di Ileana Barone –
Cento anni di Gucci. Cento anni dalla nascita di un brand che ha cambiato la visione del mondo trasformando in trend fenomeni naturali.
Celebrare i cento anni di un mito durante la pandemia, con tutte le limitazioni annesse e connesse, rende lo spettacolo, creato da Alessandro Michele, direttore creativo di Gucci, ancora più titanico e magnifico.
Lo stesso Alessandro Michele che 6 anni fa con la sua prima collezione per Gucci cancellò lo status quo del marchio regalandogli una nuova giovinezza (che dura ancora oggi, stando alle classifiche di gradimento dei consumatori), cambiare il costume portando alla ribalta mondiale la discussione sul genderfluid.
Gucci Aria: il film
Gucci Aria, il corto diretto da Floria Sigismondi, mette in scena una sfilata che sconfina nel red carpet hollywoodiano, che sconfina negli attimi prima di una festa. I modelli entrano al Savoy Club, come si legge nella scritta al neon su una porta che non fa entrare tutti, l’ingresso del luogo dove lavorava Gucci il fondatore.
Questo è l’inizio di una storia che porta alla sfilata fatta di 94 modelli che passano tra un pubblico metaforico fatto di sistemi di ripresa vecchi attaccati alle mura, che esprimono la volontà di simulare un pubblico com’era prima di ora.
La sfilata porta i modelli in una dark room, una strettoia di vinile, l’ultimo momento di una sofferenza che porta ad una nuova nascita. Li vagano nel buio fino a che una di loro apre una porta che rivela il giardino segreto, dove l’Aria permette di respirare dentro e fuori, addirittura di perdere peso e volare.
La natura che li accoglie è quella che si organizza per una festa: fiori, cavalli, pavoni bianchi, brezza sono messi lì da chi vuole accoglierci con amore, portando un messaggio di una moda che sia amore.
La natura è qui Aria, simbolo di pace e di rinascita, di uscita dalla paura e dal sistema claustrofobico in cui siamo costretti a vivere. Un film che come in una mostra, dialoga con ogni forma di comunicazione, dall’immagine alla parola.
La sfilata
Si comincia con il celebre tailleur pantalone di velluto rosso con cui Tom Ford nel 1996 rese Gucci un protagonista del costume contemporaneo, e si prosegue attraverso epoche e riferimenti, dai paramenti equestri trasformati in corsetti e fruste un bel po’ fetish, al pizzo impalpabile tanto caro a Michele, dai cappotti d’alta sartoria con le maniche trasformate in mantelle alle borsette a forma di cuore anatomicamente corrette, dal monogramma riprodotto in paillettes per il giorno alle silhouette di Balenciaga.
Balenciaga
Una collaborazione importante quella con Balenciaga, in cui i loghi si sovrappongono creando un prodotto nuovo che supera ogni convenzione di marketing, grazie a quella affinità elettiva di distruttore/creatore che accomuna Alessandro Michele a Demna Gvasalia.
Un processo che permette a Gucci di utilizzare anche i cartamodelli di Balenciaga che danno forma ad una vita nuova, rinascendo come ibridi, figli di matrimoni nuovi e quindi incantevoli.
Gucci diventa per me un laboratorio di hackeraggio, incursioni e metamorfosi. Una fabbrica alchemica di contaminazioni dove tutto è in contatto con tutto. Un luogo di furti e reazioni esplosive: un generatore permanente di luccicante e desideri imprevisti.
Queste le parole di Alessandro Michele che continua dicendo:
In questa ricorrenza voglio dunque onorare il mio legame filiale tradendo l’eredità che mi è stata lasciata. Perché è solo nella capacità evolvente che si rinnova a promessa di una nascita interminabile.