Lo studio del business come disciplina indipendente ha origini relativamente recenti. I termini manager o management sono comparsi in ambito anglosassone solo nel tardo sedicesimo secolo.
Business umano
L’evoluzione del business va di pari passo con l’evoluzione dell’Industria: siamo alla metà del XIX secolo, periodo in cui, grazie soprattutto allo sviluppo delle ferrovie, a cui fece seguito la rivoluzione industriale, si assisteva a una rapida crescita che consentiva alle aziende di allargarsi ed espandere il proprio raggio di azione oltre la cerchia ristretta di familiari o amici. Era l’inizio di una nuova generazione di manager che puntava sulla produzione secondo i principi dell’organizzazione scientifica del lavoro raccogliendo ispirazione da teorici come Harry Fayol e Frederick Taylor.
All’inizio del XX secolo poi, con l’avvento delle linee di produzione, nel mondo imprenditoriale si diffusero la standardizzazione e la produzione di massa. Emblematico è il caso della Ford Model T, considerata una pietra miliare nell’industrializzazione.
Poco più recentemente nel mondo dell’industria ha iniziato a farsi spazio un nuovo pensiero legato alla comprensione del valore dei rapporti umani. Sebbene l’efficienza sia rimasta generalmente la priorità per le aziende, sì è cominciato a comprendere come fosse l’uomo a dover tornare al centro. Era il periodo di Olivetti e del suo modello di welfare aziendale che esigeva un’azienda a misura d’uomo, che si prendesse cura delle sue esigenze allargandole a quelle familiari e sociali, per poter funzionare in modo “ecologico”. Ovvero, in equilibrio con l’intero sistema. Secondo questo approccio rivoluzionario, un prodotto non è mai fine a se stesso, ma è l’anello di una catena che lo collega al suo produttore come al suo consumatore e che pensa in anticipo al suo smaltimento e al suo riutilizzo in forma nuova.
In questi anni, in questo senso, comincia a farsi strada la fruttuosa pratica dell’employer branding, frutto della nuova consapevolezza che i dipendenti devono stare a proprio agio sul posto di lavoro, devono essere i portatori dei valori aziendali. L’employer branding – di cui abbiamo parlato QUI – è utile anche e soprattutto, per attrarre persone talentuose aumentando la qualità dell’organico aziendale.
Total Quality
Negli anni ’60 si fece largo il concetto di Total Quality. Caratteristica prima della qualità totale diventò affidare ai dipendenti le decisioni su processi e prodotti da gestire internamente ai cosiddetti Circoli di Qualità. Modalità di riunione di livello propositivo di origine giapponese, che affiorò di pari passo alla pratica del brainstorming:. Alcune menti, cioè, si mettono insieme per trovare soluzioni, rilanciare proposte e, grazie al pensiero creativo, scoprire le migliori soluzioni.
Oggi più che mai questa evoluzione verso un business “umano” si rivela fondamentale. Comprendiamo sempre di più, e recentemente più che mai, dopo il lock-down mondiale che a certe latitudini è ancora in atto, come l’uomo debba essere il centro del motore economico. Non tanto l’economia come formula autocomprensiva basata sull’accumulo. E’ stato proprio questo avviso a portare l’imprenditrice britannica Anita Roddick a dichiarare come “il business non sia una scienza finanziaria, ma che riguardi piuttosto il commercio”. Qualcosa di umano dunque: da me a te. Tra noi.
L’economia umana, quella dei valori, quella che punta al concetto di reddito come forma di sostegno e di incentivo da accostare a quello di retribuzione per un lavoro svolto. Con l’avvento del digitle, infatti, e della robotizzazione, l’uomo perde sempre più il suo ruolo di manodopera e ne conquista uno come elemento a capo a alla fine della catena produttiva. Decide quindi cosa deve produrre e come, e consuma ciò che produce. Questo ruolo di produttore e fruitore lo rende, o dovrebbe farlo, sempre più consapevole dell’importanza della qualità di cosa produce e di come lo fa in senso ecologico.
Un business ecologico
Henry R. Luce, editore statunitense, ha scritto “Gli affari più di qualsiasi altra occupazione sono un costante dialogo con il futuro”. Dobbiamo oggi immaginare e predire cosa succederà domani. Molti economisti stanno convenendo sull’importanza di istituire forme di reddito universale, ideando modelli di redistribuzione dal produttore al fruitore, per evitare l’impoverimento delle classi medie e il moltiplicarsi dei flussi di denaro sempre di più verso le grandi multinazionali e i marchi globali.
I prossimi mesi, e poi gli anni a venire, saranno decisivi, per cominciare in piccolo, a pensare in grande. Dove per grande si intende un abbraccio che possa contenere l’umanità e l’esigenza di un futuro in cui possa avviare e sviluppare nuovi tipi di business, ripensati come anelli, e non come isole terminali.