Luca Cavallini, Digital Marketer, Graphic Designer in un suo recente post spiega: “Forse, nel mondo del #digital, stiamo facendo un po’ di confusione tutti quanti… ne parlavo ieri sotto un post di Debora Castellano.
Si parlava di #SocialMediaManager, ma è una cosa che è applicabile a tanti altri ruoli nel digital delle varie aziende.
Forse è ora di capire e mettere dei confini (abbastanza) precisi sulle definizioni e sui ruoli delle varie figure, per tutelare sia gli imprenditori sia gli impiegati.
Capisco perfettamente la confusione che deriva dal continuo cambiamento (e lo noto sempre più dalle offerte di #lavoro che vengono pubblicate), ma bisogna sforzarsi tutti a capire le varie #competenze, i vari ruoli, i vari compiti e soprattutto le varie #responsabilità di tutte le figure in gioco.
Sotto il post di Debora dicevo appunto che una persona che fa un’analisi del profilo aziendale e dei competitor, che definisce gli obiettivi, che sceglie il tone of voice dell’azienda, che crea e programma i post, realizza il piano editoriale ed analizza i dati per creare strategie per aumentare il traffico NON è solo un SMM.
Il SMM, infatti, è solo una persona all’interno del team di #Brand e #Marketing, e non può avere solo lui tutte queste responsabilità, perché se no sarebbe il Brand e Marketing Manager (che coordina un #team nel quale c’è anche un SMM).
La differenza fra un SMM e questa figura sono le competenze, l’esperienza e, soprattutto, le responsabilità e tutto questo si deve ripercuotere sul compenso che percepisce il dipendente, perché da sempre maggiori responsabilità implicano uno stipendio più alto.
Long story short:
– il SMM non deve caricarsi di responsabilità che non gli spettano
– l’imprenditore non deve dare per scontato che un SMM sia anche in grado di fare mille altre cose che, in realtà, non gli competono.”
Social Media Management: una scienza inesatta
Web, piano editoriale, digital strategy: tutte nozioni che possiamo ricondurre a una figura professionale ben precisa, il Social Media Manager. Quante volte ne abbiamo sentito parlare e, magari, sminuito l’importanza? In effetti, i professionisti dei social media devono avere un’ampia gamma di competenze che sono spesso sottovalutate in ambito aziendale, nonostante oggi per avere successo sia fondamentale passare per i Social, ben più di quanto succedeva anche solo 5 anni fa.
Mentre la curva è in forte ascesa, il ruolo del Social Media Manager è in una crisi di comunicazione, ovvero, in molti casi ha una palesata difficoltà a far capire il proprio ruolo e le proprie specifiche competenze.
“Abbiamo già un Social Media Manager in azienda, si occupa della programmazione e pubblicazione dei contenuti.”
(da un post di Debora Catellano)
“Ah, e basta?”
“Certo, che altro dovrebbe fare?”
Per fare chiarezza, il Social Media Manager non si occupa solo di “postare” un contenuto ogni tanto, ma ha la responsabilità di diversi compiti:
- Sviluppare un’efficace social media strategy, ossia decretare l’obiettivo della presenza del brand nel web
- Stilare il piano e il calendario editoriale, quindi pianificare e programmare i post e i contenuti da pubblicare
- Porre l’attenzione sul brand, rispettandone l’immagine e i valori
- Studiare strategie per portare traffico e visibilità al profilo
- Conoscere e gestire i propri utenti
- Rispondere a commenti e richieste, con toni adeguati e in tempi brevi
- Saper utilizzare i dispositivi di advertising come Facebook, Instagram e Linkedin Ads, ma anche contest, concorsi, giochi a premi
- Analizzare i risultati ottenuti
- Aggiornarsi continuamente sulle novità e tendenze del settore
- Analizzare i profili dei competitor
- Definire il tone of voice di un’azienda
- Aiutare a determinare gli obiettivi di comunicazione da raggiungere
- Ottimizzare i profili social
- E solo alla fine pubblicare contenuti
Uno strano caso
No, non è il titolo di un film con Robert Downey Jr. ma la storia significativa di Jennifer Preston, assunta dal New York Times, il quotidiano più prestigioso al mondo, come social media editor nel 2009. Il suo obiettivo lo aveva dichiarato a tutti: voleva dimostrare ai vetusti giornalisti affermati del quotidiano che, grazie all’ausilio di Twitter, si sarebbero potuti raggiungere risultati in termini di visibilità e di pervasività mai avuti prima. Tra i compiti assegnati alla Preston c’erano: quello di sviluppare TimesPeople, il social network del New York Times; espandere l’uso dei social per diffondere meglio i contenuti del giornale, mantenendo uno stretto contatto con i lettori; utilizzare i social media per raccogliere informazioni, monitorare i trend e fare notizia; diffondere le “buone pratiche” nell’utilizzo di tali mezzi all’interno dei colleghi della redazione; tenersi aggiornata con l’evoluzione tecnologica, così da suggerire le migliori soluzioni per lo sviluppo del giornale online.
Il successo della Preston ha sbalordito tutti, anche i più scettici al New York Times, quelli che scrivevano ancora a macchina e spedivano fax per comunicare all’esterno. Un successo che ha rappresentato un rilevante primo passo per dimostrare quanto i media tradizionali, integrati con i social media, fossero importanti.
Un mestiere su cui contare
Lo avreste mai immaginato? Qualche anno fa il mestiere del Social Media Manager non esisteva nemmeno e oggi, con il potere che hanno assunto i social network nel mondo della comunicazione, rientra tra i ruoli più richiesti da brand e aziende.
La professione del social manager è diventata una figura sempre più preziosa, a cui corrispondere uno stipendio equo e competitivo per il ruolo ricoperto.
Parliamo di un manager aziendale, (nelle realtà più piccole è il responsabile marketing) che nella sua visione strategica può trovarsi a disegnare l’intero quadro marketing e comunicazione, unendo branding e social; quindi sovrapponendosi alle aree di competenza del cosiddetto brand manager.
Quali competenze deve avere?
- capacità di ascolto, attenzione, valutazione
- curiosità
- prontezza e risolutezza – i social media si muovono velocemente
- creatività che riguarda aspetti come la scrittura, il design, la fotografia i video
- capacità di storytelling, perfino su TikTok!
- multitasking e visione d’insieme
Considerato che in Italia l’indice di penetrazione di internet si attesta intorno all’82% della popolazione, l’89% tra le persone di età compresa tra 25 e i 44 anni, e che su una popolazione di 60 milioni di abitanti avvengono ogni giorno 80 milioni di connessioni da dispositivi mobili, a testimonianza del fatto che molte persone dispongono di più dispositivi, e che la crescita rispetto al 2019 è del 6,4% – ben 2,1 milioni in più di italiani usano i social network – ed ancora che il tempo medio speso ogni giorno è di quasi 2 ore (1 ora e 57 minuti), si ha un’idea di quanto questo ruolo oggi sia essenziale in ogni strategia di comunicazione e marketing, di chiunque, in qualsiasi circostanza. Soprattutto se parliamo di business. Il report annuale a cura di Hootsuite e We Are Social racchiude tutti i dati, le tendenze e le indicazioni sui comportamenti on line degli italiani in un’unica presentazione.
Da questi dati si comprende come i social media abbiano cambiato irrimediabilmente il modo in cui viviamo e quanto la tendenza non accenni ad arrestarsi. Basti pensare che nel 2023 il numero di utenti connessi quotidianamente ad internet e sui social salirà a quota 6,5 miliardi. D’altronde oggi usiamo i social per qualunque cosa, dal tenerci aggiornati su quello che succede nel mondo, al tenerci in contatto con i nostri amici e familiari, per lavoro e per conoscere opportunità, prodotti, servizi e confrontarci tra noi. I social sono ovunque, inevitabili, e sono uno strumento estremamente potente che è qui per restare. Come anche il ruolo di SMM, mai più da sottovalutare.