Santina Giannone, Communication Strategy Consultant – Digital Skills Teacher – Autrice di “Comunicare Human to Human”, CEO&Founder @ReputationLab, scrive nella sua pagina LinkedIn: “C’è una tecnica narrativa potente, quella del “reframing“, che non funziona solo con le parole, ma anche con la mente umana. Consiste nel “cambiare punto di vista” attraverso cui descrivere una scena, in un libro come in un film.”
Storytelling di un cambio di rotta
Su InsideMagazine qualche settimana fa pubblicavamo un articolo dal titolo “Southworking” in cui proprio Santina Giannone era la protagonista di una riconquista, quella della sua amata Sicilia. Oggi torniamo a citarne un aneddoto per ispirarci a parlare di reframing:
“L’altro giorno – scrive Santina – mi è accaduta una cosa he mi ha fatto pensare a quanto è potente questa tecnica, se la applicassimo anche alle nostre giornate.
La mattinata era cominciata con la pesantezza del mucchio di pensieri della giornata precedente. Guidando verso Catania le conversazioni telefoniche avevano aggiunto pressione su pressione. Avevo indossato una giacca gialla per aiutare l’umore, ma la mattinata era più da pigiama e testa sotto il piumone.
A Catania dovevo incontrare delle persone per un nuovo progetto di lavoro: l’incontro è diventato una chiacchierata fiume dove intrecci di storie, sogni e progetti mi hanno fatto sentire quanta energia palpitasse intorno a me.
Per chiudere quell’incontro in bellezza, una domanda:”Volete vedere una cosa speciale?”. Mi sono trovata così a inerpicarmi per una scala stretta stretta fino a sbucare su un tetto da cui si vedeva tutta la città di Catania immersa nel sole. Ho avuto un attimo di smarrimento, come se incontrassi un extraterrestre e dovessi riconnettere i puntini. Ho divorato con gli occhi ogni angolo. Ho pensato a quanto apparissero da lì tristemente piccole certe dinamiche umane capaci di rosicchiarti le energie. E ho sentito la potenza del CAMBIARE IL PUNTO DI VISTA.
Spezzare l’abitudine, esplorare l’inconsueto, incontrare la realtà guardandola in altro modo: dall’alto, dal basso, dall’interno. Da un punto di vista nuovo che ci dia un ritratto inedito. Ogni cosa dentro di voi comincerà a muoversi per ricostruire l’equilibrio, come i pezzi di un Tetris. E ciò che ne verrà fuori sarà uno stato d’animo nuovo e un’energia che non vi aspettavate”
Reframing-ando
Frame significa cornice. Reframing, quindi, letteralmente “reincorniciare” o “ristrutturare”. Intorno ad un quadro, la cornice ha una funzione di contenimento, di abbellimento, di resa strutturale. Quando cambiamo cornice, siamo in grado di dare nuovo appeal al dipinto che vi è ritratto internamente e che rappresenta un pensiero, un accaduto. Il Reframing o reincorniciamento serve quindi a mutare un’affermazione o una situazione vissuta, alla quale diamo un significato negativo, in positivo. Ciò è possibile mediante la trasformazione della nostra percezione o rappresentazione di un evento, migliorando così il nostro stato d’animo.
Anthony Robbins, il noto formatore motivazionale, fa questo esempio: “pensate a una persona o a un’esperienza che sia una spina nel fianco per voi.
Rincasate da una giornataccia di lavoro e non riuscite a pensare ad altro che a quel ridicolo progetto che il vostro superiore vi ha rifilato all’ultimo minuto; anziché allontanarvene, quella frustrazione ve la portate a casa con voi. Siete davanti al televisore con i vostri figli e nel vostro stato d’animo di irritazione non fate che pensare al vostro “superiore idiota e al suo stupido progetto”.
Ma, anziché permettere al vostro cervello di avvelenarvi il fine settimana, potete imparare a reincorniciare l’esperienza. Cominciate con il dissociarvene. Prendete l’immagine del vostro superiore e ponetevela sulla mano; aggiungetegli un paio di ridicoli occhiali, un nasone e un paio di baffi, ascoltatelo parlare con voce stramba, stridula e aspra. Oppure avvertitelo come un uomo caldo e partecipe, e uditelo dire che ha bisogno del vostro aiuto per il progetto e se per piacere non potete dargli una mano. Forse vi renderete conto che l’uomo era stressato e che fino all’ultimo momento ha dimenticato di dirvi ciò di cui aveva effettivamente bisogno. E può darsi che ricordiate una volta in cui vi siete comportati allo stesso modo con qualcun altro.
Chiedetevi se la situazione è di tale peso da permettere di rovinarvi il weekend, se è ragionevole concederle di assillarvi anche a casa.”
Bandler, Grinder e il reframing
Questa tecnica, il reframing appunto, è stata elaborata da Richard Bandler e John Grinder, i co-creatori della Programmazione Neuro Linguistica (di Bandler, Grinder si trova il libro: La Ristrutturazione, Casa Editrice Astrolabio), per permettere di cambiare la maniera di porsi di fronte alle avversità della vita.
Essa consiste nel cambiare il quadro entro il quale una persona percepisce certi eventi, allo scopo di cambiare il significato degli eventi stessi. Quando il significato cambia, le reazioni e i comportamenti della persona cambiano anch’essi.
“Tutto è relativo. Prendi un ultracentenario che rompe uno specchio: sarà ben lieto di sapere che ha ancora sette anni di disgrazie.”
(Albert Einstein)
Anche Einstein conosceva il “reframing, evidentemente. D’altronde Bandler e Grinder non hanno fatto altro che codificare in un metodo qualcosa che fa naturalmente parte delle reazioni dell’essere umano. Avvertire ansia, un certo malessere, rabbia o paura, sono stati d’animo ed emozioni utili per reagire ai casi della vita, ai suoi pericoli, ai suoi cambiamenti. Le emozioni innescano in noi, infatti, la produzione di alcuni neurotrasmettitori che ci permettono di attivare meccanismi neurofisiologici adeguati. Attraversare un ponte tibetano a 300 metri di altezza, ad esempio, scatena una immediata produzione di cortisolo che permette all’avventuriero del caso di acuire i sensi, l’attenzione e tenere pronti nervi e muscoli.
Il problema sussiste quando, anche dopo aver attraversato quel ponte, continuiamo a portarci dentro quel vissuto. Lo lasciamo impresso (imprinting) in noi perché l’impatto emotivo e il pericolo avvertito è così grande che lasciamo la risposta attiva così da poter rimanere meglio preparati in futuro.
Il cervello è un “muscolo” che si allena costantemente a predire “meglio”, e quando prevede che un accaduto possa avvenire da qui a poco tempo, lascia attivi tutti i meccanismi di risposta. Ansie e depressioni si alimentano proprio in questo modo. Per trovare una soluzione gestibile facilmente da tutti noi, la PNL propone una serie di tecniche “modellate” principalmente dai noti terapeuti Milton Erickson, Virginia Satir, Fritz Perls e altri. Il reframing è una di queste e consiste in quella che i loro creatori chiamano Six Step Reframe (ristrutturazione in sei fasi).
Six Step Reframe
La tecnica consiste in queste 6 fasi:
- Identificare il modello di comportamento (X) che deve essere modificato.
- Stabilire una comunicazione con la parte responsabile.
- Separare il comportamento dall’intento positivo.
- Creare nuovi comportamenti usando la nostra parte creativa.
- Assumersi responsabilità e creare un ponte verso il futuro.
- Attuare un controllo ecologico.
Guardiamole una per una nel dettaglio. “Voglio fermare X, ma non posso. Voglio fare Y, ma qualcosa mi trattiene.” Questo è il classico ragionamento che corrisponde al primo step e, cioè, a un comportamento o una risposta preoccupante, qualcosa che “ti dici” preferiresti non fare o non sentire. Per rispondere a questo tipo di dialogo interno, Grinder e Bandler suggeriscono semplicemente di rendersene conto e di cominciare a cambiare intenzionalmente il tipo di comunicazione. Ed è qui che identifichiamo i due Sé della nostra coscienza. Timothy Gallwey, il padre del coaching, li chiama Sé 1 e Sé 2. Il Sé 2 è il ruolo critico e giudicante che assume la nostra coscienza. Il Sé 1 è il suo ruolo creativo e propositivo.
Quello che bisogna fare è stabilire una comunicazione tra il Sé 1 e il 2, che è quella parte che crea il comportamento o la risposta indesiderati.
Chiedere dunque al Sé 2 se sarebbe disposto a comunicare con noi consapevolmente. Questa comunicazione potrebbe portarci a renderci meglio conto di una sensazione da qualche parte nel corpo, un’immagine, una voce o un suono. Quindi, quando ricevi un segnale di questo genere, per prima cosa ringrazia la parte per aver risposto. Il trattare bene questa parte di noi “giudicante” ci serve per evitare di creare conflitti interni.
In questa delicata fase presta attenzione a tutto – sensazioni/immagini, odori/suoni – cosa succede internamente in risposta alla domanda fatta al nostro Sé 2?
Nel terzo Step trova l’intenzione positiva. Chiedi al tuo Sé 2: “Cosa vuoi? Quale cosa positiva stai cercando di fare per me?” La chiave qui è riconoscere la differenza tra l’intenzione in atto e il modo in cui si sta attuando. Hai mai cercato di essere utile e una persona che però ha frainteso la tua intenzione e si è infastidita? Ricordi come ti ha fatto sentire? L’avresti aiutata volentieri una seconda volta? Le nostre parti inconsce si sentono allo stesso modo. Loro, anche se non ne siamo consapevoli, stanno facendo del loro meglio per ottenere qualcosa per te. Ringraziare e apprezzare l’intenzione è il segreto di questo passaggio.
Nel quarto Step chiedi aiuto alla tua parte creativa affinché crei nuovi modi alternativi per ottenere un risultato diverso, migliore e più costruttivo. Una domanda magica che il Sé 1 può porre al Sé 2: “Caro Sé, sei disposto a fare nuove scelte o avere diversi comportamenti che soddisfano la mia intenzione costruttiva? Se sì, quali?”
Stai entrando nel quinto Step, quello in cui chiedi alla parte giudicante e allarmata di valutare queste nuove scelte. Sono accettabili? Saranno davvero buone e migliori del comportamento precedente? Stabilisci col tuo Sé la sua reale disposizione a provare, magari stabilendo un tempo: per tutto il giorno, per una settimana e per tutto il prossimo mese o anche più a lungo se lo ritiene appropriato. La chiave qui è la negoziazione. Se la parte con il comportamento indesiderato non è soddisfatta di queste alternative, è improbabile che le provi. Se hai mai accettato qualcosa perché ne sei stato vittima, saprai quanto sia importante che il processo di scelta sia invece volontario. E se scopri che il tuo Sé trova le alternative non accettabili, torna al passaggio 4 per valutare scelte ancora migliori.
Infine, eccoti allo Step conclusivo, quello in cui verifichi le nuove strategie. Una sorta di check ecologico. La domanda magica qui è: “Cosa accadrà a me, agli altri e alla situazione se attueremo tali scelte?” Quando cambiamo i nostri comportamenti, possiamo influenzare altre persone, il corso degli eventi come alcuni aspetti di noi stessi. Anche i cambiamenti che riteniamo favolosi possono avere conseguenze indesiderate: ritiriamo tutti felici la nostra nuova auto, ma poi scopriamo che la nostra attrezzatura da campeggio non entra nel bagagliaio! Un bel dilemma: cambiamo auto o rinunciamo ad andare in campeggio?
Dilemmi del genere sembrano banali, ma di simili e più o meno grandi riempiono le nostre giornate proiettandoci in stati d’animo non desiderati e decisamente non costruttivi. Di fronte a questo tipo di frustrazioni siamo disposti a mandare all’aria tutto dicendoci cose come: “Ah è così? Ora ti faccio vedere io!” oppure “Proprio non ce la faccio, rinuncio!“. La tecnica del reframing ci suggerisce una strada alternativa che ci mostra scorci diversi, visioni e possibilità migliori e che se percorsa, e alimentata, può portare frutti imprevedibili e straordinari nella nostra vita. Un po’ come la sensazione di ritrovarsi a guardare una città assolata, da un piedistallo più alto, più sereno e piacevole, dove le cose scorrono senza attriti.