di Rovena Bronzi, Simona Bargiacchi e Dario Ramerini
In un mondo in costante evoluzione, la carriera non lineare sembra essere sempre di più la norma. Si passa da un lavoro all’altro con la speranza che si chiudano porte e si aprano portoni. Questo articolo esplora la complessità delle carriere non lineari, sottolineando l’importanza di avere una strategia, una visione e soprattutto, autoconsapevolezza. Attraverso consigli pratici e riflessioni approfondite, Rovena Bronzi, Simona Bargiacchi e Dario Ramerini vi guideranno nel processo di “unire i puntini” del vostro percorso professionale, mostrandovi come trasformare le vostre esperienze in competenze tangibili e come narrare la vostra storia in modo efficace.
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L’arte di aprire portoni…
Un famoso proverbio dice: “Quando si chiude una porta, si apre un portone”.
Ma quella maestra di vita che si chiama esperienza, così come le nostre competenze maturate in ambito coaching, HR e orientamento professionale, ci hanno insegnato diversamente. In verità, un portone difficilmente si apre da solo, specialmente quando si è abituati a passare dalle porte.
Inoltre, secondo la famigerata legge di Murphy:
- Non è così facile trovare un portone.
- Se lo trovi, dovrai riuscire ad aprirlo.
- Anche se hai la chiave giusta nel tuo portachiavi, non è detto che tu decida di provarla.
- Se lo farai, troverai, centinaia di competitors accalcati sulla soglia, pronti ad entrare prima di te.
- Ammesso che tu riesca a vincere la battaglia, sgomitando ben bene, potresti anche scoprire che dietro al portone non c’è nulla che ti interessa veramente.
Quindi nella carriera non lineare quando si chiude una porta, che sia tu o meno a deciderlo, e anche ammettendo che tu riesca a trovare in un tempo ragionevole un portone ideale per la tua evoluzione umana e professionale, se non hai metodo, strategia e auto-consapevolezza potresti non riuscire mai a varcare quel portone.
Una carriera non lineare è poi anche quella che spesso va a cozzare con il consiglio dei genitori “Studia sodo, prendi una laurea e specializzati; troverai un lavoro che ti permetterà di salire, di gradino in gradino, fino all’età della pensione”…
Eppure i tempi sono cambiati da quelli dei nostri genitori.
Un mondo che cambia rapidamente
Ci troviamo in un mondo che cambia rapidamente in cui la “scala” della carriera a volte può terminare improvvisamente (per quelle professioni che diventano obsolete), altre volte diminuire il grado di inclinazione, altre addirittura procedere orizzontalmente senza salire.
Eppure…dove sta scritto che non possano portare a un happy ending?!
E se tutto dipendesse dal potente concetto di storytelling?
Chi si trova ad aver passato tali ambasce, suo malgrado, o per inconsapevolezza, come può raccontare la sua carriera in modo interessante, facendo percepire appieno il valore acquisito durante il percorso?
La carriera lineare ha dalla sua il potere del bias impegno e coerenza… Mentre quella descritta fin qui ha bisogno di essere raccontata in modo accurato e con un occhio di riguardo alla seguente domanda:
“A chi, come, perché può essere utile la mia esperienza frastagliata?”
Un percorso con curve, salti, momenti di stallo e cambiamenti drastici va raccontato con ben in mente l’utilità di tutto quello che abbiamo superato per chi potrebbe assumerci. Tutto va rincorniciato nell’ottica della formazione di una figura completa che deve ogni aspetto della sua poliedricità alle prove e difficoltà superate brillantemente.
Unire i puntini di una carriera non lineare
Di seguito trovi alcuni consigli per “unire i puntini” del tuo percorso e raccontarlo al meglio:
- Cerca il fil rouge, il filo rosso che unisce ogni porta o portone
Non lo vedi? Puoi provare a tesserlo tu, oppure, se non ci riesci da solo, puoi chiedere ad esperti che possono aiutarti e accompagnarti.
- Trasforma le tue esperienze in competenze.
Raccontare la storia di come hai saputo agire da persona capace nella gestione del tempo, scegliendo un esempio di vita concreta, è molto più efficace del classico “ho capacità di gestire il mio tempo in modo efficace”. Perciò, scegli degli aneddoti e poi narrali, al momento giusto, con lo storytelling che ti è più congeniale.
- Crea una connessione tra le competenze acquisite e la loro applicazione nel lavoro.
Pensa alle competenze in termini di “problemi che puoi contribuire a risolvere” o “opportunità che puoi aiutare a cogliere” .
- Motiva le scelte che hai fatto raccontando il tuo “perché”.
Ad un osservatore esterno potrebbero non essere chiare le motivazioni dei tuoi cambi di carriera, così come gli stop ed i ritorni. È importante saper motivare ogni scelta ampliando la visuale del tuo interlocutore, così da fargli guadagnare prospettiva e senso compiuto.
Uno dei nomi del Budda è Siddhartha, come ben ci ha ricordato lo scrittore Hermann Hesse, col suo romanzo best seller. Esso significa “missione compiuta” o “obiettivo raggiunto”. Al seguito di ciò si può avere l’illuminazione, la Buddhi, che equivale alla consapevolezza di aver visto bene fin dall’inizio. La missione delle missioni è il nostro perché… Ciò che ci agita dentro e ci fa alzare ogni mattina, motivandoci a vivere sempre di più. Esso unisce, irrazionalmente, tutte le nostre scelte, tessendo un quadro bellissimo dal senso compiuto, solo una volta conosciuta, appunto, questa chiave di volta. In pratica, qualunque sia stata la carriera, il nostro consiglio è quello di raccontarne il senso, in vista di quello che stiamo al momento facendo per raggiungere l’obiettivo ultimo che ci siamo prefissi.
Nessuno di fronte a tanta consapevolezza può storcere il naso di fronte a scelte sbagliate, ma dettate dalla strenua volontà di realizzazione del proprio progetto di vita. Per fare questo bisogna passare dalle forche caudine Nietzschiane e affermare “voglio il mio passato”.
Pensa un attimo ad alta voce:
“Se non avessi fatto quell’esperienza pesante, sarei la persona che sono oggi?”
Se la risposta è no, allora è il caso di raccontare quell’aspetto della carriera non lineare attribuendosi la responsabilità, invece di dire solamente che l’hai superata egregiamente.
All’estero, più che in Italia, la varietà di esperienze è apprezzata. Il principale aspetto che si riscontra è il problem solving, maturato attraverso l’adattamento a mansioni diverse. Se hai una carriera non lineare alle spalle è il caso di metterlo in luce, spiegando come e perché l’hai sviluppato. Il problem solving è una skill in cui ancora, per fortuna, l’intelligenza artificiale stenta a decollare. Perché non metterlo in risalto con gli strumenti narrativi opportuni?
Simona Bargiacchi: Responsabile della comunicazione interna & rapporti con le Università per una multinazionale del settore chimico. Dopo una laurea in ingegneria, ha seguito percorsi di studio per acquisire le competenze gestionali, comunicative e relazionali necessarie per un’evoluzione di carriera nell’area risorse umane. Oggi si occupa principalmente di comunicazione interna, employer branding, relazioni con Università e benessere delle persone (da poco certificata Chief Happiness Officer).
Rovena Bronzi: job coach umanista e consulente di orientamento professionale, con una laurea in psicologia del lavoro e un titolo di assistente del personale acquisito alla Lugano Business School. Si occupa di accompagnare, formare e guidare nella ricerca attiva di un nuovo lavoro, nell’orientamento e cambiamento professionale, nella ricerca di una propria autorealizzazione (work life balance) in quelle che sono le 3 sfere più importanti del coaching umanistico: il rapporto con noi stessi, il rapporto con gli altri e il rapporto con il fare.
Dario Ramerini: Lo Stilista delle parole, specializzato in comunicazione ed espressamente in persuasione etica per la negoziazione. Autore del libro “Il Perfetto recupera crediti” recensito con intervista da RTL 102.5 e Money.it, si occupa di formazione per la vendita, di creazione di testi attrattivi e di progettazione di loghi profondamente espressivi circa la visione ed i valori del brand.