“Siamo diventati migliori amici, parliamo ancora ogni giorno”, ha detto Dikele Distefano.
Detto questo, la tensione di lavorare all’interno delle restrizioni imposte dalla pandemia è qualcosa che spera di non ripetere mai.
“Vorrei lavorare in modo più rilassato”, ha detto ridendo.
Zero ha una colonna sonora accuratamente selezionata. Le prime incursioni di Dikele Distefano nella scrittura sono arrivate attraverso la sua passione per la musica, ha detto, e da adolescente rappava sotto il nome di “Nashy”. Nel 2016 ha fondato Esse Magazine, una pubblicazione digitale sulla musica italiana e la cultura urbana. “Il rap era una scuola per me, e mi dava la possibilità di esprimere quello che stavo provando in quattro quarti“, ha detto.
Quando ha scoperto i libri ha rinunciato al rap, ha aggiunto, “ma senza la musica, non avrei scritto”.
Dikele Distefano ha lavorato alla sceneggiatura di Zero insieme agli sceneggiatori Carolina Cavalli, Lisandro Monaco, Massimo Vavassori e Stefano Voltaggio.
Gli otto episodi iniziali finiscono con un cliffhanger che sembra già promettere una seconda stagione. “Vedremo” ha chiosato la Castiglioni.
Fonte: NYT